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L'architettura dello spazio sacro di Rudolf Schwarz: la chiesa di St.Anna a Düren in Germania

Nell'articolo viene analizzata la Chiesa di Sant'Anna a Düren, realizzata nel secondo dopoguerra da uno dei massimi esperti in campo liturgico, l'architetto Rudolf Schwarz con una struttura mista in cemento armato e pietre ricavate dalle macerie della preesistente chiesa gotica distrutta dai bombardamenti della guerra.

Architettura del sacro

Schwarz, uno dei massimi architetti in campo liturgico, ha recuperato dalle macerie tutto o quasi il calcare rosso-marrone della distrutta precedente chiesa gotica per realizzare la muratura portante del grande, essenziale e sobrio involucro di S. Anna. La pietra millenaria rinasce a nuova vita, interagisce e dialoga con la calibrata struttura in conglomerato cementizio armato.
La chiesa per la sua conformazione anticipa di alcuni decenni la radicale riforma dello spazio sacro del Concilio Ecumenico Vaticano II. L' involucro è una scatola a parete nuda con una stereometria chiara e nitida.

La preoccupazione di Schwarz di rovesciare il modello gerarchico autoritario della Chiesa a favore di un approccio di comunione e di uguaglianza che sostenga uno spazio liturgico universale si vede nell'eliminazione di ogni barriera visiva e nella riduzione al minimo dello spazio di separazione tra navata e presbiterio.

Il contributo descrive la storia costruttiva dell'edificio, anche alla luce della simbologia cattolica e delle direttive teologiche. Si accenna anche agli odierni problemi di mantenimento dell'integrità del conglomerato in cemento armato a vista tra lo scenario negativo di essere costretti ad intervenire con scelte dolorose per l'istanza estetica e storica e gli interventi tecnicamente necessari, pena il degrado e l'inagibilità del edificio.

La Germania e Colonia

Dopo i pesanti bombardamenti bellici, la città venne ridotta ad una tabula rasa ad eccezione della cattedrale gotica. Nel Dopoguerra Colonia è il luogo dove verranno costruite la maggior parte delle chiese tedesche.
Dopo il 1945 il bisogno di chiese era immenso; la loro stragrande maggioranza era stata distrutta e quelle nel centro storico erano inagibili e vuote. Solo nell’Arcidiocesi di Colonia, fino al 1956 furono ricostruite ex novo, o ripristinate in maniera radicale, 367 nuove chiese. Mai nella Germania Occidentale erano stati costruiti tanti edifici sacri come negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.

Rudolf Schwarz

Dopo la morte di Dominikus Böhm avvenuta nel 1955 nessuno più di Rudolf Schwarz in Germania aveva una così elevata autorevolezza nel campo dell’architettura sacra. Era considerato un autentico Maestro. Nato a Strasburgo in Alsazia nel 1897 da una famiglia cattolica di origini ebraiche, aveva studiato Architettura all’Accademia di Berlino quale allievo di Hans Poelzig e poi Teologia a Bonn. Membro del “Quickborn” (il Movimento Giovanile Cattolico), fu vicino al leader spirituale e intellettuale del Movimento Liturgico Tedesco, il teologo Romano Guardini il quale aveva segnato il suo modo di pensare e costruire l’architettura dello spazio sacro. Collaborò inoltre con il gruppo di studio per l’Arte Ecclesiastica al Castello di Rothenfels nei convegni che si erano lì tenuti dal 1924 al 1940. Tra le sue opere maggiori la chiesa del Corpus Domini ad Aquisgrana, St. Maria Köningen a Frechen, Liebfrauen a Colonia, Heilig Kreuz a Bottrop. Pubblicò alcuni testi importanti quali La Messa (1937), Costruire la Chiesa (1938), Architettura di Chiese (1960). Morì a Colonia Mungensdorf nel 1961 a soli 64 anni.

Schwarz concepiva la chiesa sia come strumento di culto sia come incarnazione di una profonda realtà. Le 39 chiese da lui costruite ex novo o radicalmente ristrutturate costituiscono un punto di riferimento e quasi un testamento ed un esempio normativo per tutto quanto avverrà in questo campo dopo di lui. Sarà infatti preso a modello da intere generazioni successive. Molto prima del Concilio Ecumenico Vaticano II nelle sue opere attuò il profondo rinnovamento della liturgia e dello spazio sacro cattolico.

