Isolamento termico: quelle cose da sapere per garantire le migliori prestazioni energetiche dell'edificio
Il cappotto termico ed in particolare il cappotto esterno, è una delle strategie di isolamento degli edifici più utilizzate in questi anni caratterizzati da un interesse sempre crescente verso l’efficienza energetica e il contenimento dei consumi. Analizziamo questo sistema per capirne il comportamento e quali sono gli accorgimenti necessari per raggiungere le performance attese.
Si stima che circa il 40% dell’energia utilizzata in Europa sia impiegata nel settore edilizio e che la climatizzazione degli edifici contribuisca per il 36% alle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Sono numeri importanti che ci fanno capire come sia di fondamentale importanza promuovere strategie a lungo termine che mirino all’efficienza e alla sostenibilità ambientale e quindi alla salvaguardia del pianeta.
L’Unione Europea svolge un ruolo cardine nella determinazione degli obbiettivi climatici ed energetici e dagli anni 70 sono state promosse azioni dirette al miglioramento delle prestazioni del costruito e vincoli sempre più stringenti per l’abbattimento dei consumi.
In Italia è la Legge del 30 marzo 1976 a parlare per la prima volta di risparmio energetico, sostituita poi dalle Legge 10 del 1991 che regolamenta i consumi di energia negli edifici, l’esercizio e la manutenzione degli impianti. In seguito, con l’adozione della Direttiva 2002/91/CE, avvenuta nel 2005, vengono stabiliti gli interventi per l’efficientamento energetico, e iniziano ad essere attuati da parte dello stato diversi meccanismi di incentivazione volti alla riduzione dei consumi.
Specialmente negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare di numerosi bonus edilizi: Superbonus, Ecobonus, Bonus ristrutturazione, conto termico e molti altri sono diventati fulcro delle attuali politiche di evoluzione e di crescita del Paese. Al centro di questi incentivi troviamo l’involucro edilizio.
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Secondo uno studio del Ministero dello Sviluppo Economico si stima che in Italia circa il 65% degli edifici sia stato costruito antecedentemente al 1976 e quindi con caratteristiche costruttive e tecnologiche ormai datate, che spesso non garantiscono i livelli minimi di comfort. Risulta quindi di fondamentale importanza agire su questi manufatti, che spesso troviamo essere soggetti a degrado o con caratteristiche che rendono i singoli componenti edilizi totalmente inadeguati rispetto le prescrizioni vigenti.
L’involucro edilizio e le strategie di isolamento
La Legge 90/2013 definisce l’involucro di un fabbricato come quell’insieme di elementi e componenti integrati di un edificio che ne separano gli ambienti interni dall’ambiente esterno.
L’involucro edilizio svolge svariati compiti e deve soddisfare numerosi requisiti prestazionali e anche estetici. Infatti oltre a garantire solidità e resistenza meccanica, a proteggere dagli agenti atmosferici, a garantire il passaggio di luce ed aria, è responsabile degli scambi termici che normalmente avvengono tra gli ambienti interni e l’esterno. L’involucro infatti è quel componente che si oppone al passaggio del flusso termico, uscente nel periodo invernale ed entrante in quello estivo. Possiamo quindi affermare che l’involucro edilizio è l’elemento principale su cui lavorare per il soddisfacimento del comfort all’interno degli edifici.
Il fabbisogno energetico di un edificio in attività è legato alla richiesta di energia, alle dotazioni impiantistiche e ai sistemi tecnologici presenti. Per ridurre la richiesta di energia è necessario prevedere un involucro con elevate caratteristiche di isolamento e identificare quali sono i componenti causa delle principali dispersioni termiche.
Ponendo come riferimento un edificio con le caratteristiche tipiche dell’edilizia degli anni 70 si stima che le più alte percentuali di dispersioni termiche avvengano tramite le pareti esterne (dal 20 al 30%), dalle coperture (dal 10 al 25%) e dagli infissi (dal 15 al 25%).
Compito del progettista è quello di individuare gli elementi sui quali sia necessario intervenire e identificare la soluzione maggiormente performante, che meglio risponda alle esigenze della committenza e che garantisca il soddisfacimento dei requisiti di comfort e di qualità architettonica per una progettazione che miri a massimizzare l’efficienza del sistema edificio-impianto.
Risulta quindi chiaro come l’isolamento termico gioca un ruolo fondamentale nei progetti di riqualificazione energetica di un edificio.
Quando si interviene sull’involucro esistente si possono adottare diverse strategie, l’isolamento può essere realizzato:
- Dall’interno: soluzione che può essere utile quando si lavora con edifici storici o vincolati, dove non è quindi possibile agire in altro modo.
