AI - Intelligenza Artificiale
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L'etica è morta. L'avvento dell'era dell'intelligenza artificiale

L'articolo discute le implicazioni etiche e sociali dell'intelligenza artificiale (AI) e del transumanesimo. L'autore evidenzia come queste tecnologie avanzate sollevino domande etiche fondamentali e possano portare a una società dominata dall'efficienza e dalla meritocrazia, riducendo l'individuo a un ingranaggio in un sistema sociale sempre più controllato e ottimizzato. Il testo critica la perdita dell'educazione culturale a favore di un addestramento tecnico che limita la libertà individuale.

La Tesla Model S, introdotta nel 2015 con la funzione Autopilot, è considerata la prima auto a guida autonoma venduta in larga scala sul mercato.

L'Autopilot è un sistema di assistenza alla guida avanzato che offre una serie di funzionalità che avvicinano l'auto alla guida autonoma, sebbene non sia un sistema completamente autonomo di livello 5.

L'Autopilot utilizza una combinazione di sensori, radar, telecamere e software con un sistema di algoritmi avanzato per gestire diverse funzioni di guida. Queste includono il mantenimento della corsia, l'adattamento della velocità al traffico circostante, il cambio di corsia automatico con l'attivazione dell'indicatore di direzione e la capacità di parcheggiare autonomamente.  È importante sottolineare che, nonostante il termine "Autopilot" possa suggerire una completa autonomia, il sistema è classificato come un sistema di livello 2 secondo la scala della Society of Automotive Engineers (SAE). Questo significa che il sistema è in grado di controllare lo sterzo, l'accelerazione e la frenata, ma richiede la supervisione attiva del conducente.

Non è un caso che sia stata Tesla, e non marchi storici e avanzati nella ricerca come Mercedes, Audi o BMW, a introdurre per prima la tecnologia di guida autonoma su larga scala. Il livello di guida autonoma offerto dall'Autopilot di Tesla, che consente all'auto di svolgere molte funzioni in autonomia, comporta un rischio. Questo rischio è parzialmente gestito attraverso disclaimer e coperture assicurative, ma rimane comunque presente.

È significativo che sia stata una società di Elon Musk ad assumersi per prima questo rischio, spingendo i confini della tecnologia e della responsabilità nel settore automobilistico.

Ho voluto citare questo caso per mettere in luce come nell'ambito dell'automotive siano state prese decisioni tecniche che di fatto hanno sostituito ogni considerazione etica con l'innovazione.

Cosa prevede l'algoritmo di Autopilot in situazioni impreviste, come una donna che attraversa la strada senza diritto di precedenza con bambini al seguito? E cosa accade quando l'unica alternativa è deviare verso un burrone, comportando la morte certa del guidatore?

Queste sono scelte che il nostro cervello compie attraverso meccanismi evolutivi formatisi in secoli di storia. In una macchina, invece, queste decisioni sono il risultato di programmazione.

Chi è stato incaricato di valutare eticamente questi algoritmi di calcolo? Non sto parlando della parte squisitamente tecnica, dell'eliminazione delle allucinazioni della AI, della potenza dei sistemi di calcolo ... sto parlando di etica umana.

Queste domande richiamano l'attenzione sulla necessità di una valutazione etica rigorosa prima di implementare tecnologie così avanzate nella nostra vita quotidiana.

Le strade del futuro avranno solo auto a guida autonoma? (By INGENIO)

 

Neuralink, l'AI dentro i cervelli delle persone

Neuralink, l'azienda di Elon Musk, è all'avanguardia nello sviluppo di interfacce cervello-computer (BCI) impiantabili.

Questi impianti sono progettati per permettere una comunicazione diretta tra il cervello umano e i computer, con il potenziale di rivoluzionare il modo in cui interagiamo con la tecnologia e offrire benefici terapeutici per varie condizioni neurologiche.

