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Infortuni in cantiere: per le cadute dall'alto senza parapetto la responsabilità è del datore di lavoro

La condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.

La caduta da un'apertura nel pianerottolo delle scale privo di parapetto con conseguente infortunio del lavoratore in cantiere configura responsabilità diretta del datore di lavoro.

Lo ricorda la Corte di Cassazione nella sentenza 46481/2023 dello scorso 22 novembre, interessante perché ricorda le regole e fissa i paletti-limite oltre i quali non c'è possibilità, per il datore di lavoro, di appellarsi alla condotta impropria del lavoratore in caso di infortunio.

 

L'infortunio: caduta da un'apertura nel pianerottolo

Nel corso di alcuni lavori di pulizia di un immobile comunale consistenti nella selezione e successivo trasporto di materiali vari disseminati nelle varie stanze, un lavoratore era salito al primo piano e, nel ridiscendere le scale fisse, aveva perso l'equilibrio cadendo attraverso un'ampia apertura esistente nel pianerottolo totalmente sprovvisto di papetto, precipitando da un altezza di 2 metri sul piano di campagna sottostante.

A causa dell'infortunio, egli aveva riportato lesioni personali gravi (politrauma con fratture costali multiple e 129 giorni di assenza dal lavoro).

 

Le colpe del datore di lavoro

All'imputato/datore di lavoro, quali profili di colpa, sono stati addebitati l'imprudenza, la negligenza, l'imperizia e la violazione:

  • dell'art. 64, comma 1 lett. a) (in relazione all'allegato IV), d.lgs 81/2008 (Testo Unico Sciurezza Lavoro), per avere omesso di adottare misure idonee a non esporre i lavoratori dipendenti al rischio di caduta nelle zone non protette come le scale fisse che conducevano ai piani superiori e ai pianerottoli, completamente privi, sui lati aperti, di parapetto normale, di ringhiera o di altra difesa equivalente;
  • dell'art. 18, comma 1 lett g), d.lgs n. 81/2008 per avere omesso di inviare il lavoratore alla vista medica entro le scadenza previste dal programma di sorveglianza sanitaria;
  • dell'art. 37 del d.lgs n. 81/2008, per avere omesso di assicurare allo stesso una formazione adeguata e sufficiente in materia di salute e di sicurezza.

 

La condotta negligente del dipendente

Secondo il datore di lavoro/ricorrente, sarebbe da attribuire al lavoratore la responsabilità dell’infortunio a causa del suo comportamento imprudente e contrario alle direttive di non operare in quel punto.

 

Caduta dall'alto: non può esserci esonero di responsabilità dentro l'area di rischio

La Cassazione respinge il ricorso, evidenziando che, in tema di infortuni sul lavoro, il principio informatore della materia è quello per cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, Rv.).

All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, i giudici supremi ribadiscono il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

In ogni caso "perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio del comportamento imprudente".

Così perimetrata la nozione di atto abnorme del lavoratore, nel caso in esame, non può evidentemente in alcun modo essere invocata.

 

La reponsabilità del comune quale soggetto committente

In merito alla presunta responsabilità del comune quale soggetto committente, che 'salverebbe' dalla colpa il datore di lavoro, la Corte di Appello ha giustamente osservato che la responsabilità del Comune non valeva ad escludere quella del datore di lavoro, posto che nel caso di specie erano presenti, semmai, più figure di garanzia e più soggetti obbligati.

L'imputato avrebbe dovuto adeguare e, se del caso (anche ammesso che vi fossero obblighi in capo al committente), far adeguare il sito prima di disporre che i suoi dipendenti vi prestassero l'attività lavorativa.

 

Sicurezza sul lavoro: il principio della causalità additiva

D'altronde - chiude la Cassazione - in tema di sicurezza sul lavoro, vige il principio della c.d. "causalità additiva", in forza del quale, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo di tutela imposto dalla legge, sicché l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile a ogni singolo obbligato.


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