Restauro e Conservazione | Architettura | Calcestruzzo Armato
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Industria tessile Bossi a Cameri, Gregotti-Meneghetti-Stoppino: dibattiti e proposte per la conservazione e il riuso

Il tema dell'invecchiamento dell'architettura del ventesimo secolo è molto complesso e dettagliato. Ma il problema non è solo il degrado: è anche una questione di significati e valori che l'opera architettonica acquista (o perde) nel tempo. La conoscenza dell'architettura e una specifica strategia di riuso potrebbero contribuire a un processo finalizzato alla valorizzazione e alla conservazione di questi edifici, per far sì che continuino a rappresentare una “tappa del pensiero”.

Valorizzazione e riuso dell'architettura del 900'

La decisione di demolire gli edifici progettati da importanti architetti del '900 (complessi residenziali, complessi industriali, singoli edifici, ...) non è solo legata alle pessime condizioni e alla necessità di trasformazione della città, ma è molto più complessa.

In primo luogo, va considerato che nessun proprietario rinuncerebbe a un oggetto pregiato con un valore economico senza un motivo convincente. Si tratta di un processo in cui il prodotto architettonico subisce progressivamente modifiche e perde il suo significato.

È evidente, ad esempio, che nell'immaginario collettivo non c'è nulla che suggerisca tanto periferie anonime e degradate quanto il concetto di “architettura concreta” della seconda metà del Novecento.

Il grigiore, la serialità, il cemento armato prodotto a buon mercato, creano una serie di preconcetti che disturbano, e talvolta distorcono, la nostra lettura e comprensione di opere che traggono la loro forza dalla sperimentazione, dalla variazione nella ripetizione, dalle tecniche costruttive e dal coordinamento modulare.

È il caso di Bossi Factory, un'industria tessile fondata alla fine del XIX secolo a Cameri vicino a Novara nel nord Italia. Un nuovo edificio adibito al reparto filatura fu progettato da Vittorio Gregotti, Lodovico Meneghetti, Giotto Stoppino nel 1968.
Nel 2013 lo stabilimento Bossi chiude e inizia un progressivo smantellamento delle attrezzature e un conseguente degrado degli edifici abbandonati. Alcune parti del complesso sono state vendute e un recente progetto trasforma l'area per la costruzione di un nuovo quartiere residenziale che prevede la demolizione della filanda progettata da Gregotti.

Molte denunce da parte di architetti, associazioni culturali e comunità locali hanno portato a riflessioni più approfondite sul tema della valorizzazione e del riuso dell'architettura del secondo Novecento.

Fabbrica, luogo privilegiato per Gregotti 

«Sono nato a Cameri, in provincia di Novara, nel 1927, in mezzo alle risaie, ma dentro la fabbrica tessile della mia famiglia. Mio padre era il direttore della fabbrica con la passione per il volo e mia madre era una novarese con grande passione musicale [...]. La fabbrica (o meglio, le fabbriche) erano di proprietà della famiglia industriale di mio padre (che possedeva anche le cartiere di Verona) dagli anni Settanta del XIX secolo. Con mio fratello Enrico, di due anni più giovane, avevamo vissuto i nostri primi dieci anni in fabbrica con tutte le curiosità e la fratellanza dei nostri operai giocando al calcio con loro […] ma anche facendo esperienze di lavoro in fabbrica ordinate da mio padre» [Gregotti, 2019].

La fabbrica fu un luogo privilegiato nella vita del giovane Vittorio alla cui memoria ha dedicato la pubblicazione Recinto di fabbrica, nella seconda metà degli anni ’90.

Di questo luogo progettò interventi e ampliamenti in diverse fasi della sua attività, interpretando le nuove esigenze della produzione e della vita della fabbrica. Da giovane architetto con i soci Lodovico Meneghetti e Giotto Stoppino, realizzò alcuni progetti di ampliamento del complesso industriale:

  • le residenze per i dipendenti dell’industria tessile Bossi nel 1954, manufatto di tre alloggi duplex che avrebbe dovuto essere il primo di un complesso di nove appartamenti, poi non realizzati;
  • il secondo edificio residenziale a quattro piani per gli operai nel 1961 e il primo corpo di fabbrica per la filatura costruito nel 1968, ultimo progetto dello studio Architetti Associati prima dello scioglimento e del trasferimento a Milano. Successivamente la Gregotti Associati realizzarono numerose opere, tra cui nel 1980 il corpo di fabbrica per gli uffici.