Il dispositivo Neuralink è un piccolo chip, grande quanto una moneta, impiantato nel cranio. Da questo chip si estendono fili ultrasottili nel cervello. Questi fili sono dotati di elettrodi in grado di monitorare e stimolare l'attività cerebrale.

L'obiettivo principale è aiutare individui con gravi condizioni neurologiche, come la paralisi, bypassando le vie neurali danneggiate. Un compito nobile.

Ad esempio, gli impianti potrebbero potenzialmente ripristinare la mobilità dirigendo segnali dalla corteccia motoria ai muscoli o ai dispositivi protesici, e ci sono persino ambizioni di ripristinare la vista utilizzando telecamere abbinate agli impianti cerebrali​.

Neuralink, la nuova frontiera per il transumanesimo (By INGENIO)

 

Neuralink ha affrontato diverse sfide e controversie.

Per esempio, la precisione richiesta per impiantare questi fili delicati significa che i chirurghi umani non possono eseguire la procedura; per questo Neuralink ha sviluppato robot specializzati per gestire il compito delicato.

Detto che gli impatti a lungo termine di questi impianti sui cervelli umani rimangono incerti - i potenziali rischi includono danni cerebrali causati dagli impianti, reazioni allergiche e minacce alla sicurezza informatica, come l'hacking - la bontà dell'obiettivo finale, ovvero supportare chi ha avuto un forte deficit, ha portato al fatto che Neuralink abbia ricevuto l'approvazione della FDA per iniziare le sperimentazioni umane.

Ma quello che oggi viene studiato per restituire la vista a un cieco domani sarà a supporto per creare cecchini superumani in grado di zoommare su un obiettivo a distanza di centinaia di metri senza il supporto di un mirino e sparare con enorme precisione. Quello che oggi viene studiato per restituire l'udito a un sordo domani sarà a supporto per creare spie sovraumane in grado di ascoltare a centinaia di metri, magari attraverso dispositivi elettronici presenti in altri ambienti.

Oppure di potenziare la capacità del cervello umano di percepire ciò che oggi è invisibile o manipolare, attraverso il collegamento con i computer, la realtà in cui viviamo? qual'è il confine applicativo di questa evoluzione tecnica?

Stiamo parlando di transumanesimo, argomento che ho trattato a fondo nell'articolo "Intelligenza Artificiale e Transumanesimo: l'ambizione umana di sostituire Dio", un pericolo che verte sulle nostre teste.

Perchè se siamo tutti pronti a dire che l'intelligenza artificiale è comunque guidata da noi, che abbiamo già predisposto guide e regole internazionali e nazionali, che sono algoritmi che devono essere addestrati e questo addestramento lo fornisce l'uomo .... quale sarà il comitato di bioetica che andrà a dire a quel cieco che la soluzione al suo problema c'è - e l'ha pronta Elon Musk - ma non è etico svilupparla perchè non siamo in grado di governarne i confini?

 

Quale confine per l'evoluzione dell'AI

Ho citato due casi collegandomi a due iniziative di Ellon Musk, che ha dimostrato in questi anni di essere al tempo stesso estremamente innovativo e con un limitato senso del limite, e con risorse economiche ingenti, solo per dare qualche immagine di dove l'intelligenza artificiale può essere applicata.

Questo perchè molto spesso le persone pensano che per AI ci si limiti a pensare a sistemi chatbot, ovvero di elaborazione di testi, immagini, video ... e in cui la loro funzione di interazione umana sia quindi limitata e controllabile.

