Ingegneria Strutturale | Progettazione | Rinforzi Strutturali | Miglioramento sismico
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Innovazione nel mondo delle strutture: il metodo "try and error" nei collassi, i rinforzi ed esempi progettuali

La storia dell’innovazione strutturale con un focus sulle categorie, sulle conseguenze di un processo "try and error" nelle strutture, e sull'evoluzione del settore, con alcuni esempi attuali e storici.

Definizione di innovazione nel settore delle strutture 

A grandi linee l’innovazione nel settore delle strutture può sembrare analoga a quella di tutti gli altri settori; a ben vedere, invece, si differenzia drasticamente. L’articolo presenta il pensiero dell’autore sul tema, nella speranza che, un po’, possa contribuire a riportare l’ingegneria strutturale a quel ruolo centrale per la società che aveva in passato, prima di trasformarsi da ingegneria a ragioneria.

Le innovazioni nel settore delle strutture sono classificabili in quattro categorie.

 

Prima categoria: inventiva progettuale

Questa categoria verte sulla concezione strutturale, sui criteri di progettazione e analisi, sui tipi e sulle forme. La definizione è quella corrente, che deriva dal latino invenio: trovare, scoprire soluzioni strutturali nuove.

 

Seconda categoria: materiali, componenti, tecniche, sistemi

Questa categoria verte sui prodotti da costruzione. La definizione è legislativa, non linguistica: è innovazione tutto ciò che non rientra in una norma armonizzata (i.e., stampata sulla Gazzetta Ufficiale Comunità Europea).

Una norma armonizzata è emanata da un ente di normazione europeo; indica come verificare i requisiti fissati da una Direttiva in materia di sicurezza, salute e tutela dell’ambiente. Deve essere recepita delle legislazioni nazionali. Lo stesso può essere fissato da una Raccomandazione; il suo recepimento è però facoltativo.

Gli Eurocodici conseguono a una Raccomandazione (del 2003): sono norme volontarie emanate dal Comitato Europeo di Normazione. L’Italia ha però voluto una normativa propria: le Norme Tecniche sulle Costruzioni.

 

Terza categoria: modalità, metodi e strumenti di lavoro

Questa categoria comprende le innovazioni sulle modalità costruttive e di varo, sui metodi di controllo e di monitoraggio, sul cantiere, sulle manutenzioni, sugli strumenti di progettazione, di analisi e di calcolo.
Qui però, l’innovazione è solo nel settore di provenienza, mentre nel settore strutturale trattasi solo di avanzamenti: modalità, metodi e strumenti per migliorare la qualità della progettazione, del lavoro e delle opere.

 

Quarta categoria: normative

Che l’evoluzione delle normative strutturali comporti cambiamenti nel settore è fuori discussione. La OPCM 3274/2003 in particolare lo ha modificato drasticamente, come mai era accaduto in quasi cento anni di norme strutturali. Tanto che le normative da quella in avanti possono essere denominate “di nuova generazione”.

Che quei cambiamenti siano da ascriversi a un progresso è invece largamente discutibile. L’avere riconosciuto l’effettiva pericolosità sismica delle zone italiane è stato sicuramente un avanzamento. Al contrario i pesanti apparati di analisi e di verifica introdotti dalle normative di nuova generazione sia riducono l’ingegneria alla ragioneria – i due termini non fanno rima, ma solo una cacofonia (vedasi la frase conclusiva dell’articolo) – sia non garantiscono un livello di sicurezza e una qualità costruttiva maggiore rispetto alle normative precedenti.

    

Innovazione nel settore delle strutture vs. innovazione negli altri settori

In qualsiasi settore, compreso quello delle strutture, l’innovazione non può che procedere in modo try and error, poiché comporta sempre effetti imprevedibili o comunque non previsti. Nel settore delle strutture, tuttavia, sia la fase try sia la fase error assumono connotazioni assai diverse rispetto a qualsiasi altro settore.

Una cosa è provare una innovazione in una produzione seriale (industria, manifattura) oppure in applicazioni seriali (medicina, biologia). Ben altra cosa è provarla per le strutture, le quali sono sempre pezzi unici, uno diverso da tutti gli altri, dove l’innovazione si declina in modo differente a seconda della situazione specifica.

Una cosa è testare una innovazione che può essere sperimentata completamente e in tutte le sue condizioni, compreso quelle estreme. Ben altra cosa è testare una struttura reale, la quale non permette sperimentazioni che comportino danneggiamenti e le cui dimensioni consentono solo prove parziali e limitate.