In particolare, il progetto del corpo di fabbrica per la filatura rappresenta un momento specifico all’interno della riflessione di Gregotti. Segna, infatti, un periodo di svolta nell’approccio culturale al progetto, processo già avviato con la costruzione tra il 1962 e 1964 dei complessi della Cooperativa d’abitazione in via Palmanova, in via Montegani e in via Da Settignano a Milano.

Si tratta di un’evoluzione dell’approccio critico assunto fino ad allora dagli Architetti Associati nei confronti del moderno che allo stesso tempo non si presentava accondiscendente allo storicismo vernacolare, proponendo una linea culturale attenta alle preesistenze ambientali, fisiche e sociali [Morpurgo, 2008].

Una fabbrica del dopoguerra

Il progetto di ampliamento della fabbrica Bossi, che dal 1907 ha sede a Cameri, matura nel contesto milanese del dopoguerra in cui ‒ come ci ricorda Umberto Eco nella prefazione all’edizione francese di Territoire de l’architecture del 1982 ‒ molti architetti, tra cui Vittorio Gregotti e il suo maestro Ernesto Nathan Rogers, diventano gli interpreti delle istanze della borghesia industriale del nord Italia. Si tratta di una caratteristica diffusa nel periodo del boom economico [Crippa, 2007] dove si registra la volontà di coniugare “problemi di scienza, della tecnica, della programmazione industriale” attuando una ricerca formale e compositiva in stretto rapporto con gli artisti, gli scrittori, i filosofi” [Umberto Eco, 1982, p. VI].

Il corpo di fabbrica della filatura per come si presenta oggi è il frutto di numerosi interventi successivi, che iniziarono con un primo progetto degli Architetti Associati nel 1968 e che proseguirono per circa un ventennio ad opera dello studio Gregotti Associati.

Il primo ampliamento fu realizzato a Ovest nel 1971 e consiste in un corpo di fabbrica di 14 x 31 metri adibito allo sballamento del cotone. Nel 1983 la filatura venne ampliata a Est con la realizzazione del magazzino e poi nel 1988 a Nord di via Michelona. A metà degli anni Novanta l’ultimo intervento riguardò la realizzazione di una pensilina adiacente ai magazzini.

Tutti gli interventi si posero in continuità e coerenza costruttiva con l’idea iniziale degli Architetti Associati e ne rappresentarono in diversi modi una sorta di sviluppo nel tempo. In particolare, dimostra questa continuità l’intervento del 1983 su progetto dello studio Gregotti Associati.

Il nuovo corpo di fabbrica si collega al corpo realizzato alla fine degli anni Sessanta, adottandone il medesimo linguaggio formale e costruttivo al punto che ad una lettura veloce potrebbe sembrare che l’intero edificio sia stato realizzato in un unico momento.

Il primo corpo di fabbrica della filatura della fabbrica Bossi

Il primo corpo di fabbrica fu progettato alla fine degli anni Sessanta per accogliere il reparto filatura della Società Bossi fondata nel 1827 da Luigi Molina a Mortara come stabilimento di tessitura per la produzione di cotoni per l’abbigliamento. Al momento del suo trasferimento a Cameri per volere del Cav. Quinto Bossi l’azienda vantava ben 160 telai meccanici e progressivamente la produzione si arricchì dei processi necessari ad ottenere una struttura integrata, dal filato al tessuto, dalla tintoria al finissaggio.

L’ampliamento della fabbrica della fine degli anni Sessanta fu progettato per ospitare il reparto filatura che rappresenta il momento fondamentale per raggiungere il ciclo completo necessario per garantire un prodotto di elevata qualità con costi compatibili con la realtà di mercato.

L’edificio fu progettato oltre il recinto della fabbrica esistente, in un’area a Est già di proprietà della famiglia. «Esisteva già, a prova di questa possibilità, una corta galleria che passava sotto la strada dall’aeroporto e portava in aperta campagna, costruita proprio in previsione di ampliamenti futuri» [Gregotti, 1996].

