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Incendio durante i lavori edilizi: colpa del proprietario o dell'amministratore? I chiarimenti della Cassazione

Cassazione: la responsabilità del proprietario per la rovina degli immobili può ravvisarsi solo in caso di danni derivanti dagli elementi strutturali dell’edificio o di elementi accessori in essa stabilmente incorporati. L’impianto antincendio non ha queste caratteristiche.

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Circoletto rosso sulla sentenza 22163/2019 della Cassazione, che affronfa il caso della responsabilità in caso di incendio in un edificio: colpa del proprietario dell’immobile in cui si stavano eseguendo i lavori o dell’amministratore? Con quali motivazioni? E chi risponde dei danni?

Si tratta del caso di un incendio scoppiato in un edificio di proprietà dell'ex Inps (all'ora Inpdap): il gestore di un capannone aveva commissionato dei lavori di impermeabilizzazione della copertura per l’eliminazione di infiltrazioni. Il dipendente dell’impresa appaltatrice aveva mantenuto una “condotta inadeguata e gravemente inadempiente”, con “maldestro uso di una fiamma ossidrica”, cui conseguì “l’accensione del plexiglas di cui erano costruiti i lucernari con conseguente propagazione dell’incendio all’intera struttura”.

Allora: la colpa è del gestore dell'edificio o del proprietario?

Responsabilità per incendio durante i lavori edilizi

Per la Cassazione, in una situazione del genere si può del tutto legittimamente dubitare della ricorrenza di un'ipotesi inquadrabile nell'art. 2053 c.c. che, sia per il tenore testuale della disposizione che per l'interpretazione che ne viene data dalla giurisprudenza, considera rovina ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli "elementi accessori in essa stabilmente incorporati", sicché "la responsabilità del proprietario di un edificio o di altra costruzione per i danni cagionati dalla loro rovina può ravvisarsi solo in caso di danni derivanti dagli elementi (anche accessori ma) strutturali dell'edificio o di elementi o manufatti accessori non facenti parte della struttura della costruzione e perciò parti essenziali degli stessi, ossia di danni derivanti dall'azione dinamica del materiale facente parte della struttura della costruzione e non da qualsiasi disgregazione sia pure limitata dell'edificio o di elementi o manufatti accessori non facenti parte della struttura della costruzione. Questo porta ad escludere che l'impianto antincendio possa rientrare nella nozione di elemento essenziale strutturale ancorché accessorio, essendo esso finalizzato a scongiurare conseguenze dannose correlate a fattori incidentali, quali, appunto, un incendio. Secondo la giurisprudenza, la disposizione si applica in ogni caso di disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori e ornamentali in essa stabilmente incorporati mentre nei casi rimanenti sussiste la fattispecie di danno da cosa in custodia di cui all'art. 2051 c.c".

Tra l'altro non è detto che il proprietario sia per forza di cose il "custode dell'edificio", poiché "la qualifica di proprietario e quella di custode...non coincidono necessariamente": nel caso specifico, infatti, i custodi vanno individuati "nell'appaltatore, esecutore dei lavori" nonché "nel committente, tale non essendo l'Inpdap o la S.C.I.P. s.r.l. ma il gestore dell'immobile cui era stata trasferita la gestione con contratto del 31/1/2002 ( parti entrambe non in causa)".

E' quindi esclusa la responsabilità del proprietario: il caso rientra cioè nell’ambito di applicazione dell’articolo 2051 (danno cagionato da cosa in custodia) e deve essere quindi l’amministratore a rispondere dei danni.

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