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Implementare il BIM in una Stazione Appaltante Pubblica: l’esperienza di ANAS

Ernesto Sacco (ANAS) racconta come l'Ente ha recepito la spinta per l’innovazione digitale avviando un percorso strutturato di implementazione del BIM culminato nell’ottenimento della certificazione del Sistema di gestione BIM secondo la PDR UNI 74/19.

Come sempre accade, quando grandi cambiamenti investono il mercato, sono i player più importanti a fare da apripista.

Con l’entrata in vigore del DM 560/17, che ha dato avvio alla diffusione del BIM nella Pubblica Amministrazione, ANAS ha subito recepito la spinta per l’innovazione digitale avviando i lavori per implementare il BIM in modo strutturato.

Un percorso, in realtà, che ha avuto inizio già dal lontano 2016, con la creazione di un’apposita unità organizzativa (Metodi e Strumenti di Modellazione Infrastrutture) guidata dall’Arch. Ernesto Sacco, e che ha portato alla digitalizzazione dei principali processi che regolano l’affidamento delle attività di progettazione delle infrastrutture stradali in Italia. 

Abbiamo chiesto a Ernesto Sacco di spiegarci i passi salienti di questo percorso, culminato nell’ottenimento della certificazione del Sistema di gestione BIM secondo la PDR UNI 74/19, anche avvalendosi del supporto dell’Arch. Gaia Romeo, BIM Manager e Direttore Tecnico di Isegno srl.


 

BIM e Stazioni Appaltanti: l'importanza di un Sistema di Gestione strutturato

 

Quali sono le peculiarità riscontrate da ANAS durante l’implementazione del BIM?

Ernesto Sacco

Il BIM, come noto, è un metodo la cui adozione consente di impiegare nell’intero ciclo vita dell’opera minori risorse rispetto quelle tradizionalmente necessarie.

In particolare, usando il BIM si “aumenta” il lavoro nella fase di progettazione per conseguire “risparmi” soprattutto nella fase di gestione dell’asset.

Questo fatto, innegabile, comporta da un lato che il ritorno dell’investimento in tema di BIM, soprattutto nell’ambito delle infrastrutture orizzontali, non sia immediato, dall’altro che i diversi attori della filiera non ne beneficiano nel medesimo modo.

ANAS, che è sicuramente tra le prime Stazioni Appaltanti (SA) ad aver dato avvio all’introduzione del BIM, ha potuto apprezzare, dal 2015 ad oggi, come si siano sviluppati comportamenti di minore convincimento all’uso del BIM al crescere della consapevolezza di quanto detto sopra.

In questo quadro, inoltre, si è rivelato un elemento dirimente, affinché l’adozione del BIM renda effettivamente possibile conseguire i vantaggi prospettati, la necessità per ogni Stazione Appaltante di definire attraverso i Capitolati Informativi (CI) il contenuto informativo dei modelli.

Si tratta di un indubbio sforzo che ANAS ha sostenuto non senza difficoltà, definendo un proprio modello dati che oggi rappresenta forse la vera peculiarità nell’adozione del BIM.

Scegliere in via preliminare, a cura di ogni Stazione Appaltante, i contenuti informativi dei modelli, senza lasciare autonomia in tal senso ai diversi operatori economici coinvolti nella progettazione delle opere, comporta una forte consapevolezza degli obiettivi da conseguire nella fase di gestione. Tale consapevolezza non è però tipica delle committenze abituate ad un processo non digitale della progettazione e realizzazione delle opere, solitamente basato sull’adozione di prassi non codificate che conseguono oggetti progettuali eterogenei e, per quanto al contenuto informativo, di difficile uso nel prosieguo del ciclo vita dell’opera.

Al contempo, fissare precisi contenuti informativi, che gli operatori economici affidatari dei servizi di ingegneria devono provvedere ad rendere disponibili nell’ambito dei progetti, comporta, in diversi casi, una maggiore “riluttanza” da parte di questi ad accettare le disposizioni dei capitolati informativi con le correlate possibili eccezioni e claims.

Insomma, se si vuole, un tratto caratteristico dell’adozione del BIM è che man mano che cresce una maggiore consapevolezza delle necessità informative da soddisfare per rendere il metodo efficiente, sia le Stazioni Appaltanti che gli Operatori Economici manifestano maggiori difficoltà nell’accedere ad un uso effettivo del metodo.

