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Interventi abusivi e Testo Unico edilizia: la legittimità si valuta con la normativa vigente al momento della realizzazione

La legittimità di un'opera edilizia non va saggiata con riferimento all'aderenza alla normativa sopravvenuta rispetto all'intervento ma secondo le regole operanti al momento in cui lo stesso si realizza e la sua consistenza si apprezza da parte dell'amministrazione.

Ci sono precisi momenti nei quali va valutata la legittimità - o meno - di un'opera edilizia: il 'tempo giusto è quello inerente non la normativa 'sopravvenuta', cioè quella magari attuale, ma quella vigente al momento della realizzazione dell'intervento stesso.

Questo principio viene ribadito con forza dal Consiglio di Stato nella sentenza 8593/2023 del 29 settembre, riferita - tra l'altro - al diniego di sanatoria ex art. 36 TU Edilizia, la successiva ordinanza di demolizione e il nuovo diniego sull’istanza di sanatoria, reiterata nel corso del giudizio, il tutto relativo ad opere che avevano interessato il sottotetto di proprietà dei ricorrenti, la cui trasformazione a fini abitativi era stata regolarizzata da provvedimento di accoglimento di domanda di condono.

Il momento corretto per valutare la legittimità

Il Consiglio di Stato conferma l'operato del comune e anche la sentenza del TAR competente, in quanto la legittimità di un’opera edilizia non va saggiata con riferimento all’aderenza alla normativa sopravvenuta rispetto all’intervento ma secondo le regole operanti al momento in cui lo stesso si realizza e la sua consistenza si apprezza da parte dell’amministrazione.

La regola della doppia conformità e il divieto della sanatoria con prescrizioni

Non solo.

Palazzo Spada ricorda che, peraltro, l’art. 36 D.P.R. 380/2001 esige la doppia conformità ovvero quella al tempo di realizzazione delle opere e quella al momento della presentazione dell’istanza, senza che possa darsi rilievo allo ius superveniens rispetto a tali momenti (Cons. Stato Sez. VI, 06 aprile 2023, n. 3549 secondo cui “Il requisito della c.d. "doppia conformità", per come costruito dall'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 spinge a ritenere inammissibile la concessione di una sanatoria con prescrizioni atteso che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 cit., richiede che l'intervento edilizio risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Corollario di ciò è che il titolo in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti postulerebbe, in contrasto con l'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 citato, non già la "doppia conformità" delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni”).

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La legge 'sopravvenuta' è irrilevante

In ogni caso, concludono i giudici del Consiglio di Stato, deve sempre ritenersi irrilevante lo ius superveniens al fine di legittimare un’opera edilizia.

Secondo la giurisprudenza “occorre considerare il dato normativo che consente la qualificazione dell’intervento realizzato a prescindere dalle successive evoluzioni della categoria che, diversamente opinando, si tradurrebbero nell’applicazione retroattiva dello ius superveniens al fine di qualificare un intervento in precedenza realizzato” (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 gennaio 2022 n. 8900).


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Allegati

Abuso Edilizio

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