In realtà l'evoluzione riguarda un uso molto più ampio, a cominciare dai sistemi di controllo dei processi produttivi fino ad arrivare a quelli del settore della difesa. Ne ho parlato su Ingenio già più volte, ad esempio con l'articolo "Il Terrificante Futuro delle Guerre guidate dall'Intelligenza Artificiale: Navi senza equipaggio e Droni autonomi" in cui richiamo l'allarme lanciato su questo tema da  Bill Gates, il famoso magnate della tecnologia e co-fondatore di Microsoft Corporation, che aveva condiviso le sue riflessioni personali sull'intelligenza artificiale in un blog, ammettendo che "i rischi creati dall'intelligenza artificiale possono sembrare schiaccianti". E tra questi rischi aveva parlato proprio di quello collegato agli armamenti. L'Intelligenza Artificiale rende più facile lanciare attacchi contro persone e governi. Gates avverte del possibile rischio di una corsa agli armamenti dell'IA tra le nazioni, che potrebbe destabilizzare la sicurezza globale. Per esempio Gates ha sottolineato che la tecnologia può identificare e risolvere rapidamente le vulnerabilità del nemico, di operare in modo più rapido e incisivo, senza considerare alcun filtro di natura umana, e propone l'istituzione di un organo di regolamentazione globale simile all'Agenzia internazionale per l'energia atomica per prevenire abusi dell'IA.

E l'ulteriore domanda che mi sembra opportuno porre è: siamo culturalmente preparati a un'evoluzione tecnologica che corre in questo modo con una potenza così grande da cambiare il destino dell'uomo?

 Il tema dell'educazione culturale assume quindi un'importanza cruciale, che non può essere sottostimata. 

La fine dell'educazione

In passato, il sistema educativo era strettamente legato alla struttura del potere politico.

Chi deteneva il potere legislativo definiva le opzioni disponibili, mentre le istituzioni educative, come la scuola, la chiesa e la famiglia, fornivano ai cittadini gli strumenti necessari per fare scelte informate all'interno di questi confini legali.

Questo modello garantiva una formazione, non sappiamo quanto libera, completa e coerente, ma preparava gli individui a partecipare attivamente alla vita sociale e politica.

Il modello educativo tradizionale era fondato su una visione stabile e condivisa del mondo, dove le istituzioni educative agivano come guide culturali e morali.

La scuola, la chiesa e la famiglia erano i pilastri di questo sistema, ciascuno con un ruolo ben definito nella trasmissione di valori, conoscenze e comportamenti sociali. La scuola si concentrava sull'istruzione formale, la chiesa forniva l'orientamento spirituale e morale, mentre la famiglia trasmetteva le norme sociali e culturali.

Questa educazione ci consentiva di vivere all'interno di un sistema di regole che era definito dal mondo politico. Soggetti reali in grado di governare attraverso la definizione di leggi e norme i comportamenti all'interno di confini precisi.

L'educazione forniva i fondamenti etici che guidavano poi le scelte delle persone. L'etica aveva un ruolo primario nello sviluppo della società.

E la cultura antagonista - quella alimentata in ogni epoca dalla freschezza delle idee dei giovani, di chi si ispirava a ideali e leader diversi - forniva gli anticorpi per evitare che l'egemonia dei poteri forti e tradizionali potesse di fatto limitare un'educazione sensibile alla libertà e alla diversità di pensiero.

Cultura e controcultura, nell'ambito dello scontro anche violento che le contrapponeva, hanno di fatto consentito lo sviluppo di una cultura umana, sociale, in grado di formare l'io di ogni persona in modo libero, al punto che anche quelle dittature più forti di destra e sinistra che governavano parte del mondo hanno dovuto poi cedere il passo al riconoscimento dei diritti dell'uomo.

Gli scontri generazionali alla base di una cultura plurale (By INGENIO)

 

Con l'avvento della modernità liquida, descritta in modo molto chiaro da Zygmunt Bauman, abbiamo assistito a una crisi profonda delle istituzioni educative tradizionali ma anche delle culture antagoniste.

La globalizzazione, l'accelerazione del cambiamento tecnologico e la frammentazione sociale hanno reso obsoleti i modelli educativi stabili e unificati.

