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Interventi di riabilitazione strutturale: la sostituzione degli architravi

Vademecum per la progettazione ed esecuzione di interventi di riabilitazione strutturale che prevedono la sostituzione degli architravi con nuove travi in acciaio. Presente anche una tavola di un particolare costruttivo.

Interventi di riabilitazione strutturale: nuovi architravi

Uno degli interventi più importanti nella riabilitazione strutturale di un edifico esistente riguarda la sostituzione e/o realizzazione di nuovi architravi, si tratta di un’operazione che richiede attenzione e competenza tecnica, in quanto gli aspetti da prendere in considerazione sono molteplici, ma vediamo insieme come progettarli senza commettere errori di valutazione.

 

Cosa sono e perché sostituire gli architravi

Architravi

Gli architravi sono quegli elementi di sostegno posti al di sopra delle aperture nelle pareti, svolgono un ruolo fondamentale per la ridistribuzione dei carichi all’interno della struttura e garantiscono il collegamento tra i vari setti murari.

Non esiste ristrutturazione che si rispetti se non prevede almeno la sostituzione di qualche architrave.

Negli interventi di ristrutturazione una delle prime cose da indagare è proprio la conformazione e lo stato di conservazione degli architravi presenti, questi possono essere di diversa tipologia:

  • in mattoni;
  • in pietra;
  • in legno;
  • in acciaio.

Le problematiche riscontrate sono molteplici e sono dovute a:

  • deterioramento;
  • danneggiamento;
  • ammaloramento (tipico nei legni);
  • sezioni resistenti insufficienti;
  • ammorsamento insufficiente;
  • ridotta curvatura degli elementi ad arco.

La sostituzione in questo caso si rende obbligatoria e dona all’edificio notevoli benefici statici e sismici.
Non solo, la sostituzione o realizzazione di nuovi architravi può rendersi necessaria anche nei casi di una ristrutturazione degli spazi interni che preveda la modifica delle aperture.

 

Quindi da dove partiamo quando dobbiamo progettare un intervento di riabilitazione strutturale?

Cerchiamo di seguire una sequenza logica che ci porti in maniera sistematica alla comprensione delle eventuali problematiche ed infine alla soluzione dei problemi riscontrati o dei requisiti richiesti.

Partiamo perciò da un’attenta ricognizione dell’edificio, fase della Diagnosi per poi passare alla fase della progettazione vera e propria.

 

La fase di diagnosi

La diagnosi di un edificio esistente è la base di partenza di ogni buon intervento di ristrutturazione, dall’accuratezza di questa fase ne dipende poi la buona riuscita dei lavori.
Quando ci troviamo a dover intervenire su un edificio, il rilievo e la diagnostica iniziale giocano un ruolo cruciale per la definizione degli eventuali interventi di riabilitazione strutturale.

La necessità di essere chiamati a dover eseguire tale tipo di indagine scaturisce da esigenze “volontarie” da parte dei committenti di eseguire una ristrutturazione edilizia o “involontarie” ovvero di ripristino del fabbricato a seguito di un danneggiamento (vedi il Terremoto del Centro Italia 2016, Emilia Romagna 2015, Aquila 2009, ecc…)

Ad ogni modo prima di stabilire la necessità ed eventualmente la terapia del “paziente”, occorre sempre avere una diagnosi quanto più completa possibile del fabbricato, al fine di definire il quadro generale della situazione, “l’Anamnesi” sarà pertanto costituita da:

  • rilievo geometrico di dettaglio;
  • rilievo materico;
  • quadro fessurativo (se siamo in presenza di un danneggiamento).

LEGGI ANCHE Proposta di istruzioni tecniche operative per rilievo e diagnosi del quadro fessurativo

Questi elementi già di per se ci aiutano ad avere una visione d’insieme della struttura, che potrà essere ulteriormente approfondito, in base alle necessità, con un piano di indagini stratigrafici e strutturali volto a caratterizzare in maniera più accurata e precisa la tipologia e le caratteristiche meccaniche degli elementi strutturali.

NB: In questa fase non abbiate paura di sporcarvi, armatevi di tutti gli strumenti di rilievo necessari quali carta, penna, metri di varia tipologia (flessometro, distanziometro laser, ecc...) e di quelli un po' meno convenzionali, quali torce, martellina, mazzetta, scalpello e per i PRO un demolitore a batteria, magari da utilizzare con il supporto di un operaio qualificato.

   

Progettazione dell'intervento

A questo punto si può iniziare ad impostare la progettazione degli interventi, architettonici e strutturali, necessari a rispondere alle esigenze dei committenti con lo scopo anche di ottenere il rafforzamento locale o globale della struttura.

 

Tipologie di intervento

A livello strutturale sappiamo bene che gli interventi previsti dalle attuali Norme Tecniche sulle costruzioni 2018 vengono classificati in tre categorie:

  • Interventi di riparazione o locali;
  • Interventi di miglioramento;
  • Interventi di adeguamento;

sulla base della sequenza logica ed operativa.

