Interventi di miglioramento sismico in edifici prefabbricati esistenti
Gli eventi sismici registrati nel Maggio del 2012 in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia hanno messo in luce le vulnerabilità degli edifici prefabbricati industriali tipici del panorama italiano già evidenziate in precedenti terremoti.
Gli edifici in oggetto sono stati costruiti prima dell’entrata in vigore delle recenti normative antisismiche e presentano carenze costruttive principalmente legate al trasferimento delle sollecitazioni orizzontali: ad oggi numerosi edifici industriali presentano connessioni affidate al solo attrito.
Proprio l’assenza e/o il sottodimensionamento delle connessioni tra gli elementi strutturali ha indotto i danni maggiori agli edifici industriali nella sequenza sismica del Maggio 2012. L’incapacità di trasferire le sollecitazioni orizzontali tra gli elementi strutturali ha causato la perdita dell’appoggio degli stessi e di conseguenza il loro crollo.
Valutazione ed eliminazione delle vulnerabilità
La messa in sicurezza degli edifici prefabbricati industriali deve innanzi tutto risolvere le carenze legate all’assenza o all’insufficienza delle connessioni tra travi e pilastri e tra travi ed elementi di piano prefabbricati e impedire il collasso degli elementi di tamponatura o dei pannelli prefabbricati di chiusura.
È auspicabile che tali interventi siano compatibili con lo schema statico scelto in fase di progettazione, solitamente quello di telaio incernierato, oppure che si tenga in considerazione l’effettivo grado di vincolo realizzato dalle nuove connessioni valutando la domanda che ne consegue sia sugli elementi strutturali che sulle connessioni.
È importante valutare inoltre la compatibilità in termini di spostamento tra gli elementi collegati. I sistemi di rinforzo dovrebbero essere progettati in modo che il collasso del singolo collegamento sia preferibilmente duttile anziché fragile.
In presenza di connessioni ad attrito, l’obiettivo primario è l’inibizione degli spostamenti relativi tra gli elementi. Questo obiettivo può essere perseguito tramite più approcci:
- aggiungendo dispositivi meccanici di collegamento tra i singoli elementi (Figura 1 a);
- introducendo vincoli aggiuntivi nel sistema strutturale. Nell’esempio di Figura 1 (b) si osserva che l’inserimento di tiranti in acciaio evita l’allontanamento relativo dei pilastri e di conseguenza la perdita d’appoggio dei tegoli.
- realizzando un comportamento a diaframma della copertura.
Vengono nel seguito presentate alcune tra le vulnerabilità principali presenti in edifici industriali prefabbricati e le relative possibili soluzioni di miglioramento sismico.
Figura 1 - Soluzioni per l’inibizione degli spostamenti relativi:
a) aggiunta di dispositivi meccanici di collegamento;
b) introduzione di vincoli aggiuntivi nel sistema strutturale.
Elementi strutturali orizzontali
La disposizione strutturale tipica delle strutture prefabbricate industriali è caratterizzata da elementi orizzontali costituiti da travi precompresse a doppia falda o, per campate minori, da travi precompresse con sezione ad L, I o T rovescia.
Gli elementi di copertura sono principalmente costituiti da tegoli precompressi a doppia T (o a “pi greco”) o da elementi shed o micro-shed con profilo alare, alternati o meno da file di aperture per l’illuminazione naturale. Eventuali solai d’interpiano possono essere sia di tipo alveolare sia a doppio T a seconda del carico verticale.
Come anticipato, nella pratica costruttiva passata i tegoli erano semplicemente appoggiati sulle travi portanti e il trasferimento delle azioni orizzontali era basato sul solo attrito: nessun collegamento era previsto tra elementi adiacenti costituenti la copertura così come non era previsto alcun getto integrativo (cappa in c.a.) in opera. In assenza di una cappa di completamento in c.a. e in assenza di collegamenti tra le flange dei tegoli prefabbricati, la copertura è da considerarsi flessibile. I carichi orizzontali indotti dal sisma sulla copertura agiscono direttamente sulle travi che subiscono quindi delle sollecitazioni nel fuori piano tipicamente non previste in fase progettuale.
Oltre a questo, la trave subisce una rotazione nel fuori-piano associata alla rotazione in sommità dei pilastri causata dallo spostamento laterale indotto dalle sollecitazioni sismiche; tale rotazione della trave nel fuori piano causa un’eccentricità dei carichi verticali (ossia i carichi gravitazionali trasferiti dalla copertura alla trave) rispetto all’asse baricentrico della trave, inducendo sulla stessa un momento torcente aggiuntivo da tenere in considerazione.
Per migliorare le performance fuori piano delle travi è possibile agire su due fronti: incrementare la capacità flessionale della trave nel fuori piano oppure ridurre la domanda di carico laterale.
La prima soluzione è ottenibile per esempio mediante l’impiego di piastre in acciaio o di materiali rinforzati con fibre a matrice polimerica (FRP - Fiber Reinforced Polymers) da posizionare ai lati della trave (Figura 2, a). La seconda soluzione è ottenibile organizzando la copertura in modo da agire come diaframma di piano.
Nel caso di tegoli a TT, il comportamento a diaframma della copertura può essere conseguito predisponendo sull’estradosso della copertura delle connessioni tra elementi adiacenti, senza comportare un’interruzione delle attività industriali (Figura 2, b). È opportuno che le connessioni inserite per conseguire il comportamento a diaframma, siano dotate di duttilità per accomodare le richieste di spostamento/rotazione relative tra gli elementi collegati.
Figura 2
a) Soluzione previste per il miglioramento della capacità flessionale della trave nel fuori piano;
b) intervento di retrofit per il conseguimento di un comportamento a diaframma di piano rigido della copertura.
Quando la copertura presenta limitate aperture per l’illuminazione è possibile, in conformità alla soluzione di retrofit appena vista, dare continuità al trasferimento delle forze di piano tramite l’introduzione di elementi reticolari in acciaio che attraversano i lucernari. Se la copertura è realizzata con elementi a shed, micro-shed o altri elementi di forma “aperta” e le aperture sono realizzate prevedendo uno spazio tra elementi adiacenti consecutivi, il diaframma di piano può essere indotto introducendo tiranti diagonali nel layout strutturale e rinforzando la connessione tegolo-trave in corrispondenza dei nodi. Così facendo i tegoli agiscono come elementi compressi.
In fase di modellazione a elementi finiti della copertura, per ottenere una più realistica valutazione delle sollecitazioni sulle connessioni tegolo-trave, i tegoli possono essere inseriti come elementi beam collegati alla trave che li sorregge tramite molle che simulino la rigidezza delle connessioni ivi presenti. Tuttavia è a favore di sicurezza dal punto di vista delle sollecitazioni considerare le connessioni tegolo-trave come delle cerniere.
Le travi andranno anch’esse modellate come elementi beam. Per coglierne il comportamento fuori-piano nel caso di coperture flessibili le singole travi andranno discretizzate in un numero maggiore di elementi. Il collegamento trave-pilastro deve rappresentare il più verosimilmente possibile il grado di vincolo effettivamente presente o quello che si andrà a creare con l’aggiunta di nuovi sistemi di collegamento.
L'ARTICOLO COMPLETO E' DISPONIBILE IN ALLEGATO
Nell'articolo completo gli interventi per la messa in sicurezza degli edifici prefabbricati industriali dovuti ad assenza o insufficienza delle connessioni tra travi e pilastri e tra travi ed elementi di piano prefabbricati e per impedire il collasso degli elementi di tamponatura o dei pannelli prefabbricati di chiusura.
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