I modelli proposti dal cinema e dalla musica, fino a un decennio fa, supportati poi dai social, e ora governati attraverso l'intelligenza artificiale hanno di fatto annichilito le difese che ognuno di noi aveva creato attraverso un percorso storico culturale durato secoli e ci hanno reso schiavi dell'ego, della fame di un desiderio che non è altro il soddisfacimento di una serie di bisogni effimeri suggeriti dall'industria e dal commercio.

Ecco perchè nella società liquida, l'educazione è stata sostituita da un processo di addestramento.

L'individuo non viene più formato per sviluppare un pensiero critico e indipendente, ma viene semplicemente addestrato a rispondere a stimoli preconfezionati.

Le scelte che percepisce come libere sono in realtà decisioni prese all'interno di schemi prestabiliti, determinati dall'analisi dei dati personali da parte dell'intelligenza artificiale. Questo processo di addestramento limita la capacità degli individui di fare scelte autentiche e consapevoli, riducendo la loro autonomia e creatività.

L'avvento dell'AI rafforza questo processo, perchè fornendoci risposte credibili, leggibili, ci spinge ancor più in questo processo. Noi non individuiamo una risposta, la scegliamo tra una serie di opzioni.

Peraltro l'educazione nella società liquida è ulteriormente complicata dall'invasione di una comunicazione sempre più invasiva e pervasiva.

I mezzi di comunicazione tradizionali, come il cinema e la musica, insieme ai moderni social media e alle future tecnologie di gestione dei dati e intelligenza artificiale, influenzano costantemente gli individui.

Da notare come la sede di queste major, del cinema, della musica, del web, dei Social, dell'AI ... risieda ad Ovest degli Stati Uniti. Da oltre 50 anni è in California che si definiscono i modelli di comportamento planetari.

Questa contaminazione distorce il processo educativo, rendendo difficile distinguere tra informazione autentica e manipolazione.

Siamo costantemente allenati a diventare efficienti: ascoltiamo i messaggi a doppia velocità per risparmiare tempo, guardiamo costantemente le previsioni metereologiche per non sprecare un viaggio, ... le nuove generazioni hanno sostituito i film con Youtube e Tik Tok, hanno tagliato i tempi.

Bruno Latour, con la sua idea di "attore-rete", ci ha aperto gli occhi e fatto comprendere come le tecnologie e le istituzioni interagiscono con gli individui, modellando le loro azioni e decisioni.

In una società che enfatizza l'efficienza, queste reti di potere diventano sempre più pervasive, controllando non solo le attività visibili, ma anche i pensieri e le emozioni.

L'individuo non è più un soggetto autonomo, ma una componente di un sistema più grande che lo modella secondo le esigenze del mercato e del potere.

La società del Fitness

La società moderna ha un unico obiettivo, quello di addestrarci ad essere sempre più efficienti.

E' la cosiddetta cultura del fitness, quella che non a caso è nata negli anni '80 imponendoci nuovi riferimenti, nuovi modelli.

Il fitness si riferisce alla capacità di una persona di svolgere attività fisiche e di esercizio con efficienza e senza eccessiva fatica. L'obiettivo è quello di migliorare le capacità fisiche, come la forza, la resistenza, la flessibilità, l'equilibrio e la coordinazione.

Ma il fitness è anche business, è lavoro, è vita sociale. 

Il concetto di fitness, tradizionalmente legato al miglioramento fisico individuale, assume un significato più profondo e complesso se applicato all'ambito sociale, soprattutto in un contesto in cui il potere si focalizza sull'efficienza come principio guida.

In questa prospettiva, la società contemporanea viene plasmata da un'ideologia che non solo promuove, ma esige la continua ottimizzazione delle capacità individuali, portando alla creazione di una società disciplinare in cui ogni persona viene vista come una risorsa da perfezionare. Siamo il bicipide gonfio della società moderna, la produttività è il nostro steroide.

L'addestramento, inteso non solo come formazione professionale, ma anche come continua auto-ottimizzazione, diventa una pratica essenziale. Attraverso strumenti tecnologici come sensori e intelligenza artificiale, ogni aspetto della vita può essere misurato, monitorato e migliorato. Questa misurazione ossessiva dell'efficienza individuale porta a una nuova forma di biopolitica, dove il controllo e la regolazione dei corpi e delle menti sono finalizzati a massimizzare la produttività.

