Intervento di riqualificazione col Superbonus 110%? Un progetto di alta sartoria cucito addosso
Dalla rubrica a firma di Sergio Pesaresi "Consigli non Richiesti" un articolo per utilizzare al meglio il superecobonus 110%. In questo caso un consiglio su come utilizzare il Superbonus non per sfruttare l'incentivo ma per rendere l'edificio.
CONSIGLIO NON RICHIESTO N.3
I Consigli Non Richiesti è una rubrica a firma di Sergio Pesaresi. Una rubrica sottovoce che cerca di approfondire alcune tematiche importanti e problematiche per aiutare i progettisti a scegliere la strada migliore.
Un buon progetto di riqualificazione energetica è un lavoro di alta sartoria. L’abito va cucito addosso all’edificio, per valorizzarne le belle forme e correggerne le deformità. Di seguito qualche consiglio per sfruttare al meglio le opportunità del superbonus.
Un progetto di alta sartoria cucito addosso
In questo periodo sembra che il mantra ricorrente sia “Ristrutturo la casa per sfruttare il superbonus 110%” e questo ritornello rischia di condizionare negativamente l’approccio del progettista nei riguardi dell’intervento da proporre al cliente. Sembra che il progetto debba limitarsi unicamente a soddisfare i requisiti economici posti alla base della detrazione fiscale. L’approccio progettuale deve rimanere, invece, quello qualitativo: “Utilizzo il superbonus 110% per ristrutturare (meglio) la casa”. Il superbonus deve rimanere un incentivo a migliorare l’accuratezza del lavoro e non diventare il totem che ingabbia la creatività progettuale e che limita la qualità del risultato finale.
Quelli che chiamiamo ormai amichevolmente “interventi trainanti” sono da intendersi non come dei paraocchi che ci obbligano a seguire un percorso prestabilito quanto piuttosto una password che dà accesso ad un vasto mondo di possibilità progettuali che ci può condurre al vero obiettivo del nostro lavoro: il risparmio energetico coniugato al miglioramento del comfort abitativo.
Un buon progetto di riqualificazione è un lavoro di alta sartoria. L’abito va cucito addosso all’edificio, per valorizzarne le belle forme e correggerne le deformità. Perché il medesimo progetto non può adattarsi bene a due diversi edifici così come un vestito prêt-à-porter può magari adattarsi a molti ma non calza a pennello a nessuno.
Il percorso progettuale di riqualificazione deve partire dallo studio approfondito dell’edificio, da un rilievo puntuale delle stratigrafie delle murature e della copertura, dei serramenti presenti e dell’impianto termico. Deve indagare a fondo, magari con l’uso di una termocamera a raggi infrarossi, per individuare i ponti termici, i punti critici per muffa e condensa, i passaggi d’aria non voluti (spifferi) e altri punti problematici per comprendere appieno il comportamento dell’edificio in regime invernale e in regime estivo per individuarne le criticità da risolvere con l’intervento di progetto.
Una volta chiarito il quadro all’interno del quale si deve operare, il progetto deve affrontare la sfida culturale di questo contesto operativo: saper coniugare in modo coerente e, direi, integrato l’obiettivo primario della riqualificazione (estetica, energetica, distributiva, di interior-design e del comfort abitativo) con i parametri che ne permettano la sostenibilità economica tramite il credito fiscale.
Con questo modo di operare il superbonus diventa il finanziatore del progetto e non il suo secondino.
Accesso al credito tramite la sostituzione del generatore di calore
Se l’accesso alle detrazioni fiscali avviene unicamente attraverso la sostituzione del generatore di calore (senza cioè la possibilità della formazione del cappotto termico), il progettista può inserire quest’opera all’interno di un intervento più articolato finalizzato al raggiungimento degli obiettivi indicati sopra.
