Ingegneria e metodi costruttivi del Ponte Genova – San Giorgio
La costruzione del Ponte Genova San Giorgio è un caso unico nel campo delle grandi infrastrutture, con un tempo di realizzazione di sedici mesi, compresso rispetto al precedente Ponte Morandi. Coinvolgendo l'architetto Renzo Piano, l'obiettivo era non solo di ripristinare una struttura essenziale, ma anche di creare un'opera d'arte, affrontando sfide progettuali e costruttive significative. Questo lavoro analizza le scelte che hanno guidato il processo di progettazione e costruzione, considerando le implicazioni economiche ed emotive del crollo precedente.
La costruzione del Ponte Genova San Giorgio rappresenta un unicum nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali. In conseguenza delle rilevanti ricadute economiche e prima ancora emozionali provocate dal crollo del preesistente Ponte sul Polcevera, i tempi richiesti per il completamento dell’opera sono stati compressi a sedici mesi per progettazione, costruzione e collaudo, quando il “Morandi” – struttura più complessa ma realizzata in contesto indubbiamente più favorevole – richiese più di quattro anni per la sola costruzione. La decisione di restituire alla città di Genova un’opera d’arte in senso stretto, coinvolgendo un architetto di rilievo di internazionale come Renzo Piano, ha reso ulteriormente sfidante un’impresa già intrinsecamente difficile. Nel descrivere l’opera e la sua genesi questo lavoro spiega le principali ragioni delle scelte progettuali e costruttive adottate.
Date le incertezze sull'integrità strutturale delle parti rimaste in piedi, è stata decisa la demolizione e ricostruzione integrale del ponte
Realizzato tra il 1963 e il 1967 il viadotto Polcevera ha rappresentato una pietra miliare nella storia dell’ingegneria civile italiana, tanto per l’arditezza delle soluzioni tecniche adottate che per la sua pregevole e peculiare estetica. Posto all’allaccio tra le autostrade A10 – di cui era parte – e A7, da un punto di vista infrastrutturale il “Morandi” costituiva uno dei nodi più importanti della viabilità nazionale, concorrendo a formare il principale collegamento tra il porto di Genova e la pianura Padana. Il crollo, la mattina del 14 agosto 2018, di una porzione di circa 250 m in scavalco del torrente Polcevera ha quindi costituito un evento calamitoso sotto molteplici punti di vista: umano certamente, alla luce delle quarantatré vittime, dei sedici feriti e delle centinaia di sfollati; economico, per gli ingenti danni, soprattutto indiretti, provocati dall’interruzione del collegamento autostradale; ingegneristico, dato il rilievo “storico” del ponte.
A garanzia degli ambiziosi tempi di ricostruzione, stabiliti in “dodici – sedici mesi”, il governo allora in carica decide di ricorrere alla legislazione speciale, nominando, con c.d. “decreto Genova” (d.l. 28/9/2018), un commissario ad acta per la ricostruzione del ponte, successivamente individuato nel sindaco di Genova, Marco Bucci. In conseguenza delle incertezze sull’integrità strutturale delle parti rimaste integre e dei costi di manutenzione, viene rapidamente decisa la demolizione e ricostruzione integrale.
Mancando un progetto approvato, finanche a livello preliminare, la procedura di aggiudicazione è stata conformata alle prescrizioni della direttiva UE 2014/24. Il 16 novembre 2018 viene pubblicato un invito a manifestare interesse a partecipare alla procedura negoziata per l’aggiudicazione dell'appalto di demolizione, ricostruzione (o entrambe). Le imprese interessate sono invitate a presentare entro venti giorni un progetto di fattibilità che includa prezzo e durata dei lavori. Delle dieci offerte per sola costruzione, solo due vengono selezionate per la fase di negoziazione. Il 18 dicembre 2018 i lavori sono affidati al consorzio PerGenova (una JV Webuild/Fincantieri Infrastructures), per un corrispettivo di 202 mln di euro per una durata dei lavori fissata in 18 mesi.
Il Contesto
Vincoli progettuali
La concezione dell’opera è stata indirizzata da molteplici vincoli esterni, primo fra tutti la durata dei lavori, nonché: il rispetto del disegno architettonico consegnato in fase di gara, il mantenimento dei raggi planimetrici dell’infrastruttura precedente, la salvaguardia dell’edificio storico Ansaldo, gli allacciamenti all’A7, alla rampa est dell’A10 e alle gallerie lato ponente, escludendo qualsiasi intervento strutturale sulle infrastrutture esterne al ponte. Tanto ha comportato che il tracciato del nuovo ponte San Giorgio ricalchi quello del vecchio Polcevera, con alcune lievi modifiche atte a ridurre le interferenze con i sottoservizi e a limitare quelle con le fondazioni del “Morandi”, peraltro risultando in un miglioramento delle prestazioni dal punto di vista stradale.
Vincoli realizzativi
L’opera è inserita in un contesto complesso: il viadotto (il nuovo come il vecchio) sovrappassa un’area urbana densamente costruita ed interessata da quattro arterie stradali di collegamento tra la Val Polcevera e il Medio Ponente, da un parco ferroviario e da tre linee in esercizio (linee “Bastioni”, “Sommergibile” e “Sussidiaria”) nonché dal torrente Polcevera.
In particolare il vincolo posto dalla Struttura Commissariale di mantenere costantemente aperte alla circolazione pubblica almeno due viabilità su quattro ha comportato la segmentazione del cantiere in quattro sezioni e reso particolarmente lento e disagevole il collegamento fra le parti.
