Innalzamento delle temperature: il Pianeta corre verso il disastro a 2,7°C
Le temperature globali continuano a salire, con il pianeta che si avvia verso un preoccupante aumento di 2,7°C entro il 2100. Nonostante gli impegni dei governi, le azioni concrete sono insufficienti per contenere l’innalzamento delle temperature entro il limite di 1,5°C. Ogni frazione di grado conta per il futuro dell’umanità e della Terra.
Frenare il cambiamento climatico: un obiettivo sempre più lontano
Il cambiamento climatico si conferma una delle sfide più complesse e urgenti del nostro tempo. Un recente rapporto del Climate Action Tracker (CAT), pubblicato in occasione della COP29 a Baku, rivela che il mondo è sulla strada per un aumento delle temperature globali di 2,7°C entro il 2100, ben oltre l’obiettivo di 1,5°C stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015. Questa traiettoria non mostra miglioramenti significativi da almeno tre anni, nonostante i crescenti impegni dichiarati dai governi.
Il quadro delineato dal rapporto è allarmante. Le politiche attuali non solo non sono sufficienti per invertire la tendenza, ma l’aumento delle emissioni prosegue a un ritmo di circa 0,3°C per decennio. Anche se i paesi rispettassero pienamente i loro obiettivi per il 2030, la temperatura globale aumenterebbe comunque di 2,6°C entro la fine del secolo. Lo scenario più ottimistico, che prevede l’attuazione completa degli impegni a lungo termine e delle promesse di neutralità carbonica, porterebbe comunque a un incremento di 1,9°C, lontano dal limite ideale di 1,5°C.
Questo risultato dipende in larga parte dal paradosso dell’energia pulita. Nonostante gli investimenti record nelle energie rinnovabili e la diffusione dei veicoli elettrici, l’espansione della domanda globale di energia ha fatto sì che i combustibili fossili continuassero a giocare un ruolo dominante. Le sovvenzioni ai combustibili fossili, che hanno raggiunto livelli senza precedenti, annullano di fatto gli effetti positivi delle tecnologie a basse emissioni. Di conseguenza, l’obiettivo di “piegare la curva” delle emissioni rimane fuori portata.
L’articolo pubblicato su The New York Times da Brad Plumer e Mira Rojanasakul sottolinea anche il peso delle decisioni politiche. Ad esempio, la possibile rielezione di Donald Trump potrebbe portare a un aumento delle temperature globali di alcune decine di gradi centigradi entro il 2100, erodendo ulteriormente la fiducia nella leadership climatica degli Stati Uniti. Tuttavia, il problema non è limitato agli Stati Uniti: molti paesi non hanno ancora trasformato le loro promesse in azioni concrete, rendendo difficile raggiungere gli obiettivi stabiliti.
Ciò che emerge con chiarezza è che il tempo stringe e ogni decimo di grado di riscaldamento conta. Superare la soglia di 1,5°C non significa automaticamente il fallimento, ma sottolinea l’urgenza di ripensare le strategie globali. Ridurre rapidamente le emissioni rimane fondamentale per limitare i rischi climatici, come ondate di calore estreme, incendi, siccità e la perdita di biodiversità.
In questo contesto, la COP29 rappresenta un’opportunità cruciale. I leader mondiali devono alzare il livello delle loro ambizioni e tradurle in azioni immediate. Senza un cambiamento drastico nelle politiche climatiche entro il 2030, il mondo rischia di superare i limiti critici, con conseguenze devastanti per le generazioni future.
Fonti:
• Climate Action Tracker, Global Update – November 2024.
• Brad Plumer, Mira Rojanasakul, The New York Times (14 novembre 2024).
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