La transizione energetica alle rinnovabili
La mera sostituzione del generatore di calore non determina una diminuzione del fabbisogno energetico di un edificio, ma può diminuire, o addirittura annullare, l’uso di energia fossile non rinnovabile e può rappresentare la password di accesso ad altri interventi (trainati) complementari finanziati dal superbonus. Il progetto può prendere spunto da queste poche considerazioni:
• La sostituzione del generatore di calore può trainare l’installazione dei pannelli fotovoltaici che producono energia elettrica pulita con evidenti vantaggi ambientali.
• Se la situazione contingente lo permette, è sicuramente più ecosostenibile scegliere un nuovo generatore che utilizzi l’energia elettrica quale vettore energetico invece di energia fossile.
• Una pompa di pompa di calore elettrica trae il 75% dell’energia in entrata dall’ambiente e il restante 25% dall’energia elettrica. Abbinando a questo intervento l’installazione di un numero sufficiente di pannelli fotovoltaici si potrebbe alimentare la pompa di calore non con l’energia elettrica di rete (che è energia ambientalmente “sporca” perché derivata per il 50% da energia fossile e per il 4% dal nucleare) ma con l’energia fotovoltaica (che è più pulita).
• L’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici e non utilizzata al momento può essere immagazzinata in accumulatori (anch’essi detraibili) e utilizzata per alimentare la casa nelle ore di buio.
• Un altro intervento che porta vantaggi ambientali e di risparmio energetico è quello che prevede la sostituzione dei fornelli di cucina a gas (fonte di energia non rinnovabile) con fornelli ad induzione elettrica che utilizzano l’energia fotovoltaica.
• L’impianto dei pannelli fotovoltaici può infine alimentare la centralina di ricarica delle batterie delle auto elettriche. È appena il caso di evidenziare che per quanto detto sopra è un controsenso ambientale ricaricare le batterie di un’auto elettrica con l’energia elettrica di rete.
Risparmio energetico e comfort abitativo
La sostituzione del generatore di calore non ha influenza sul comfort abitativo e sul risparmio energetico ma può rappresentare la password di accesso ad altri interventi (trainati) complementari finanziati dal superbonus che possano risolvere alcune evidenti criticità. Eccone indicati alcuni:
• Isolare i cassettoni delle serrande. I cassettoni delle serrande sono normalmente costituiti da un telaio in legno-compensato con un frontalino sfilabile che rappresenta l’unica barriera al freddo proveniente dal vano retrostante in cui si raccoglie la serranda. Isolare l’interno del cassettone con accessori appositi ormai presenti sul mercato aiuta a diminuire lo spreco inutile di energia termica e a migliorare il comfort abitativo perché aumenta la temperatura superficiale interna del cassettone stesso.
• Isolare le nicchie dei radiatori. Spesso i radiatori sono posizionati all’interno di nicchie ricavate al di sotto delle banchine delle finestre, La nicchia comporta una diminuzione di spessore della parete e conseguentemente una diminuzione della temperatura superficiale che causa un elevato discomfort abitativo oltre che a generare spreco energetico. L’isolamento delle nicchie (realizzato possibilmente con materiali con superficie basso-emissiva) rappresenta una facile soluzione progettuale con ottimi risultati.
• Protezioni solari. L’Italia ha una conformazione climatica veramente variegata che spazia dai ghiacciai eterni delle Alpi al caldo torrido delle isole siciliane. Così in molte zone il problema termico non è isolarsi dal freddo ma proteggersi dall’insolazione estiva. Per cui installare protezione solari all’esterno delle finestre fisse o movibili può significare una diminuzione energetica della climatizzazione estiva e un miglioramento del comfort.
• Pannelli contro la muffa. In mancanza di formazione del cappotto esterno e in presenza di problematiche dovute alla formazione di muffe si può progettare un isolamento interno con pannelli a basso spessore di calcio-silicato che, creando un ambiente basico, possono evitare che la muffa attecchisca.
Accesso al finanziamento tramite la formazione di cappotto termico
La seconda possibilità di accesso al credito d’imposta è la formazione del cappotto termico che essendo un intervento trainante permette anche l’impiego di altri interventi (trainati) complementari finanziati dal superbonus.
Il progettista può inserire la formazione del cappotto termico all’interno di un progetto più vasto che possa risolvere le problematiche emerse dalla diagnosi iniziale.