Il concetto architettonico
L’estetica dell’opera, in ragione della sua alta valenza simbolica, ha ricoperto un’importanza primaria nel progetto, superiore certamente alla prassi, in particolar modo dei ponti a travata. Fin dalla fase di gara, il consorzio PerGenova ha sposato la soluzione concettuale sviluppata da Renzo Piano nelle settimane successive al crollo e donata alla città di Genova. Il progetto del nuovo ponte è stato pertanto improntato alla “semplicità” e alla “sobrietà”, come da visione del suo ideatore, che insieme al Renzo Piano Building Workshop (RPBW) ha curato la direzione artistica dell’opera, supervisionandone la progettazione e la realizzazione in ogni fase.
In omaggio alla vocazione marinara della città l’impalcato in acciaio richiama nella forma lo scafo di una nave “ancorata nella valle”, coadiuvato in questo dalla presenza di diciotto “pennoni” alti 28m, che forniscono il supporto all'illuminazione stradale.
Iter di sviluppo del progetto
Le esigenze dettate dal programma lavori e la mancanza di un progetto di riferimento, finanche a livello Preliminare, hanno reso necessaria l’adozione di uno specifico iter di sviluppo progettuale. Fatto salvo per lo studio di fattibilità tecnico-economica, finalizzato alla presentazione dello studio di impatto ambientale, il progetto, a firma Italferr s.p.a, è stato sviluppato direttamente a livello di Esecutivo.
Il PE è stato a sua volta suddiviso in tre livelli di approfondimento successivo, con i primi due a costituire l’Esecutivo vero e proprio, ed il terzo a ricomprendere i disegni costruttivi e d’officina nonché la progettazione di alcune parti d’opera accessorie, come i pennoni o il sistema di monitoraggio e ispezione. Tanto ha permesso di iniziare le operazioni di approvvigionamento dei materiali e soprattutto della fabbricazione dell’impalcato metallico già nel marzo 2019, a valle dell’emissione del parere del CSLLPP.
In conseguenza delle specificità sopra descritte, il ponte S. Giorgio è una delle prime opere in Italia (e certamente la prima tra le infrastrutture maggiori) ad essere stato progettato secondo le più recenti Norme Tecniche delle Costruzioni 2018, a cui si sono aggiunte le prescrizioni del Manuale di Progettazione e del Capitolato Generale Tecnico delle Opere Civili RFI, in virtù del fatto che tre delle campate dell’opera sovrappassano linee ferroviarie attive.
Descrizione dell'opera
Configurazione planimetrica
Il nuovo ponte Genova – S. Giorgio si compone di un asse principale di complessivi 1067.17 m, orientato approssimativamente lungo l’asse est- ovest, e di una rampa di 117.71 m, che intersecando il predetto tra le pile P17 e P18 permette l’immissione del traffico proveniente dall’autostrada A7. Per consapevole scelta architettonica l’intero impalcato, tanto dell’asse principale, quanto la rampa, non presenta soluzione di continuità. L’asse principale ha una scansione luce pile, procedendo da ponente, 8x50m + 3x100m + 6 x50m + 40.9m + 26.27m.
Le irregolarità delle ultime due campate in approccio alla spalla di levante sono dovute all’opportunità di evitare interferenze con le fondazioni delle pile del “Morandi”. L’andamento planimetrico dell’asse principale si presenta curvilineo tra la spalla di ponente e la pila P5, rettilineo o quasi per il restante tratto; la rampa ha sviluppo interamente curvilineo, con campate scandite 35.1m + 44.795m+ 37.819m, misurate a partire dalla spalla.
Caratteristiche generali dell’impalcato
L’impalcato del ponte San Giorgio è realizzato mediante una travata in acciaio con soletta in calcestruzzo. L’asse principale ha una sezione di larghezza 27.2m e vede la presenza di due travi metalliche di altezza prevalente 4.11m, disposte ad un interasse di 7.00m, collegate inferiormente a mezzo di una lamiera metallica ricurva e superiormente a mezzo di una controventatura o di predalle metalliche.
Il cassone che ne risulta è irrigidito da diaframmi trasversali posti ad interasse 4545mm. I trasversi sono costituiti internamente da elementi reticolari ed esternamente da coppie di “remi” a formare uno schema tirante-puntone. Una lamiera di fondo irrigidita ad asse curvilineo, non collaborante con le travi principali, realizza la continuità estetica dell’intradosso dell’impalcato.
In asse alle pile il diaframma viene realizzato a (doppia) parete piena. Il collegamento con gli apparecchi d’appoggio, e quindi le pile, è garantito è realizzato con della “gambe” o “piedi” in acciaio in cui è presente anche un ritegno trasversale che svolge anche la funzione di zona di spinta dei martinetti per il sollevamento per la manutenzione dei dispositivi di vincolo.
La soletta, in calcestruzzo armato, parzialmente prefabbricata, viene realizzata con modalità e dimensioni differenti per le luci da 50m o da 100m: per le prime, sono adottate lastre tralicciate in c.a. con fondello di spessore 70mm, per un’altezza complessiva della soletta di 280mm. Per le seconde, il getto di 250mm avviene su predalles in acciaio di spessore 5mm, saldate alle piattabande di travi e traversi.
I tralicci sono in ogni caso orditi nella direzione longitudinale dell’impalcato con i fondelli che appoggiano sui trasversi. La rampa di innesto presenta una sezione di dimensioni ridotte, essendo a servizio di un’unica corsia di marcia. Da un punto di vista strutturale l’impalcato presenta analogie con la travata principale. Merita invece menzione la modalità di connessione tra i due impalcati, che viene realizzata prolungando le travi della prima a partire dalla pila P1R fino ad innestarle sul diaframma di pila P16.
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La presente memoria è tratta da Italian Concrete Conference - Napoli, 12-15 ottobre 2022
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