Nell’Enciclica Mediator Dei del 1947 Papa Pio XII dichiarava testualmente: <non si devono rifiutare in generale e a priori le nuove forme e immagini>. E ancora, il Sinodo Diocesano di Colonia del 1954 si dichiarava contro tutto quanto separasse comunità e altare, tutto quanto costituisse un’eccessiva distanza dall’altare e contro un ruolo egemonico del coro. Così sosteneva Rudolf Schwarz: <io ho l’impressione che proprio oggi la costruzione di chiese acquisti un’importanza inaspettata per l’architettura tedesca e qui si profilino vie di uscita che portano verso la libertà, fuori dall’insensatezza tecnicistico – funzionalista e dall’assenza di spiritualità>. Dal punto di vista costruttivo e compositivo le sue chiese si identificavano all’interno di un numero ristretto di tipologie e soluzioni planimetriche quali ad esempio il rettangolo disposto in lunghezza e concluso con una parete piana o semicircolare caratterizzato da un’aula sacra essenziale con l’inserimento di pilastri tipo aula o baldacchino. Questo tipo si ritrova -in particolare- nella chiesa di St. Albert ad Andernach (1952-1954) e St. Anna a Duisburg (1952-1955).

La chiesa processionale è il modello compositivo ricorrente nella poetica di Schwarz così come da lui stesso affermato in Vom Bau der Kirche e palesemente riscontrabile nel progetto concorso Frauenfriendenskirche di Francoforte, nella Fronleichnamskirche di Aquisgrana (1929-30) fino a St. Gertrud ad Aschaffenburg (1956-1960).

La Chiesa di St. Anna a Düren

Nel 1944 la chiesa gotica medievale a tre navate di St. Anna a Düren fu completamente distrutta dai bombardamenti bellici.

Nel 1950 le montagne di macerie furono rimosse (accantonando il pietrame in arenaria rosso-bruno che sarà poi riutilizzato), il terreno fu sgomberato e fu bandito un concorso per la sua ricostruzione. L’anno successivo Rudolf Schwarz fu invitato a partecipare a un concorso ristretto insieme ad altri due architetti, presentando due diverse soluzioni progettuali. Per la sua seconda soluzione progettuale ricevette il primo premio, l’incarico per la progettazione e per la costruzione dell’opera. La chiesa venne quindi realizzata con sole poche modifiche, conservando, in linea di principio, l’impianto originario e utilizzando il pietrame di arenaria rosso-bruno delle macerie per le murature portanti esterne in una struttura in conglomerato cementizio armato.

La figura geometrica della pianta della chiesa è un trapezio irregolare con la navata principale (di dimensioni 58 metri x 15 metri) orientata secondo la direttrice Est-Ovest sul lato lungo con 24 doppi banchi ed una navata più piccola, una sorta di transetto ad un solo braccio ad esso pressoché ortogonale con soli 10 singoli banchi. La soluzione adottata ricorda il progetto del concorso “Muro” per la Heilig-Geist-Kirche ad Aquisgrana del 1928.

La pianta e i prospetti della chiesa.
La pianta e i prospetti della chiesa.

Entrambe le navate convergono verso il quadrato del presbiterio con al centro l’altare elevato su tre gradini.

L’ingresso si sviluppa dall’originale portale del XIII secolo della precedente chiesa gotica. Nella lunga parete Nord furono poi installate le formelle delle quattordici stazioni della Via Crucis. All'ingresso si conserva ciò che restava della chiesa precedente, mentre tutto il resto è un edificio nuovo dove una essenziale struttura in conglomerato cementizio armato dialoga e sapientemente interagisce con la locale pietra arenaria di colore rosso- bruno.

La luce naturale si irradia nell'intera navata centrale e la sezione trasversale ci fa capire come essa si manifesti senza che si percepisca la fonte. I due alti parallelepipedi sono illuminati dalle grandi vetrate individuate tra i sei pilastri in conglomerato cementizio armato. Essi hanno in comune un corpo basso di forma geometrica irregolare illuminato dall’alto da cinque lucernari di forma circolare a loro volta costituiti da vetro-mattoni circolari. Questo corpo di fabbrica è sorretto da sei esili pilastrini e la sua funzione è di primaria importanza. Il fedele entra dalla porta in fondo, attraversa un luogo in penombra e, da qui si dirige verso i due spazi ampi, profondi e alti delle due navate. L'ingresso principale è segnato dal campanile e conduce al già citato atrio basso e in penombra. Apparentemente creato per le occasioni speciali dei giorni di festa - quando c’è maggiore affollamento- per dare posti a sedere aggiuntivi o posti in piedi, in realtà il vero scopo di questo spazio irregolare, con quattro confessionali addossati al lato lungo, è quello di introduzione e di filtro al vivere di lì a poco una esperienza spaziale diversa. La luce è volutamente attenuata e ricorda l'oscurità primordiale e la condizione peccaminosa dell'umanità, metafora messa in evidenza dall'improvvisa abbondanza di luce vissuta nelle due navate.