Tali indicazioni hanno messo fine all’era degli interventi di sola sottrazione in quanto l’obiettivo da perseguire è in ogni caso il rafforzamento della struttura.

 

La sostituzione degli architravi

Tralasciando i casi di rinforzo degli architravi esistenti, non oggetto di tale trattazione, nei casi in cui si renda necessaria la sostituzione degli architravi, uno dei materiali maggiormente utilizzati negli edifici in pietra e mattoni, tipici del nostro patrimonio edilizio, è l’acciaio (rispetto al cemento armato ed il legno).

Si tratta di travi in carpenteria metallica, profilati tipo HEA o IPE accoppiati tra loro, adeguatamente ammorsati nella muratura (appoggio di almeno 30 cm per ogni lato).

 

Figura 1 – Realizzazione di nuovi architravi in travi di acciaio
Figura 1 – Realizzazione di nuovi architravi in travi di acciaio. (@Marco Cagnoni)

  

Le fasi dell’intervento prevedono:

  • puntellamento degli architravi esistenti e dei solai che gravano sulla parete;
  • demolizione della muratura soprastante per la metà dello spessore murario, la breccia da realizzare dovrà essere stabile e per tale motivo viene eseguita ad arco
  • eventuale ripristino delle spalle murarie;
  • inserimento delle travi in acciaio;
  • ripetere il procedimento dal lato opposto dell’apertura.

CONSIGLIO
Qualora la qualità muraria sia scadente, al fine di evitare la disgregazione incontrollata della parte sommitale dell’apertura, si consiglia di valutare la possibilità di eseguire interventi di bonifica preventiva mediante ristilatura profonda dei giunti, iniezioni di malta localizzate o placcaggio con intonaco armato, da valutare caso per caso.

       

Benefici della sostituzione degli architravi

I benefici apportati dagli architravi sono notevoli in quanto svolgono un ruolo fondamentale per la ridistribuzione dei carichi all’interno della struttura e garantiscono il collegamento tra i vari setti murari.

A beneficiarne è anche il comportamento dinamico della struttura in quanto, se opportunamente verificati, contribuiscono ad incrementare la rigidezza dei setti murari, di fatti nei modelli di calcolo si potrà considerare un contributo di irrigidimento delle aste verticali limitrofe alle aperture.

Nell’ analisi statica non lineare Pushover, maggiormente rappresentativa dell’effettivo comportamento della struttura, si avrà pertanto una riduzione degli spostamenti a discapito di una maggiore sollecitazione dei singoli setti murari che saranno oggetto di apposita valutazione.

  

Realizzazione di nuove aperture

Nel caso di realizzazione di nuove aperture dobbiamo sapere che, chiudere un’apertura esistente per aprirne una nuova sulla medesima compagine muraria, dal punto di vista strutturale, non è la stessa cosa.

Riflettiamo, gli edifici in muratura vengono costruiti per “sedimentazione” dei materiali che vengono disposti l’uno sull’altro fino alla costruzione completa del corpo di fabbrica, questo fa sì che si venga a creare uno stato tensionale di compressione via via crescente nelle murature dall’alto verso il basso.

Nella realizzazione di una nuova apertura il “flusso tensionale” migra sulle parti piene della muratura residua, per fare un’analogia basti pensare ad un flusso d’acqua verticale interrotto da un ostacolo, questo si divide in due parti.

Quando si chiude un’apertura esistente con blocchi o mattoni portanti, difficilmente riusciremo a ripristinare o indurre in tale chiusura il carico della parte di edificio soprastante.

Pertanto la nuova apertura andrà a generare una sollecitazione maggiore sulle porzioni di muratura preesistenti, ottenendo uno stato tensionale differente rispetto ad una parete omogenea e coeva.

Questo non vuol dire che non sono ammesse aperture su muri portanti, ma si deve analizzare bene la situazione valutando anche l’influenza che ha l’intervento sull’Unità Strutturale, non affidandosi solamente a ciò che restituiscono i programmi di calcolo:

  • cercare di rispettare la Regola dell’arte realizzando nuove aperture opportunamente distanziate dagli incroci d’angolo (regola di 1 metro dall’angolo);
  • garantire una certa continuità verticale delle bucature;
  • se l’intervento è globale, ovvero riguarda anche altre parti della struttura, allora si potrebbe pensare che, scaricando gran parte del peso della parte soprastante a seguito delle demolizioni (intonaci, fondelli, pavimenti, ecc..), la quota parte del peso che andremo a rintrodurre potrà essere portata dalle nuove chiusure di aperture esistenti o nicchie;
  • si può pensare di puntellare i solai dal basso verso l’alto sempre per il medesimo scopo;
  • inoltre è bene prestare attenzione alle parti di muratura esistenti rimanenti, in quanto inevitabilmente, saranno maggiormente caricate;
  • togliendo l’intonaco sarà possibile verificare la qualità muraria e, se necessario, prevedere un intervento di rinforzo.

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Immagini

@Marco Cagnoni

Figura 2 – Esempio di particolare costruttivo inerente la realizzazione di nuovi architravi in travi di acciaio

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