- In intercapedine: buona parte del patrimonio edilizio è costituito da murature realizzate con l’intercapedine d’aria, dove è possibile inserire del materiale isolante, andando a riempire a tutti gli effetti la parete. Spesso questa tecnica, per essere più efficace, è abbinata all’applicazione del cappotto esterno.
- Dall’esterno: il coibente viene posato sulla faccia esterna delle pareti e delle superfici di progetto, rappresenta sicuramente la soluzione più efficace per il contenimento delle dispersioni e quindi dei consumi energetici dell’edificio.
Quando si interviene su un edificio esistente bisogna valutare attentamente gli effetti che l’intervento provocherà sul manufatto: intervenendo sulla stratigrafia che caratterizza l’involucro si va a modificare il comportamento delle murature ed è bene accertarsi che non si verifichino fenomeni di formazione di condensa, superficiale e interstiziale.
In particolare, è da attenzionare il fenomeno di formazione di condensa interstiziale in quanto avvenendo all’interno delle murature è più difficile da notare. Se trascurato può portare alla formazione di muffa, nella maggior parte dei casi provoca il degrado dei materiali, peggiorando le prestazioni dell’intero componente, in particolare quando avviene in corrispondenza dell’isolante.
L’isolamento dall’interno causa una diminuzione della superficie utile della stanza, a volte il materiale insufflato non arriva a riempire completamente il volume dell’intercapedine e molto spesso è soggetto a forte deterioramento, altra criticità è che entrambe le soluzioni non agiscono sui ponti termici. Senza scendere nel dettaglio dei pro e dei contro di queste due differenti lavorazioni, si può affermare che l’isolamento dall’interno e in intercapedine hanno delle carenze.
Il cappotto termico esterno
Approfondiamo invece il tema dell’isolamento dall’esterno, con l’obiettivo di chiarire i benefici portati da questa soluzione tecnologica e quali sono le strategie per renderlo il più efficace possibile.
Ad oggi possiamo affermare che il cappotto esterno rappresenta la tecnica di isolamento più utilizzata, sia negli interventi di nuova costruzione, sia nelle riqualificazioni e questo perché è la soluzione che permette di ottenere i maggiori benefici in termini di risparmio energetico.
È una tecnica che prese piede in Europa, specialmente nei paesi scandinavi, dopo la Seconda Guerra mondiale e che venne sempre più utilizzata da quando si capì la necessità di isolare gli edifici al fine di contenere i consumi energetici e i costi legati al riscaldamento.
Il principio di funzionamento di questa tecnologia è quello di “racchiudere” l’involucro disperdente con uno strato di materiale isolante che più è continuo e meglio assicura il contenimento dei flussi termici.
Nella progettazione delle nuove costruzioni questa caratteristica è facilmente realizzabile: bisognerà studiare l’isolamento dell’involucro come strato continuo, senza interruzioni, con particolare attenzione alle giunture e alle zone di collegamento delle diverse strutture edilizie. Seguendo questa strategia si limitano le dispersioni e, cosa di fondamentale importanza, si limita fortemente l’influenza dei ponti termici nel comportamento dell’edificio.
Anche nelle ristrutturazioni bisogna puntare a massimizzare la continuità dell’isolamento, ma spesso e per svariati motivi, di natura tecnica o realizzativa, questo non è possibile.
L’applicazione dello strato isolante permette di ridurre la trasmittanza termica della parete, grandezza fisica definita come potenza termica scambiata da un corpo per unità di superficie e per differenza di temperatura di un grado, in W/m2K.
È l’opposto della resistenza termica cioè della capacità di isolare di un elemento, ed è il parametro principale da controllare negli interventi di riqualificazione energetica.
I bonus, infatti, strutturano la loro efficacia ponendo come obiettivo la riduzione della trasmittanza termica, definita in base alla tipologia di elemento (elemento parete, copertura, infissi ecc) e in base alla zona climatica.
Il territorio italiano infatti presenta un’ampia varietà climatica, e con il DPR 412/93 è stato quindi suddiviso in 6 zone climatiche, dalla A alla F, caratterizzate da gradi giorno (GG) differenti.
Per ogni zona climatica cambiano i requisiti normativi che il progettista deve rispettare come ad esempio la trasmittanza dei componenti edilizi, l’inerzia termica, e anche parametri legati all’utilizzo dell’edificio come la determinazione del periodo di riscaldamento.
L’applicazione del coibente esternamente permette di sfruttare al meglio l’inerzia termica della muratura.
In edilizia con inerzia termica si intende la capacità di stoccaggio termico di un componente o di un materiale, la capacità di accumulare calore per cederlo in forma attenuata nel tempo.
