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Inquinamento indoor: anche basse concentrazioni di polveri sottili mettono a rischio la salute

Lo studio ENEA e CNR rivela che l'inquinamento indoor, causato da polveri sottili provenienti dal traffico urbano, è pericoloso quanto quello esterno, aumentando i rischi di malattie respiratorie e cardiache anche a basse concentrazioni.

Inquinamento indoor e salute: polveri sottili del traffico urbano nei nostri ambienti

L'inquinamento indoor, soprattutto nelle aree urbane, può avere un impatto sulla salute paragonabile a quello dell'aria esterna, con possibili conseguenze su malattie respiratorie, cardiache e persino tumorali. Questo è uno dei principali risultati emersi da uno studio condotto da ENEA e dall'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima del CNR (CNR-ISAC), in collaborazione con le Università La Sapienza di Roma e Milano-Bicocca, nell’ambito del progetto (VIEPI -Valutazione Integrata dell’Esposizione al Particolato Indoor* guarda in fondo il video di ENEA), finanziato da Inail e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution.

Lo studio ha rivelato che il particolato fine (PM2.5) e ultrafine (PM0.1), generato dal traffico cittadino, quando penetra in ambienti chiusi, può attivare una risposta infiammatoria nel tessuto bronchiale umano. Questa reazione avviene attraverso specifici geni legati all’infiammazione e a un meccanismo biochimico che permette al nostro organismo di identificare, trasformare ed eliminare le sostanze estranee come forma di difesa.

Grazie a un sistema biotecnologico portatile, sviluppato per la prima volta a livello mondiale dai ricercatori coinvolti, lo studio ha analizzato la reazione delle cellule polmonari umane esposte a nanoparticelle di aerosol atmosferico (PM2.5 e PM0.1) all'interno di un'aula dell'Università La Sapienza di Roma. Le misurazioni sono state condotte nell'arco di 24 ore, comprese le ore di lezione.

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Modifiche chimico-fisiche del particolato in ambienti indoor

"Abbiamo osservato che le caratteristiche chimico-fisiche dell’aerosol atmosferico esterno, principalmente influenzato dal traffico e dalle condizioni meteorologiche (come bassa pressione, pioggia e vento), subiscono significative alterazioni quando si infiltrano in spazi chiusi," spiegano Massimo Santoro (ENEA) e Francesca Costabile (CNR-ISAC), autori principali dello studio, al quale hanno contribuito, tra gli altri, anche Maria Giuseppa Grollino e Barbara Benassi della divisione ENEA di Biotecnologie, Maurizio Gualtieri (Milano-Bicocca), Matteo Rinaldi (CNR-ISAC), Paolo Monti (Sapienza Università di Roma), Armando Pelliccioni e Monica Gherardi (Inail)."Questo aumenta il potenziale tossicologico del particolato fine e ultrafine, aggravato dalla presenza delle persone e dai sistemi di ventilazione all'interno delle aule."

La ricerca fornisce un'importante base scientifica per supportare l'adeguamento delle normative sulla qualità dell’aria indoor in vari contesti, come uffici, abitazioni e luoghi pubblici. Il ruolo critico del particolato fine e ultrafine, come veicolo per molecole tossiche, è un aspetto che richiede particolare attenzione per la tutela della salute umana.

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L'impatto delle condizioni meteorologiche sulla qualità dell'aria indoor: in condizioni di pioggia e bassa pressione il PM0.1 aumenta la sua tossicità

Lo studio mette in evidenza come le condizioni meteorologiche e la qualità dell’aria esterna influenzino notevolmente le proprietà del particolato all'interno degli edifici. In particolare, il PM0.1, una frazione di particolato estremamente sottile, proveniente dal traffico urbano, diventa la principale fonte di tossicità negli ambienti indoor quando si verificano condizioni atmosferiche specifiche, come bassa pressione o pioggia. Questo avviene anche a concentrazioni molto basse (inferiori a 5 microgrammi per metro cubo) di PM2.5, una soglia ritenuta sicura dalle attuali normative.

La ricerca ha rivelato che, a basse concentrazioni, il PM0.1 può fungere dal cosiddetto "cavallo di Troia", trasportando all'interno dell'organismo molecole altamente tossiche. Questo aspetto sottolinea la necessità di rivedere non solo gli standard per la qualità dell'aria indoor, ma anche quelli per l'aria esterna, poiché esposizioni prolungate a queste particelle possono avere effetti significativi sulla salute.

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L’inquinamento indoor e le sorgenti di emissioni: il 97% delle persone vivono in ambienti chiusi

La maggior parte della popolazione urbana trascorre fino al 97% del proprio tempo in ambienti chiusi. Le principali fonti di inquinamento indoor includono l’infiltrazione di aria esterna, spesso contaminata dal traffico e dal riscaldamento, e le emissioni interne, come il fumo di tabacco, l’uso di prodotti per la pulizia e la cottura dei cibi. Il quesito centrale dello studio era capire se le fonti di inquinamento indoor più pericolose fossero interne o esterne.

I risultati hanno dimostrato che il PM0.1, proveniente dal traffico urbano, si modifica chimicamente una volta penetrato negli edifici, diventando la fonte di inquinamento più tossica, anche rispetto a sorgenti interne. Questo sottolinea l'importanza di considerare l'interazione tra inquinamento esterno e interno nella regolamentazione della qualità dell'aria indoor.

"Questo studio fornisce evidenze scientifiche cruciali per lo sviluppo di nuovi standard sulla qualità dell'aria indoor e per la revisione delle attuali normative sull'aria esterna," conclude Francesca Costabile. Le nanoparticelle di PM0.1, anche a basse concentrazioni, possono avere un impatto significativo sulla salute, agendo come veicoli per sostanze tossiche all'interno del corpo umano. Questi risultati rappresentano un passo importante per migliorare la protezione della salute pubblica, sia negli ambienti chiusi che all'aperto.

 

 

Fonte: ENEA

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