 

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Arch. Ernesto Sacco, Responsabile U.O. BIM di ANAS S.p.A

 

Quali sono le attività più significative svolte e in che modo impatteranno sulla filiera?

Ernesto Sacco

Gli strumenti messi a punto da ANAS sono quelli di fatto previsti dal DM 560/2017: linea guida e piani formativi e di acquisizione hardware e software da una parte e capitolati informativi dall’altra.

ANAS sulla base dei primi Capitolati Informativi inseriti negli Accordi Quadro e in altre procedure di selezione del contraente già dal 2018 ha successivamente sviluppato nuove e migliori versioni di questo strumento nell’ottica del miglioramento continuo alla base del sistema di gestione BIM.

Centro dei CI è il modello dati, ossia la struttura vera e propria del database informativo di cui si vuole corredare ogni singolo elemento dei modelli. Il modello dati definisce, quindi, sia la quantità e il tipo di informazione per ogni modello sulla base delle esigenze di Anas che le “regole” per rendere detta informazione condivisa tramite formati open.

Realizzato il modello dati, il passo successivo è stato quello di riuscire a determinare la base d’asta per la realizzazione di modelli digitali di asset esistenti (quindi non per la progettazione). Esigenza che trova ragione nell’attuale obbligo normativo di fornire all’operatore economico (OE) il modello informativo delle preesistenze, nel merito è forse il caso di annotare che il regolamento in via di emanazione rivede in senso meno tassativo tale obbligazione.

Ad ogni modo, la valutazione di ANAS è stata quella di correlare la base d’asta dei modelli alla quantità di informazione richiesta, da tale valutazione è derivato l’Elenco Prezzi di ANAS di recente pubblicazione.

Si tratta di un preciso percorso logico: si definisce l’informazione necessaria, si declina nei CI tramite il modello dati la precisa struttura di detta informazione e le modalità attraverso le quali debba essere resa disponibile tramite l’uso di formati interoperabili (ifc) e, infine, si correla il “peso” dell’informazione alla base d’asta del servizio.

Ossia la base d’asta è determinabile solo se la SA ha chiara l’informazione di cui ha bisogno e individua la corretta modalità per richiederla.

Di conseguenza l’operatore economico incaricato delle modellazione dell’asset dovrà fornire l’informazione in modo completo e secondo precise modalità interoperabili.

Quindi entrambi, SA ed OE, saranno obbligati ad un maggiore lavoro iniziale per conseguire un risultato che consenta nel prosieguo del ciclo vita dell’opera – realizzazione, gestione e dismissione – di conseguire significativi risparmi.

 

DM 560/17 e Stazioni Appaltanti: obbligatorietà del BIM, cosa manca ancora?

 

Cosa manca a livello normativo per perfezionare e concludere con successo il percorso di obbligatorietà del BIM per la PA intrapreso con il DM 560?

Ernesto Sacco

Sicuramente il rilascio del Regolamento del Codice Appalti aiuterà a dirimere quanto ancora non chiarito con il DM 560/2017 che in ogni caso ha rappresentato, e ad oggi rappresenta, un disposto fondamentale per l’effettiva adozione del BIM da parte delle SA pubbliche.

Tuttavia, le bozze del Regolamento ad oggi rilasciate ancora non riescono a superare il concetto di elaborato a favore di quello di modello digitale. 

Ritengo, però, che per una estesa adozione del BIM sia opportuno istituire, nell’ambito della progettazione e realizzazione delle opere, un vero regime premiale per l’uso della digitalizzazione che al contempo renda estremamente sconvenienti i metodi tradizionali. Ossia, poiché, come detto, il ritorno dell’investimento che la digitalizzazione comporta è significativo ma non immediato, è auspicabile che il Legislatore spinga all’uso del BIM premiandolo. Per farlo esistono molti metodi che potrebbero essere presi in considerazione, provo a fare un esempio per chiarire.

Se le “semplificazioni” della L. 120/21 ovvero tempi certi e celeri per il rilascio dei pareri autorizzativi fossero riservati ai soli progetti sviluppati in via digitale e preclusi a quelli realizzati tramite modalità tradizionali, sicuramente le SA abbandonerebbero questi ultimi poiché poco convenienti.

