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L’AI-BIM? Brevi spunti critici

L’Intelligenza Artificiale, tramite modelli linguistici avanzati, promette di rivoluzionare il settore edilizio, automatizzando processi decisionali e normativi, ma solleva dubbi su creatività, responsabilità e impatti occupazionali, soprattutto per le professioni emergenti del BIM.

Edilizia e tecnologia: come l’intelligenza artificiale trasforma dati in decisioni progettuali

Non è un caso che, allorché si palesa prepotentemente il tema dell’Intelligenza Artificiale per l’erogazione dei Servizi di Ingegneria e di Architettura, si stia rafforzando lo studio storico delle origini della digitalizzazione nel settore dell’ambiente costruito, risalente, in altri contesti alla fine degli Anni Cinquanta del secolo scorso e, in Italia almeno al termine del decennio successivo, all’insegna de «La Sfida Elettronica», ai tempi in cui la manifestazione fieristica del SAIE a Bologna era, anzitutto, occasione di discutere di politiche e di strategie industriali, ormai scomparse dall’orizzonte del settore, se non, ad esempio, nelle eccellenti analisi previsionali del CRESME.

Ciò significa che vi sia una necessità di comprendere appieno le genesi delle logiche secondo cui le attuali soluzioni digitali funzionino, laddove ulteriori sviluppi si prospettano in gran numero.

Tra di esse, ovviamente, le diverse declinazioni della Intelligenza Artificiale predominano nell’immaginario collettivo del settore e nella pubblicistica.

 

L’evoluzione digitale nell’edilizia: modelli linguistici e democratizzazione del dato

Immaginiamo, dunque, di redigere, in tema, un breve e grossolano scenario del prossimo (imminente) futuro in cui i modelli linguistici di grandi dimensioni, attraverso l’interazione vocale o testuale, in maniera conversazionale, potranno consentire a qualsiasi operatore di configurare modelli e mappe di processo proattivo, in cui i dati, provenienti da basi di dati e da modelli informativi, anch’essi realizzati con l’ausilio diretto dei dispositivi, potranno agire direttamente (nel)le attività e contribuire a determinare le decisioni a livello anzitutto progettuale, semi automatizzando queste ultime.

Al momento, in realtà, esistono già, a livello (non solo) di ricerca scientifica, una serie di prototipi di questa natura capaci di supportare la modellazione dei processi e, soprattutto, la modellazione delle informazioni, sia pure, in larga parte, ancora in forma mediata, con esiti da verificare.

Sussiste, tuttavia, pure qualche primo esempio che oltrepassa la soglia della mediazione, supportato dai maggiori produttori internazionali di applicativi di modellazione informativa. L’argomento è, infatti, al centro della ricerca e dello sviluppo dei principali produttori di applicativi di modellazione informativa e di verifica dei modelli informativi.

Vi è, inoltre, chi sostiene che l’efficacia di queste soluzioni innovative possa essere rilevante nella direzione della verifica dell’ideazione, non in quella della concezione stessa del progetto o che, al limite, esse possano ottimizzare o razionalizzare configurazioni poco originali. Senza dubbio, così avviene in questa fase embrionale, ma, naturalmente, è prevedibile che la situazione possa rapidamente mutare.

Si pensi, comunque, ad esempio, al caso in cui il modello linguistico di grandi dimensioni sia in grado di interpretare un regolamento edilizio comunale, di trasferirne i contenuti in una base di dati interrogabile, di tradurlo autonomamente in requisiti informativi e in regole di verifica, tenendo conto della giurisprudenza in merito, per subito dopo impostare un modello informativo (un progetto) dello stesso che tenga conto dei vincoli desunti, intersecati con altre fonti informative aggiornate in tempo pressoché reale, che ottimizzino le soluzioni distributive (funzionali e spaziali) e quelle tecnologiche, in funzione dell’andamento del costo di costruzione, della disponibilità di prodotti e di componenti nei cataloghi normalizzati che seguiranno all’adozione del Digital Product Passport, nonché della disponibilità a pagare degli acquirenti o dei locatari, oltre che di altre variabili. Il modello linguistico di grandi dimensioni, conoscendo pure il modello di processo seguito dall’amministrazione comunale per l’istruttoria atta al rilascio del titolo abilitativo oppure analizzando la procedura specifica adottata dalla determinata municipalità relativa alla comunicazione o alla segnalazione, potrebbe anche suggerire al professionista incaricato e all’operatore economico specifiche strategie da mettere in essere nei confronti dello sportello unico.

D’altra parte, il semplice aggiornamento legislativo e giurisprudenziale attualmente appannaggio del modello linguistico dedicato risulterebbe assai più performante della capacità di ricerca e di aggiornamento della maggior parte dei dipendenti tecnici delle amministrazioni comunali, creando una evidente asimmetria informativa.

Gli stessi modelli linguistici avranno, perciò, supportato l’operatore umano, intervenendo direttamente nei dispositivi di configurazione dei modelli informativi, a seguito delle istruzioni che egli o ella avrà impartito verbalmente o per iscritto o, meglio, suggerendo, nelle forme colloquiali, essi stessi all’interlocutore umano, come descritto, un ventaglio di opzioni. Lo stesso interlocutore pubblico, che sia lo sportello unico dell’edilizia o delle attività produttive o la conferenza di servizi, potrebbe, in parte, nel tempo trovarsi in soggezione nei confronti di un dispositivo in grado di controdedurre possibili obiezioni sulla base, appunto, di una conoscenza cumulativa e dilatata.

Questi passaggi, la cui attuazione non dovrebbe tardare troppo a giungere, sono attualmente definiti con la locuzione di «democratizzazione del dato», nel senso che permetterebbero a persone esperte nella propria disciplina, epperò non nella modellazione informativa, di ottenere migliori risultati, ma, in effetti, questa espressione suscita non poche perplessità. Ancora una volta, come alle origini del Computer Aided Design e del Building Information Modelling, il motivo della possibile liberazione del soggetto creativo dalla tediosa ripetitività emerge.

Analogamente, a fronte di soluzioni progettuali (attuali) banalizzate, a maggior ragione, le capacità emulative del modello linguistico di grandi dimensioni potrebbero riscuotere un certo successo a proposito della mediocrità ideativa, intesa nel senso letterale.

In ogni modo, la versione rassicurante della faccenda prevederebbe che persone esperte o meno nella tematica possano aumentare la loro produttività e possano incrementare la propria efficacia. All’inverso, si potrebbe immaginare che la soluzione tecnologica, più avvezza dell’essere umano a logiche computazionali e digitali, saprebbe fare un miglior uso del dato e dell’informazione, affrancandosi da un vassallaggio all’umano o che, più prosaicamente, chi controllasse l’ecosistema digitale potrebbe condizionare, tramite i modelli linguistici, le scelte degli operatori.

Quale che sia la interpretazione più corretta, se effettivamente dispositivi e soluzioni legati ai modelli linguistici fossero veramente in grado di godere di una certa autonomia e del pieno possesso degli strumenti di modellazione dei processi e delle informazioni, si porrebbe, quantomeno, una incognita sulla assunzione di responsabilità e di autorialità nei processi decisionali, di là della ben nota questione relativa alla spiegabilità delle conclusioni a cui i suggerimenti offerti giungerebbero.

 

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