Impianti di ventilazione per sale operatorie: non solo climatizzazione
Negli ospedali gli impianti HVAC svolgono un ruolo determinante e costituiscono parte integrante del processo chirurgico, poiché permettono di ridurre il rischio di contrarre infezioni. L’articolo oltre a mettere in luce tali aspetti vorrebbe sensibilizzare il Legislatore a fare un passo indietro per lasciare campo ai comitati tecnici in materie tanto specialistiche.
A seconda dei reparti, in ospedale c'è bisogno di microclimi differenti
Gli impianti HVAC trovano una delle loro massime espressioni tecnologiche all’interno degli ospedali, dove a seconda delle patologie oggetto di cura assurgono a vero e propria funzione terapeutica. Talune patologie infatti quali tiroxirosi, pazienti cardiopatici o sottoposti a delicati interventi neurochirurgici, richiedono un ambiente fresco e secco. Di converso grandi ustionati, pazienti affetti da patologie polmonari croniche o sottoposti ad ossigeno terapia, necessitano di un microclima caldo umido. Come questi ci sono molti altri esempi ma in nessun altro reparto come nel blocco operatorio gli impianti HVAC svolgono molteplici ruoli che vanno ben oltre al mero controllo del microclima.
Spero i lettori mi passino il paragone motoristico quando scrivo che se in Formula 1 troviamo la massima espressione tecnologica in ambito motoristico per autotrazione, in sala operatoria troviamo lo stesso per quanto concerne gli impianti HVAC, dove in effetti sono meglio identificati con l’acronimo di impianti VCCC (Ventilazione e Climatizzazione a Contaminazione Controllata) dato che in tali applicazioni svolgono ben altri ruoli oltre a quello della termoregolazione.
Infatti oltre a mantenere le caratteristiche termoigrometriche delle sale in un delicato compromesso tra il comfort dell’equipe chirurgica e l’equilibrio termico del paziente, l’impianto di ventilazione svolge a pieno titolo anche il ruolo di Dispositivo di Protezione Collettivo (DPC), proteggendo l’equipe da eventuali sovraconcentrazioni di gas anestetici che devono necessariamente rimanere sotto predeterminati livelli.
In ultimo, non certo per ordine di importanza, gli impianti di ventilazione all’interno delle sale operatorie hanno l’importante compito, in certe attività chirurgiche più importante che in altre, di mantenere sterile il teatro operatorio portando agli estremi il concetto di Indoor Air Quality (IAQ) avendo l’aria nel caso di specie un compito fondamentale nell’ambito del processo chirurgico. Questo perché una non trascurabile parte dei patogeni potenzialmente causa delle infezioni chirurgiche si trova nell’aria.
Come sono fatti gli impianti VCCC delle sale operatorie
Gli impianti VCCC per sale operatorie, come tutti gli impianti HVAC a tutta aria, sono essenzialmente costituiti da un’Unità di Trattamento Aria (di seguito UTA) che chi non ha familiarità può immaginare come una successione di “scatole” (sezioni) metalliche una adiacente all’altra, opportunamente isolate dall’esterno, al cui interno è contenuto un elemento facente parte del processo di trattamento dell’aria. Avremo quindi una sezione filtrante, una sezione contenente il ventilatore, poi ancora batterie di scambio termico, umidificatori, etc…
La veicolazione dell’aria dalla presa d’aria esterna fino all’immissione in sala subisce almeno 3 successivi stadi di filtrazione, dalla più grossolana (a bordo UTA come anche la filtrazione secondaria più fine) alla ultra-fine (filtri terminali immediatamente prima di essere immessa in sala) con un’efficienza di filtrazione che supera il 99,99 % di particelle sotto il micron.
Ciò che differenzia le UTA destinate a servire SSOO da altre destinazioni d’uso è la conformazione particolarmente congeniale all’ispezione ed alla sanificazione di tutte le sezioni, l’assenza di spigoli interni, un maggior isolamento termico per prevenire accumulo di condensa, ampio ricorso all’acciaio inox ed in generale tutti accorgimenti votati alla prevenzione di formazione di sporcizia, umido e qualsiasi altro potenziale terreno fertile alla proliferazione di microrganismi patogeni.
Altra peculiarità dell’architettura di impianto tipica di un blocco operatorio, è mantenere UTA e sala a distanza limitatissima. I blocchi operatori di ultima generazione presentano i locali tecnici contenenti le UTA adiacenti (al piano soprastante o sottostante) alle sale servite, in modo da minimizzare il percorso dei canali. Inoltre la filtrazione assoluta deve essere il più vicina possibile alla zona servita, tipicamente immediatamente sopra il tavolo operatorio.
La norma UNI 11425:2011 (di seguito solo norma) differenzia tra 3 architetture impiantistiche che partono dalla più “spinta” che prevede un’UTA per ogni sala operatoria più un’ulteriore UTA a servizio dei locali annessi, alla più economica con una sola UTA per l’intero blocco operatorio. Mentre è facile trovare blocchi operatori esistenti serviti integralmente da una unica UTA, è sempre più raro trovare tale architettura per le nuove installazioni. Il ricorso ad un’UTA per sala è inoltre condizione indispensabile per poter ricircolare l’aria ambiente all’interno della stessa UTA, che è oggi la soluzione tecnica preferibile per poter garantire la massima prestazione in termini di sterilità filtrando e rifiltrando ciclicamente aria di ricircolo miscelandola a quella di rinnovo.
Impianti VCCC con funzione di HVAC
Come visto il compito se vogliamo “più banale” a cui devono ottemperare gli impianti VCCC a servizio delle sale operatorie è quello di mantenere controllata la temperatura e l’umidità. Nel caso di specie il concetto di comfort termoigrometrico a cui siamo abituati quando parliamo di impianti HVAC, lascia spazio alle esigenze imposte dal processo chirurgico.
La sala operatoria può a tutti gli effetti essere considerata un “ambiente termicamente vincolato”, ovvero una ambiente in cui esistono condizioni al contorno necessarie al processo in grado di pregiudicare il raggiungimento di condizioni di comfort.
Infatti se i classici 20°C con il 50% U.R. invernali possono considerarsi validi anche per le SSOO, la norma prevede d’estate di non superare i 24°C con una U.R. max del 60%, che vi posso assicurare è considerata una temperatura equatoriale per la maggiorparte dei chirurghi, con particolare riferimento agli ortopedici la cui attività è decisamente più fisica rispetto ad altri tipi di chirurgie. Non è raro ricevere richieste dalle sale di scendere sotto i 20°C quando fuori ce ne sono oltre 35°C.
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