In questo contesto, emerge una nuova forma di meritocrazia, che Michael Young aveva già criticato nel suo libro "The Rise of the Meritocracy" (1958). Young immaginava una società in cui la meritocrazia, anziché essere un ideale di equità, si trasforma in una forza opprimente, dove il valore di una persona viene determinato esclusivamente dal suo "merito" misurato e calcolato. Questo porta a una stratificazione sociale sempre più rigida, in cui coloro che non riescono a conformarsi agli standard di efficienza vengono esclusi e marginalizzati.

Come già accennato l'introduzione di tecnologie avanzate nel processo di valutazione personale esaspera questa dinamica.

I sensori e l'IA non solo monitorano le performance fisiche e cognitive, ma anche le emozioni e le interazioni sociali, traducendo ogni aspetto dell'esistenza in dati quantificabili. Lacan, con la sua teoria del "Grande Altro", ci offre una chiave di lettura per comprendere questa realtà: il "Grande Altro" può essere interpretato come il sistema di controllo onnipresente che definisce ciò che è accettabile e desiderabile, guidando l'individuo verso una conformità che soffoca la soggettività.

Il "grande altro" di Lacan

Il "Grande Altro" non è una persona o un'entità concreta, ma piuttosto una dimensione simbolica che struttura la realtà e il linguaggio. Lacan lo definisce come il luogo del linguaggio e delle leggi simboliche che preesistono al soggetto e che ne regolano il pensiero, il desiderio, e l'identità. In questo senso, il "Grande Altro" rappresenta l'ordine simbolico, un insieme di norme, valori, regole linguistiche e culturali che ogni individuo deve interiorizzare per poter interagire con gli altri e vivere nella società. Il "Grande Altro" è ciò che permette all'individuo di riconoscere se stesso come soggetto parlante, ma allo stesso tempo lo aliena, perché l'identità del soggetto è sempre mediata dall'esterno, dal linguaggio e dalle norme che non gli appartengono.

Dei pericoli di una transumanazione della società ne avevo parlato in un recente articolo "Riflessioni di Galimberti sulla Sostenibilità e il Futuro dell'Umanità: i miei commenti" stimolato da alcune riflessioni di Umberto Galimberti ascoltate in un convegno organizzato da GBC Italia.

Ulrich Beck, nel suo concetto di "Società del rischio", ci avverte che questa continua spinta verso l'ottimizzazione individuale crea nuovi rischi e nuove forme di insicurezza.

L'enfasi sulla meritocrazia e sull'efficienza genera uno stato di stress permanente, dove l'individuo è costantemente sotto pressione per migliorarsi e dimostrare il proprio valore.

Questa situazione porta a una polarizzazione sociale, dove le differenze tra chi riesce a eccellere e chi viene lasciato indietro si amplificano, creando nuove disuguaglianze.

Diseguaglianze riprese da Zygmunt Bauman, come già ho inizialmente accennato con il concetto di "società liquida", che ci descrive un mondo in cui le certezze sono sfuggenti e l'identità è fluida. Tuttavia, in una società dominata dall'efficienza e dalla meritocrazia estrema, questa fluidità si traduce in una precarietà esistenziale, dove l'individuo è costantemente costretto a reinventarsi per rimanere competitivo.

La mancanza di stabilità e di sicurezza porta a una crisi identitaria, in cui l'essere umano diventa una merce da ottimizzare.

In conclusione, la società contemporanea, con la sua ossessione per l'efficienza e la meritocrazia, con la sua azione di addestramento costante, continuo, immersivo, rischia di creare un mondo in cui il valore umano viene ridotto a numeri e statistiche.

Questo non solo genera stress e frustrazione, ma crea nuove forme di disuguaglianza e esclusione.