L’interno
L’interno.

Nello spazio alto e luminoso delle due navate il visitatore inizia a prendere coscienza del viaggio di cui Schwarz scrive nel suo libro analizzando il quarto piano o l’archetipo: “Attraversato il portale le esperienze del fedele finiscono, vacillano, oscurità, l'incertezza del passaggio , e poi la gioia di uscire nel nuovo spazio che si spalanca davanti a lui ” Questo interessante gioco di contrasti appare più intrigante quando si entra nello spazio poiché la fonte di luce è inizialmente nascosta alla vista. A poco a poco, tuttavia, diventa chiaro che la luce viene filtrata e diffusa dalle ampie aree di vetro retrostanti. La dualità oscurità/luce si trasforma in un dialogo solido/aperto. Questo spazio ampio e luminoso è privo di ornamenti, come parte del tentativo dell'architetto di evitare distrazioni fisiche e concentrando l'attenzione dei fedeli verso il presbiterio posto all'incrocio tra le due navate.

La parete dell’abside è traforata da 40 tessere circolari di alabastro che rappresentano l’albero della vita. La luce naturale attraversa l’alabastro declinato nel numero sacro di sette doppi rami ciascuno recante tre tessere più due tessere nei due rami in cima, ripetendo così i due numeri sacri 3 e 7.

L’abside con l’albero della vita.
L’abside con l’albero della vita.

Schwarz, come già indicato, recupera dalle macerie tutto o quasi il pietrame di calcare rosso bruno della distrutta chiesa gotica precedente per costruire la muratura portante del grande, essenziale e sobrio involucro di St. Anna. Qui però accade qualcosa di inedito: la pietra millenaria che rinasce a nuova vita interagisce e dialoga con la calibrata ossatura in conglomerato cementizio armato a faccia vista. La copertura delle due navate è costituita da una soletta piena sostenuta da un reticolo romboidale di travi emergenti che si appoggiano da una parte sulla muratura portante, dall’altra sugli esili e alti pilastri.

Il conglomerato cementizio armato è a faccia vista ed interagisce con la calda gamma cromatica della muratura portante costituita dal pietrame di arenaria con le sue innumerevoli variazioni che vanno dal rosso chiaro, dal giallo ocra fino al marrone scuro. L’involucro è una nuda scatola muraria dalla nitida e netta stereometria. La separazione tra navata e presbiterio è ridotta al minimo a St. Anna, con il coro spostato in fondo alla chiesa e la ringhiera della comunione progettata in modo da eliminare ogni barriera visiva. Questi aspetti dimostrano la preoccupazione di Schwarz di rovesciare il modello gerarchico autoritario della Chiesa a favore di un approccio di comunione e di eguaglianza che sostenga uno spazio liturgico universale. Quasi eliminando i confini tra clero e laici, ha così anticipato alcune delle risoluzioni del Concilio Ecumenico Vaticano II di alcuni anni dopo.

Il pavimento è in grandi lastre scure di ardesia. L’elegante, snello ed alto campanile, ha una struttura in muratura portante forata in più punti e scandita in altezza dai cordoli in conglomerato cementizio armato che si susseguono secondo una progressione sempre più fitta man mano che si procede dal basso verso l’alto, con evidenti aperture in sommità aventi il duplice scopo di alleggerire da una parte il peso e dall’altra di dare il dovuto ruolo di funzionalità ed udibilità delle campane installate nella cella campanaria. Essenzialità, verità, uso onesto dei materiali, silenzio ed estrema economia dei mezzi caratterizzano l'esterno, come se una cicatrice troppo profonda per rimarginarsi e mai rimarginata fosse stata qui lasciata dalle atrocità della guerra. Il nudo corpo geometrico della chiesa si fonde con le abitazioni residenziali sorte tutt’intorno nel Dopoguerra.

Il campanile.
Il campanile.

Ubicata tra una piazza pubblica e un mercato all'aperto, la chiesa mostra un austero prospetto su due delle principali strade adiacenti ma sembra addolcirsi e aprirsi verso lo spazio pubblico a Sud dove si trovano appunto i suoi due ingressi.

L’esterno.
L’esterno.

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Questo articolo è tratto dalle MEMORIE di CONCRETE 2022, sesta edizione della manifestazione

Leggi il resoconto dell'intero evento.


Video

Claudia Sicignano: il caso della Chiesa in c.a. di Duren

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