Il nuovo edificio ha forma rettangolare e dimensione 90 x 30 metri con struttura portante verticale costituita da pilastri in acciaio con interasse 10 metri collegati con travi metalliche su cui poggiano ogni 5 metri capriate metalliche da 30 m di luce. La copertura è realizzata con pannelli sandwich in lamiera zincata e preverniciata, mentre il tamponamento perimetrale è costituito da pannelli a tutt’altezza in calcestruzzo con “Leca espansa”, che conferisce loro un colore rosso mattone. Il coronamento, che funge anche da asola tecnica per gli impianti, è rivestito con lamiera ondulata dipinta in colore bianco appoggiata su una sottile fascia di serramenti che figurativamente rappresentano l’architrave del volume tecnico. Alla razionalità del manufatto destinato alla filatura fanno da contrappunto i volumi in calcestruzzo armato prefabbricato destinati ad ospitare le prese d’aria dell’impianto di areazione; forme asimmetriche iconiche sormontate da enormi cilindri che rappresentano i portali d’ingresso. L’approccio è razionale e rigoroso e la regola geometrica-costruttiva costituisce il filo conduttore del progetto.

Il linguaggio è completamente diverso dalle realizzazioni precedenti e palesa l’indipendenza dai riferimenti storici, sia costruttivi che figurativi. Unica eccezione l’espressività funzionale delle grandi prese d’aria cilindriche e semicilindriche. L’edificio fu realizzato in una prima fase dall’impresa Costruzioni Ing. Andreotti. S.p.A e dall’ing. Giulio Ceruti, a cui nel 1969 subentra la Gherzi Organisation Zurich.

In questo progetto è evidente come sia determinante una “connessione dipendente e immediata con l’idea di produzione e di prodotto industriale” che definisce una connessione intima tra progetto e le regole del fare architettonico ai metodi della produzione industriale” [Gregotti 1986].

I dettagli costruttivi, infatti, sono un approfondimento ineludibile nel metodo di lavoro di Vittorio Gregotti, e testimoniano l’attenzione verso la costruzione e il controllo assoluto del progetto attraverso il disegno.

La costruzione dell’architettura, infatti, avviene a seguito di un progressivo processo di conoscenza e di puntuale definizione tecnica e figurativa, come testimoniano i numerosissimi disegni esecutivi prodotti per ogni progetto, che a volte arrivano persino alla scala 1:1.

Il dettaglio diventa lo strumento per il controllo dell’esito anche formale del progetto.

Come scrive Gregotti nel volume del 1966, parlando del ruolo del progetto esecutivo; “Il progetto come viene prodotto nella sua forma finale è essenzialmente rivolto ad un altro scopo: quello della comunicazione di un insieme di dati per la corretta esecuzione dell’opera […] il cui sistema di decodificazione sia il più sicuro possibile, assicuri il massimo di univocità al messaggio che si comunica” [Gregotti 1966, p. 27].

Figura 1: Planimetria del primo lotto (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati - Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, planimetria).
Planimetria del primo lotto (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati - Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, planimetria).
Vista prospettica, 2° progetto, maggio 1968 (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati-Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 3987, prospettiva del 2° progetto).
Vista prospettica, 2° progetto, maggio 1968 (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati-Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 3987, prospettiva del 2° progetto).

Vista prospettica della fabbrica Bossi a Cameri (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati - Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 7, prospettiva).
Vista prospettica della fabbrica Bossi a Cameri (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati - Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 7, prospettiva).
Vista prospettica della fabbrica Bossi a Cameri (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati - Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 7, prospettiva).
Vista di scorcio del fronte sud (in Morpurgo G., Gregotti Associati 1953- 2003, Rizzoli/Skira, Milano 2004, p. 48).
Copertura. Piante, sezioni e dettagli, 1968 (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati-Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 6, facciate-sezione-pianta-copertura-particolari).
Copertura. Piante, sezioni e dettagli, 1968 (Archivio CASVA, Archivio professionale Vittorio Gregotti: Architetti Associati-Gregotti Meneghetti, Stoppino, 1953 - 1969, tav. 6, facciate-sezione-pianta-copertura-particolari).

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Questo articolo è tratto dalle MEMORIE di CONCRETE 2022, sesta edizione della manifestazione

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