La meritocrazia, da ideale di giustizia sociale, si trasforma in un meccanismo di oppressione, dove chi non riesce a stare al passo viene relegato ai margini della società. La sfida, per il futuro, sarà quella di trovare un equilibrio tra l'inevitabile avanzamento tecnologico e il rispetto della dignità umana, evitando di ridurre l'individuo a un semplice ingranaggio di una macchina sociale sempre più efficiente.

 

Un nuovo approccio: pensare il benessere delle persone

Il fitness, in quanto simbolo di una società che mira all'ottimizzazione e al superamento dei limiti umani attraverso il transumanesimo, rappresenta una direzione verso l'efficienza estrema, dove il corpo e la mente sono costantemente potenziati per raggiungere standard sempre più elevati abbiamo visto che porta con sé una serie di questioni etiche, sociali e personali che non possono essere ignorate.

La pressione verso il miglioramento incessante e la performance costante può facilmente sfociare in una cultura dell'alienazione, dove l'individuo è ridotto a un mero ingranaggio di un sistema più grande, dominato da valori di produttività e competizione.

In alternativa, il concetto di wellness offre una visione più equilibrata e olistica del benessere umano.

Il wellness, contrariamente al fitness orientato al potenziamento fisico e mentale, pone l'accento su una qualità di vita complessiva che abbraccia non solo il corpo, ma anche la mente, le emozioni, le relazioni sociali, l'intelletto, lo spirito e l'ambiente.

Questo modello, dunque, promuove una consapevolezza che va oltre la semplice assenza di malattia o l'ottimizzazione della performance: si tratta di un processo attivo di scelta, di costruzione di un equilibrio armonioso tra le diverse dimensioni dell'esistenza.

Il wellness è un processo attivo di diventare consapevoli e fare scelte verso una vita sana e soddisfacente. Va oltre l'assenza di malattia e si concentra sul benessere complessivo e sul miglioramento della qualità della vita. Lo scopo è quello di raggiungere un equilibrio armonioso e olistico di benessere fisico, mentale, emotivo, sociale, intellettuale, spirituale e ambientale.

Il concetto di wellness, inteso come un processo attivo e continuo di ricerca di un equilibrio armonioso tra le diverse dimensioni del benessere umano, trova un legame profondo con il concetto di cultura.

La cultura, vista come l'insieme di conoscenze, valori, norme, pratiche e tradizioni che caratterizzano una società, è fondamentale per orientare l'individuo nelle scelte quotidiane che influenzano il suo benessere complessivo. Per poter vivere bene e compiere scelte consapevoli e corrette, l'uomo ha bisogno di un supporto culturale adeguato che gli fornisca gli strumenti necessari per navigare in un mondo complesso e in continua trasformazione.

Massimo Recalcati, psicoanalista italiano, approfondisce queste tematiche esplorando il ruolo della cultura e dell'educazione nel plasmare la soggettività e nel promuovere il benessere.

Secondo Recalcati, la cultura non è solo un accumulo di conoscenze, ma un luogo in cui si formano e si trasformano i desideri degli individui. Egli sottolinea l'importanza del desiderio come forza motrice della vita umana, e come la cultura possa fungere da terreno fertile per la coltivazione di desideri autentici, che non si limitino a soddisfare bisogni immediati, ma che contribuiscano a una realizzazione profonda e duratura del sé.

Siamo all'opposto di quell'ego verso cui la cultura del fitness ci sta spingendo. Il vero desiderio dell'altrove in contrapposizione al finto desiderio dell'oggetto.

In questo contesto, il wellness si lega strettamente all'idea di un'educazione che non si limiti a trasmettere informazioni tecniche o a formare individui conformi ai modelli di efficienza e produttività, ma che coltivi la capacità di pensare criticamente, di riflettere su se stessi e sul proprio ruolo nel mondo, su quello che ci viene proposto, su quello che ci troviamo all'interno del nostro cammino, sulle scelte da compiere e quelle da respingere.