Sono due i parametri che la contraddistinguono: lo sfasamento termico (in ore) e l’attenuazione, fattore che varia da 0 a 1 (1 corrispondente ad una struttura con inerzia nulla). Quando la radiazione solare arriva sulla muratura si assiste ad un progressivo riscaldamento degli strati che la compongono, se lo strato più esterno è un materiale isolante questo surriscaldamento avverrà più lentamente. L’inerzia termica ed in particolare lo sfasamento termico hanno particolare influenza nel comportamento estivo dell’edificio, ecco quindi come il cappotto esterno rappresenta una valida soluzione anche nelle località caratterizzate da un clima mite e più soggette a surriscaldamento estivo.
Altro motivo per cui il cappotto esterno risulta un’ottima soluzione per il contenimento dei consumi, è che permette di ridurre notevolmente l’influenza dei ponti termici in quanto l’isolante può avvolgere queste zone complesse
I ponti termici, definiti dalla norma UNI EN ISO 10211 come parte dell’involucro edilizio dove la resistenza termica cambia in modo significativo a causa di discontinuità materiche o dimensionali, rappresentano da sempre i punti più critici degli edifici per numerosi motivi. Attraverso i ponti termici, infatti, avvengono le principali dispersioni specifiche del flusso di calore, sono zone spesso colpite da infiltrazioni d’acqua, aree dove può avvenire formazione di condensa superficiale o interstiziale fino ad arrivare alla formazione di muffa.
Recentemente si è posta una sempre maggiore attenzione sulla tematica “ponti termici”, anche dal punto di vista normativo sono previste analisi sempre più dettagliate e che analizzino nello specifico i nodi al fine di identificare la soluzione più efficace.
La scelta dell’isolante e la realizzazione del cappotto
Ad oggi sul mercato sono presenti moltissime tipologie di materiali isolanti, caratterizzati da prestazioni e caratteristiche differenti. Questi materiali possono essere classificati in base alla loro composizione, se organici o inorganici, ed anche in base all’origine, quindi se sintetici, di origine vegetale o animale.
A caratterizzare la capacità di isolamento è la conducibilità termica λ (W/mK), grandezza fisica che esprime la capacità dei materiali di condurre calore quando convezione e irraggiamento sono trascurabili.
Altro parametro da attenzionare è il fattore di resistenza al passaggio del vapore acqueo μ, parametro adimensionale che influisce significativamente sul comportamento delle murature in quanto descrive il comportamento dei materiali al passaggio del vapore al loro interno.
Oltre alle caratteristiche prestazionali del materiale in sé, la scelta riguardante l’isolante da utilizzare deve tenere conto di diversi fattori che possono modificare la risposta delle murature. Affinché l’intervento garantisca un reale miglioramento delle prestazioni dei componenti è bene tenere conto di:
- Zona climatica
- Tipologia costruttiva (cassavuota, mattoni pieni, pietra...)
- Applicazione (parete, copertura ecc)
- Altezza edificio
- Sostenibilità e ciclo di vita del materiale
- Destinazione d’uso del fabbricato
- Umidità relativa dell’ambiente
- Requisiti acustici e antincendio
Qualunque sia l’isolante previsto è bene identificare un “ciclo di cappotto” che ne garantisca l’idoneità, l’efficacia e la durata nel tempo. La certificazione ETA ha proprio questo scopo, quello di garantire che il sistema di isolamento a cappotto sia costituito da componenti testati per lavorare tra loro e che sia stato progettato e assemblato secondo quanto prescritto. L’ETA è una certificazione volontaria su richiesta del produttore che attesta la validità del sistema a livello europeo. È bene poi richiedere la marcatura CE dei materiali per il cappotto e la “DoP” Dichiarazione di prestazione, documento che riporta le prestazioni di quel dato prodotto e tramite il quale il produttore si assume la responsabilità di conformità prestazionale.
Identificate le superfici di intervento e definito il tipo di isolante nella fase progettuale, in cantiere il cappotto verrà realizzato da manodopera specializzata tramite l’applicazione di:
- Collante: la stesura del collante sulla parete esistente
- Pannello isolante: applicazione dello strato coibente in facciata, evitando la formazione di fessure tra una lastra e l’altra e prevedendo un opportuno sfalsamento dei pannelli. Si procede poi seguendo lo schema di tassellatura previsto e facendo attenzione ad evitare un’eccessiva penetrazione dei tasselli nell’isolante
- Rasante: si passa alla stesura del primo strato di rasante, il tipo da utilizzare dipende dalle caratteristiche del materiale isolante applicato
- Rete d’armatura: generalmente in fibra di vetro, è applicata a mano o a macchina quando la rasatura è ancora fresca
- Rasante: vi è poi l’applicazione del secondo strato di rasante
- Finitura esterna: dal tradizionale intonaco, alle piastrelle delle facciate incollate, alle finiture in pietra tipiche dei basamenti, sarà cura del progettista identificare il rivestimento più adatto o proporre una nuova estetica dell’edificio proponendo ad esempio una soluzione come la facciata ventilata.
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