Una cosa è un errore che comporta il malfunzionamento o la difettosità di un apparato o di un dispositivo. Ben altra cosa è un errore che comporta il crollo o il danneggiamento di una costruzione.

Una cosa è un errore su manufatti la cui vita di servizio è di qualche anno e che quindi viene individuato dopo poco tempo. Ben altra cosa è un errore su manufatti la cui vita di servizio è di qualche decennio e che quindi viene individuato quando l’innovazione è stata largamente applicata. Si pensi ai copriferri del CA, alle iniezioni dei cavi da CAP, ai bulloni, alla fatica nell’acciaio: error che furono individuati molto tempo dopo il loro try.

 

Try and error nel settore delle strutture e collassi strutturali

Se è vero che anche il settore delle strutture non può che procedere in modo try and error, è però anche vero che, stante il ruolo assunto dall’error per le strutture, occorrerebbero cautela e prudenza. Prima di adottare un’innovazione strutturale si dovrebbe valutare quanto sia stata testata preliminarmente, quanto si discosti dalle applicazioni precedenti, quali potrebbero essere le conseguenze negative e dopo quanti anni.

Quelle attenzioni e quelle precauzioni non sono state però adottate in passato. Logica conseguenza, tutte le principali innovazioni strutturali hanno dato luogo a collassi causati da fenomeni non previsti. Esempi: la carpenteria metallica, il telaio, le reticolari, il CAP, le bullonature, le saldature, i ponti sospesi e strallati, le travi acciaio-calcestruzzo, i pilotis e la prefabbricazione in zona sismica, le costruzioni leggere, le strutture in parete sottile, i compositi, il vetro strutturale.

I fenomeni che hanno causato il collasso di quelle innovazioni, allora furono sorprese negative, ora fanno parti dei corsi universitari di base. Esempi: l’instabilità, la propagazione della frattura, le cadute e le perdite del tiro della precompressione, i carichi della neve, il taglio del CA, l’interazione vento-struttura, il piano soffice e il pilastro debole in zona sismica, la robustezza, la risonanza.

La cautela e la prudenza sopra auspicate non sono state adottate neppure di recente: molte nuove soluzioni nel settore della sismica sono state immesse nel mercato forse un po’ frettolosamente. In occasione dei futuri terremoti speriamo di non dover assistere a collassi strutturali causati da altri fenomeni non previsti.

Anche le innovazioni che sembrano controllabili possono comportare fenomeni non previsti. Emblematica è la diga a gravità. Il suo funzionamento sembrerebbe semplicissimo. In realtà una diga comporta un fenomeno di non immediato riconoscimento: la riduzione di resistenza al ribaltamento e allo scorrimento causata dalle sottopressioni dell’acqua che filtra. Agli inizi (primo ‘900), il fenomeno non era stato previsto e più di qualche diga a gravità collassò.

Solo dopo alcuni crolli, quelle che prima erano cause occulte di fenomeni luttuosi – le sottopressioni idrauliche – furono scoperte e diventarono parte delle azioni di progetto (Fig. 1).
 

Figura 1 – Da sinistra a destra: sezione verticale semplificata di una diga a gravità (in genere, anche il paramento di monte è obliquo); carichi considerati ai primi del ‘900 e relativi equilibri limite (in rosso la forza risultante); carichi effettivamente agenti sulla diga (sottopressioni idrauliche alla base).
Figura 1 – Da sinistra a destra: sezione verticale semplificata di una diga a gravità (in genere, anche il paramento di monte è obliquo); carichi considerati ai primi del ‘900 e relativi equilibri limite (in rosso la forza risultante); carichi effettivamente agenti sulla diga (sottopressioni idrauliche alla base).

  

Una delle poche eccezioni sembrerebbe essere il cemento armato. Tuttavia, se è vero che il cemento armato non ha fatto morti in modo sistematico e diretto, è però anche vero che ha richiesto e richiede nel mondo miliardi di euro/dollari all’anno per il ripristino, poiché i fenomeni che dettano la durabilità sono diventati noti solo sul campo a partire dagli anni ‘70 e la durabilità rientra pienamente tra gli obiettivi della progettazione solo dalla fine degli anni ‘90.