Recalcati parla della scuola come luogo di trasmissione del desiderio, uno spazio in cui non si educa solo alla conoscenza, ma alla vita stessa, alimentando nei giovani il desiderio di scoprire, di capire, di esprimere la propria singolarità.

Questa visione si oppone alla riduzione dell'educazione a mero addestramento funzionale, sostenendo invece che l'educazione deve essere un processo che risveglia e coltiva il desiderio.

La nostra società, allora, non può prescindere da un'educazione che incoraggia la ricerca del senso della vita e che sostiene l'individuo nella costruzione di un'identità personale e relazionale sana.

Questo significa anche educare al riconoscimento dell'altro, alla comprensione e gestione delle emozioni, e alla consapevolezza del proprio posto nella comunità e nell'ambiente, alla valorizzazione delle diversità, alla sperimentazione.

Penso che ognuno di noi possa ricordare di fronte a questa scelta umana l'esperienza narrata da Herma Hesse in Siddharta, la storia di un giovane che intraprende un viaggio spirituale alla ricerca della propria identità e di un senso di completezza. Questo viaggio rappresenta l'aspirazione a una vita integrata e olistica. Siddharta non si accontenta di seguire un percorso predefinito; esplora varie strade — da quella ascetica a quella dell'eccesso — prima di trovare la propria via. La sua esperienza riflette l'importanza di un equilibrio tra le diverse dimensioni dell'esistenza (fisica, mentale, spirituale) per raggiungere un autentico benessere.

Per avere la capacità di affrontare un simile percorso Recalcati richiama l'importanza di una scuola che non sia solo un'istituzione di trasmissione del sapere, ma un luogo di incontro, di ascolto e di crescita reciproca, dove gli insegnanti non siano semplici dispensatori di nozioni, ma figure capaci di stimolare e orientare il desiderio.

All'interno di questa visione, la cultura diventa un fondamentale strumento di orientamento, che permette agli individui di dare senso alla propria esistenza e di fare scelte che promuovano il benessere non solo individuale, ma collettivo. Una cultura del benessere deve quindi integrare i valori della cura di sé e degli altri, della responsabilità ambientale, e della solidarietà, andando oltre la semplice ricerca del benessere fisico o materiale.

Recalcati parla anche della necessità di una "cura della parola," un'attenzione alle parole e al linguaggio che utilizziamo, che può costruire o distruggere, elevare o deprimere.

In questo senso, l'educazione al wellness passa anche attraverso l'educazione alla comunicazione empatica e rispettosa, capace di costruire relazioni umane sane e significative.

 

La cura della parola di Recalcati

La "cura della parola" di Massimo Recalcati si riferisce all'importanza del linguaggio nella costruzione e nella guarigione della soggettività. Per Recalcati, le parole possono ferire o curare, e la psicoanalisi diventa uno spazio in cui la parola viene utilizzata per dare senso al trauma, elaborare il dolore e promuovere la trasformazione personale. La cura della parola è, quindi, un processo terapeutico che valorizza il potere del linguaggio nella vita umana.

 

Conclusioni: può esistere un'etica dell'Intelligenza artificiale?

La perdita di riferimenti culturali stabili ha portato a una crisi di identità e di valori nella società contemporanea.

I riferimenti temporali e culturali si sono autodistrutti a una velocità proporzionale all'ignoranza tecnico-culturale della classe politica. Questo declino è avvenuto in nome di un efficientismo e di una spinta internazionale che guidano l'evoluzione sociale, ma che spesso trascurano il valore intrinseco dell'educazione umanistica e del pensiero critico. Nel frattempo, le autorità politiche, limitate da confini territoriali e da una crescente interdipendenza globale, non riescono più a governare un sistema educativo che si muove in modo indipendente e trasversale tra i vari paesi.

Tutto questo accade nel pieno dell'avvento dell'intelligenza artificiale.