Un cappotto quattro stagioni
Il cappotto termico è l’intervento che più di ogni altro può assicurare risparmio energetico e comfort abitativo. È una tecnologia complessa che richiede una specifica conoscenza ed esperienza sia nella fase di progettazione che nella fase di realizzazione in cantiere.
Per riprendere la metafora del progettista-sarto, possiamo dire che egli deve confezionare un cappotto che protegga sia dal freddo dell’inverno che dalla calura estiva. Noi infatti vestiamo il cappotto in inverno e ce lo togliamo poi d’estate per indossare fresche T-shirt o addirittura il costume da bagno. Il nostro edificio no, non può. Deve continuare ad indossare lo stesso cappotto tutto l’anno e deve continuare ad assicurarci benessere termico in tutte le stagioni. Fortunatamente quello che può sembrare impossibile per un sarto di vestiti è invece realizzabile per un progettista-sarto di edifici.
Secondo l’approccio qualitativo il progettista deve progettare un cappotto che, primariamente, garantisca il raggiungimento degli obiettivi di isolamento termico e di benessere per l’intero arco dell’anno e che, nel contempo, permetta il doppio salto di classe necessario per l’accesso al credito fiscale.
I parametri di cui deve tenere conto sono la trasmittanza termica U in regime invernale e la trasmittanza termica periodica Yie in regime estivo. Il primo parametro U si basa sulla caratteristica di conduttività del materiale utilizzato e sul suo spessore, mentre il secondo ne sfrutta la densità ρ e la capacità termica Cp. Nel periodo invernale il cappotto deve limitare il flusso termico che attraversa la parete dall’interno verso l’esterno mentre in estate deve garantire l’attenuazione dell’onda termica entrante e il suo sfasamento temporale di almeno 12 ore.
La qualità è nel dettaglio
Il progettista deve curare i dettagli necessari a risolvere o attenuare tutti i ponti termici presenti nell’edificio. La cura dei dettagli è la misura della qualità del progetto, mentre il salto di classe rappresenta unicamente l’accesso al finanziamento dell’opera.
Vi sono alcuni ponti termici che per la loro “invadenza” e per la difficoltà di risoluzione vengono spesso volutamente ignorati, ma che un buon progetto non può evitare di risolvere. Ecco alcuni esempi:
1. Isolamento delle spallette delle finestre. Isolare le spallette crea indubbiamente problemi tecnici e normativi legati alla presenza dell’infisso e alla diminuzione delle dimensioni del foro finestra e, di conseguenza, del rapporto aero-illuminate della stanza retrostante. Ma, di converso, la mancanza di isolamento delle spallette comporta l’instaurarsi di basse temperature superficiali interne che posso essere causa di muffa e di condensa.
2. Isolamento di balconi e sporti. L’isolamento termico di un balcone risulta il più delle volte problematico per la presenza di ringhiere o muretti di recinzione e del pavimento. Ma è un intervento che va fatto e che va progettato e verificato preventivamente.
Sinergie trainate
L’intervento di formazione del cappotto termico ben si adatta ad essere affiancato da tutti gli interventi indicati dal DL Rilancio come interventi trainati, primariamente la sostituzione dei serramenti e la posa di oscuranti che rappresentano il logico completamento dell’involucro edilizio.
Accesso al finanziamento tramite la formazione di cappotto termico e la sostituzione del generatore di calore
Se l’accesso alle detrazioni fiscali avviene attraverso entrambi gli interventi trainanti il progettista può predisporre un intervento ben strutturato e completo perché i due interventi trainanti riguardano l’uno l’involucro e l’altro gli impianti. È quindi auspicabile che il progettista li utilizzi entrambi perché dalla loro combinazione e con il supporto di quelli “trainati” il progetto può assumere quella completezza che permette di raggiungere gli obiettivi di qualità ricercati. In questo caso la riqualificazione può spingersi fino a determinare prestazioni pari a quelle di un nuovo edificio ad energia quasi zero, il famoso nZEB.
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