Una cosa deve però essere detta. Sì, tutte le innovazioni strutturali hanno dato luogo a collassi. Tuttavia, il numero di strutture che sono collassate è infinitamente minore rispetto al numero di strutture che teoricamente avrebbero dovuto (e dovrebbero) collassare. Se si ha una visione animista del mondo, le strutture sono da ritenersi spiriti benigni: anche se mal progettate, mal dimensionate, maltrattate, sfruttate, abusate, tormentate, depauperate, trascurate, le strutture non serbano rancore, a differenza degli uomini, ma sempre profondono una generosità estrema. E difatti resistono al collasso, non solo dando fondo a tutte le risorse che possiedono, ma anche trovando forze inaspettate, contributi che a priori sembrerebbero impossibili.

Un esempio è dato degli edifici alti d’acciaio americani. Il primo grattacielo al mondo è l’Home Insurance Building (Fig. 2), realizzato a Chicago nel 1885 (inizio lavori nel 1884), purtroppo demolito nel 1931 (il termine skyscraper verrà introdotto qualche anno dopo). Inizialmente i piani in elevazione erano 10, per una altezza di 42.1 m. Nel 1890 fu sopraelevato di 2 piani e raggiunse i 54.9 m. I muri perimetrali furono considerati come una pelle. Fu il primo edificio al mondo sia con tante e ampie finestre sia progettato per portare tutti i carichi con un telaio: pilastri in ghisa, travi in acciaio (anche qui, primo edificio al mondo a prevederle) o in wrought iron (acciaio povero, di prestazioni scarse) incernierate (appoggiate) ai pilastri. Ebbene, la struttura non era controventata (telaio con nodi a cerniera). Quella struttura era dunque teoricamente labile: avrebbe dovuto crollare, e non solo per l’azione del vento, ma già solo per il peso proprio (per instabilità).

   

Figura 2 – Da sinistra a destra: Home Insurance Building nel 1885 e nel 1890, rispettivamente; schema statico.
Figura 2 – Da sinistra a destra: Home Insurance Building nel 1885 e nel 1890, rispettivamente; schema statico.

   

Il primo edificio americano a struttura metallica che previde esplicitamente il controventamento è il Manhattan Building (Fig. 3), realizzato a Chicago nel 1891 (inizio lavori nel 1889), tuttora esistente (restaurato nel 1982). I piani in elevazione inizialmente erano 12 (9 nelle ali). Poi, nel 1891, furono aggiunti 4 piani: fu il primo edificio al mondo a raggiungere 16 piani (52 m di altezza). La struttura è composta da pilastri di ghisa e travi d’acciaio più controventi metallici a croce di sant’Andrea. Ai livelli inferiori i controventi consistono addirittura in cavi pretesati.

  

Figura 3 – Manhattan Building: immagini in successione temporale da sinistra a destra.
Figura 3 – Manhattan Building: immagini in successione temporale da sinistra a destra.

  

Dunque, tutti gli edifici alti costruiti in America tra il 1885 e il 1889, e pure un po’ dopo (e anche tanti telai metallici di edifici ordinari), non erano controventati e avevano i nodi incernierati: erano teoricamente labili. Per fortuna i tamponamenti e i tramezzi, quantunque sia leggeri sia con numerose e ampie aperture, riuscirono a prevenire la crisi per instabilità dei pilastri e a portare l’azione del vento. Quindi non si registrano crolli.

A ben vedere, però, già prima del 1891 gli Americani si ritrovavano in casa una costruzione metallica controventata: la Statua della Libertà. Infatti, la struttura del monumento che Gustav Eiffel aveva progettato consisteva in un telaio (travi e pilastri) con controventamento: una reticolare verticale. Quando nel 1886 assemblarono i pezzi costituenti il monumento, gli Americani vennero quindi a conoscenza del controventamento metallico. A quanto pare, però, non scattò l’illuminazione e il sistema non fu subito esportato negli edifici.

 

Innovazione e riproposizione o riconfigurazione

Nel settore strutturale l’innovazione è spesso un qualcosa che già esisteva e che viene riproposto in un contesto diverso.

Un esempio è l’edificio alto con struttura a diagrid. Questo tipo strutturale è comparso sulla scena urbana nel 2004, per opera di Norman Foster (Fig. 4): 30 St. Mary Axe, a Londra nella City, detto The Gherkin (180 m, 41 piani; progetto strutturale: Arup). Seguito nel 2006 dalla Hearst Tower, a New York (8th Avenue; Midtown Manhattan), sempre di Foster (182 m, 46 piani; progetto strutturale: WSP Group).

   

Figura 4 – Sinistra e centro: 30 St. Mary Axe (in rosso due maglie del diagrid). Destra: Hearst Tower.
Figura 4 – Sinistra e centro: 30 St. Mary Axe (in rosso due maglie del diagrid). Destra: Hearst Tower.