L'intelligenza artificiale (AI), come tutte le innovazioni tecnologiche, rappresenta una forza trasformativa che non può essere semplicemente imbrigliata da regole e norme.

Le tecnologie avanzano spesso più rapidamente della capacità delle istituzioni di comprenderne e regolamentarne gli effetti. Le norme, per quanto necessarie, non sono sufficienti per governare l'AI in modo che possa servire il bene comune. Infatti, la natura complessa e imprevedibile dell'intelligenza artificiale richiede un approccio che vada oltre la semplice regolamentazione tecnica o giuridica: è necessaria una riflessione più profonda sul significato e sulle implicazioni etiche e sociali del suo utilizzo.

Solo una cultura robusta, radicata in un umanesimo solido, potrà davvero gestire, piuttosto che semplicemente regolamentare, lo sviluppo e la diffusione dell'AI.

L'umanesimo, con il suo focus sul valore intrinseco dell'essere umano, sulla dignità, sull'autonomia e sulla responsabilità, offre una lente critica attraverso cui valutare le conseguenze dell'AI. È questa visione umanistica che dovrebbe guidare le scelte su come integrare l'AI nelle nostre vite, garantendo che la tecnologia rimanga al servizio dell'uomo e non viceversa.

Affidarsi esclusivamente a un autogoverno dei tecnici non offre speranze concrete. I tecnici, per quanto esperti nelle loro discipline, non operano nel vuoto: sono parte di un sistema economico e sociale che spesso privilegia l'efficienza, il profitto e l'innovazione a scapito della riflessione etica. Senza un controllo basato su valori umanistici, la spinta naturale della società potrebbe essere verso un transumanesimo incontrollato, dove l'essere umano rischia di essere ridotto a una componente da ottimizzare, in linea con i principi della tecnologia, piuttosto che un fine in sé.

In tale contesto, l'uso dell'AI in ambiti sensibili come la difesa, i trasporti e l'organizzazione del lavoro diventerà sempre più rischioso. L'automatizzazione di settori così cruciali potrebbe comportare conseguenze devastanti, soprattutto se si perdono di vista le implicazioni etiche e sociali di tali innovazioni.

In particolare, il rischio è che l'AI, progettata e implementata senza una guida etica forte, possa prendere decisioni che compromettano la sicurezza, la privacy, e il benessere delle persone.

Per affrontare queste sfide, si dovrebbe puntare su un potenziamento dell'istruzione e sulla valorizzazione della cultura. Un'educazione che non solo formi competenze tecniche, ma che coltivi anche il pensiero critico, la riflessione etica, e la consapevolezza sociale, è fondamentale.

La cultura deve essere vista non come un ornamento, ma come la spina dorsale di una società capace di gestire le innovazioni tecnologiche in modo umano e responsabile.

Tuttavia, come abbiamo già visto e commentato, la società contemporanea sembra privilegiare l'addestramento, l'ottimizzazione, e un efficientismo esasperato, dove l'obiettivo è rendere tutto e tutti più performanti. Questo approccio rischia di soffocare la capacità di riflessione critica e di impoverire il dibattito etico, lasciando campo libero a una visione riduzionistica dell'essere umano come semplice ingranaggio in una macchina più grande.

In questo contesto, si potrebbe dire che l'etica è morta, o quantomeno relegata ai margini del discorso pubblico.

L'attenzione esclusiva all'efficienza e all'ottimizzazione rischia di oscurare i valori fondamentali che dovrebbero guidare la nostra società. Se l'etica diventa un'opzione secondaria, il rischio è di scivolare verso un futuro in cui la tecnologia non serve più l'uomo, ma lo domina, spingendo verso una disumanizzazione progressiva.

Per evitare questo scenario, è urgente riscoprire e rivitalizzare l'etica come principio guida nella gestione e nello sviluppo dell'AI, riaffermando l'importanza della cultura e dell'umanesimo nel plasmare il nostro futuro tecnologico.

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