Di converso un progetto sviluppato in via digitale potrebbe effettivamente consentire il rilascio di pareri e autorizzazioni in minor tempo senza precludere la verifiche necessarie proprio perché dotato di un corredo informativo strutturato e preciso quindi più facile da consultare e valutare.

 

Sistema di Gestione BIM (SGBIM): il supporto di un consulente esterno, perché e quando serve?

 

Quale ruolo ha il supporto di un consulente esterno dell’implementazione del sistema di gestione BIM in conformità alla Pdl UNI 74/19?

Ernesto Sacco

In generale, nel rispetto della autonomia delle SA sulle scelte principali circa effettiva modalità di adozione e relativi tempi, il ruolo di un consulente è più opportuno in due momenti: all'inizio, quando si deve programmare l’implementazione del BIM e all'interno non ci sono sufficienti competenze per poterlo fare in autonomia, e alla fine, o meglio, in specifici punti di controllo prestabiliti, per verificare con un soggetto esterno competente che l'implementazione stia andando nella giusta direzione, ovvero ci sia da procedere ad un re-indirizzamento. 

Essendo il BIM una materia complessa e in continua evoluzione, ANAS si è avvalsa del supporto di consulenti con un’esperienza molto eterogenea (università, software house, progettisti, società di consulenza etc.) al fine di avere più punti di vista e quindi più dati di partenza per affrontare al meglio le decisioni anche più complesse. Tra le varie consulenze c'è stata anche quella di Isegno, nella persona dell’Arch. Gaia Romeo, che ci ha supportato nell’allineamento del nostro sistema di gestione BIM alla PDR uni 74/19, rendendolo dunque certificabile.

 

Chiudiamo con un’ultima domanda che rivolgiamo all’architetto Gaia Romeo

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Arch. Gaia Romeo, BIM Manager e Direttore Tecnico di Insegno Srl

 

Quali differenze ha riscontrato nel lavoro di supporto a una stazione appaltante pubblica come ANAS rispetto a una società di progettazione o un’impresa di costruzioni?

Gaia Romeo

Sicuramente ci si assume una maggiore responsabilità nel supportare un ente che si trova all'apice di una filiera lunga e articolata come quella di ANAS. Le implicazioni di una scelta piuttosto che un'altra hanno un impatto importante sulla gestione della commessa, sia dal lato della stazione appaltante che da quello del fornitore, oltre alle ripercussioni indirette sulla regolamentazione di quel segmento di mercato.

Ho in parte vissuto le stesse difficoltà di ANAS nel non aver avuto a disposizione un quadro normativo completo e una serie di esperienze concrete di altre realtà testate sul campo. Avendo iniziato molti anni fa a supportare i progettisti nell’implementazione del BIM, gli unici riferimenti oggettivi erano la guida di Singapore, il BIM Handbook Manual e le indicazioni di Penn State University.

Ricordo che anche nel 2016, quando ho iniziato a lavorare con le stazioni appaltanti come Aeroporti di Venezia, non c'erano linee guida nazionali e soprattutto riferimenti di giurisprudenza per poter scrivere un capitolato informativo (o EIR) avendo certezza di non incorrere in contenziosi o ricorsi in fase di gara. 

Per questo ho cercato di avere un approccio collaborativo ma prudenziale allo stesso tempo, consentendomi di mantenere ottimi rapporti con i progettisti che dall'altro lato hanno collaborato ai progetti pilota. È questo infatti il principale obiettivo che le stazioni appaltanti ritengo debbano prefissarsi: il coinvolgimento di tutte le risorse interne preposte e di “tutti” i fornitori della filiera in modo da ottenere un supporto proattivo e spontaneo, evitando logiche impositive. 

In questo ho trovato in ANAS un perfetto allineamento, sia nel metodo che nella visione, cosa che credo abbia agevolato anche scambi di informazione limitando la consulenza ad aspetti specifici e molto mirati. 

Un esempio? La definizione di una check list di verifica del progetto e del modello che potesse fornire da un lato le evidenze per una eventuale tutela legale dell'ente e dall'altro un quadro sinottico di facile leggibilità per agevolare la comunicazione interna e l'interesse per il BIM da parte dei RUP coinvolti.