 

L’innovazione è però soltanto nell’uso del diagrid nell’edificio alto. Il diagrid in sé fu proposto nel 1896 dall’ingegnere russo Vladimir Grigor’evič Šuchov, il quale, per l’esposizione di Niznij Novgorod (Gorkij, Russia), progettò e costruì un serbatoio a diagrid (tuttora esistente, spostato in un altro luogo) e un padiglione, sempre a diagrid (Fig. 5). Il diagrid debutta dunque tra gli edifici alti nel XXI secolo ma fu introdotto alla fine del XIX.

Il diagrid si presta molto per i grattacieli, perfino più delle strutture a tubo. Viene da domandarsi se i 108 anni di attesa del diagrid prima di esordire negli edifici alti siano da ascriversi a quella prudenza prima auspicata, dato che la riproposizione in un contesto diverso di un qualcosa che già esiste è anch’essa un’innovazione.

Quei due edifici sono stati un modello di riferimento per un largo numero di edifici alti (l’architettura più di qualche volta copia, se non addirittura “ruba”): il diagrid è stato adottato in molti grattacieli, alcune opere di Pritzker Architecture Prize.

Questa è un’altra responsabilità che grava sull’innovazione strutturale: viene replicata. Perciò gli eventuali error si moltiplicano. Una innovazione diventa un modello di riferimento non solo per essere copiato (Fig. 5) ma anche per essere variato. Sennonché una variazione sul tema è una innovazione ulteriore; quindi, aggiunge incertezza.

  

Figura 5 – Sinistra e centro: serbatoio e padiglione entrambi a diagrid, del 1896. Destra: edificio alto a diagrid.
Figura 5 – Sinistra e centro: serbatoio e padiglione entrambi a diagrid, del 1896. Destra: edificio alto a diagrid.

  

Esempi di variazioni sul tema dei due edifici sopra citati sono il Tod’s flagstore a Tokyo, progettato da Toyoo Itō e realizzato nel 2004, e il Prada Aoyama (o Prada Boutique Aoyama) sempre a Tokyo, progettato da Jacques Herzog e Pierre de Meuron e realizzato nel 2003 (Fig. 6). Le strutture dei due edifici sono pseudodiagrid: oltre alle maglie triangolari includono maglie a 4 o 5 lati. Quelle sono assoggettate soltanto a forze assiali, mentre queste anche a momento flettente e taglio (entrambi gli edifici sono isolati sismicamente alla base).

Se è vero che il diagrid altro non è che una reticolare spaziale e come tale l’innovazione rientra nell’inventiva progettuale, la quale comporta rischi minori, è però anche vero che il diagrid rende possibili forme che prima non lo erano. Si pensi (Fig. 6) alla China Central Television a Pechino, progettata da Rem Koolhaas e realizzata nel 2008 (234 m; 51 piani) e a Capital Gate (Leaning Tower) ad Abu Dhabi, realizzato nel 2011 (160 m; 35 piani; uffici). Trattasi di forme che, prima dell’avvento del diagrid, non erano possibili.

  

Figura 6 – Da sinistra a destra: Tod’s flagstore, Prada Aoyama, China Central Television, Capital Gate.
Figura 6 – Da sinistra a destra: Tod’s flagstore, Prada Aoyama, China Central Television, Capital Gate.

  

Tirando le somme, una innovazione ha molteplici responsabilità. Oltre a quella diretta, relativa alla costruzione che la propone e la ospita, è indirettamente responsabile di tutto ciò che suggerisce. In particolare, certe innovazioni possono permettere morfologie mai viste prima. Ad esempio, il rinforzo delle volte in muratura con materiali compositi rende possibili rapporti spessore/luce che non esistono nel costruito storico.

Talvolta l’innovazione nel settore strutturale è la mera riconfigurazione di una tecnica nota da anni. Un esempio è il rinforzo del cemento armato mediante materiali compositi. Trattasi infatti del béton plaqué col composito al posto dell’acciaio. Il risultato è una tecnica meno invasiva e più facile da mettere in opera rispetto al béton plaqué.

Tuttavia, anche la mera riconfigurazione implica un try e quindi può dare luogo a un error. Nell’esempio sopra menzionato il try consiste nella sostituzione degli spinotti d’acciaio con l’incollaggio epossidico. Immancabilmente, ciò ha già dato luogo a error: impreviste crisi per perdita di aderenza del rinforzo (debonding).


L'approfondimento è preso da un intervento realizzato durante l'evento Archidays organizzato dall'Ordine degli architetti e degli ingegneri di San Marino.


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