Impianti di climatizzazione e di condizionamento: differenze e requisiti normativi
Una sintesi del concetto di climatizzazione insieme a un approfondimento delle principali norme di riferimento sul tema.
Climatizzazione e condizionamento: differenze e normative di riferimento
La progettazione degli impianti di climatizzazione è regolata da norme che perseguono la tutela del comfort e della salute dell’utente finale, il rispetto dell’ambiente e il miglioramento delle prestazioni energetiche del sistema edificio-impianto. Nell’edilizia, inoltre, anche vincoli esistenti e una distribuzione articolata degli spazi possono diventare parametri progettuali, accentuando la necessità di una buona progettazione integrata.
Di seguito riassumeremo innanzitutto il concetto di climatizzazione per poi approfondire le principali norme di riferimento sul tema.
Con il termine climatizzazione, come già riportato nelle definizioni della norma UNI 10339:1995, ci si può riferire alla realizzazione ed al mantenimento in simultaneo negli ambienti delle condizioni termiche, igrometriche, di qualità e di movimento dell’aria comprese entro i limiti richiesti per il benessere delle persone. Per condizionamento, invece, si dovrebbe intendere invece l’insieme dei processi di trattamento della stessa, mediante i quali è possibile conseguire la qualità dell’aria e le condizioni termo-igrometriche richieste in modo da soddisfare le esigenze richieste nell’ambiente.
In sintesi, il condizionamento agisce principalmente sulla gestione della temperatura, mentre la climatizzazione oltre al controllo della temperatura, si pone come scopo quello di modificare quei parametri che condizionano la nostra percezione di “benessere termico”, in primis l’umidità. Infine, la ventilazione si pone l’obiettivo di garantire prefissati livelli di qualità dell’aria tramite su un buon ricambio dell’aria all’interno dei locali così da ridurre la concentrazione di inquinanti indotti dalla presenza umana e dalle attività produttive svolte.
La molteplicità degli aspetti controllabili con la climatizzazione è ben sintetizzata anche dal suo acronimo inglese HVAC, che letteralmente si traduce come “Heating, Ventilation & Air Conditioning” e che si utilizza per impianti che provvedono al riscaldamento, al raffrescamento e al controllo della qualità dell’aria attraverso diversi dispositivi.
Gli impianti HVAC hanno quindi un effetto diretto sulla salute e sulla sicurezza degli ambienti; allo stesso modo anche il miglioramento delle prestazioni energetiche del sistema edificio-impianto, limitando l’immissione di inquinanti o gas potenzialmente dannosi, è diventato prioritario per salvaguardare l’ambiente e la salute degli utilizzatori finali. In quest’ottica, dunque, l’ambito energetico è diventato un tema centrale delle politiche europee e mondiali.
In un mondo in continua crescita ed evoluzione è fondamentale normare e monitorare i consumi energetici al fine di migliorare l’efficienza e contenere il più possibile le emissioni in atmosfera. La necessità di ridurre i consumi nasce dalla constatazione che in Europa più del 40% dell’energia utilizzata è impiegata nel settore edilizio, in particolare per la climatizzazione e l’utilizzo degli immobili che causa circa il 36% delle emissioni di CO2.
Imporre dei requisiti e dei limiti prestazionali diventa quindi lo strumento fondamentale per ridurre i consumi, mentre razionalizzare l’uso dell’energia e promuovere l’efficienza diventano le strategie alla base delle nuove normative del settore.
In particolare, negli ultimi anni, vista la sempre maggiore attenzione alle tematiche energetiche, abbiamo assistito ad un continuo aggiornamento di norme, direttive e provvedimenti. Per avere un quadro completo della situazione attuale proviamo ora a fare un excursus normativo, a livello internazionale e nazionale, per capire come si sono evolute tali leggi e per compiere le opportune valutazioni progettuali.
Il quadro normativo internazionale
Il primo trattato internazionale che pone l’attenzione sui cambiamenti climatici e le riduzioni dei consumi è il protocollo di Kyoto firmato nel 1997. Tale trattato stabilisce obiettivi vincolanti, da raggiungere per i paesi firmatari al fine di contenere le emissioni di gas serra in atmosfera. Fa ricorso a meccanismi di mercato per arrivare a ridurre del 5% entro il 2012 le emissioni di ogni stato, rispetto quelle del 1990. Successivamente, con gli Accordi di Parigi del 2015 sono stati definiti nuovi obbiettivi energetici a decorrere dal 2020. Sulla traccia lasciata dal Protocollo di Kyoto si è continuato a sostenere una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti responsabili dell’effetto serra, in particolare allo scopo di limitare l’aumento della temperatura mondiale al di sotto di 2°C e di promuovere la resilienza climatica per uno sviluppo a basse emissioni.
Ad oggi, l’Unione Europea si è prefissata come obbiettivo la decarbonizzazione, con l’intenzione di ridurre del 40% le emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990, di raggiungere il 32% della quota di energia da fonti rinnovabili e di aumentare del 32% l’efficienza energetica.
In prospettiva, per contrastare i cambiamenti climatici, il Green Deal europeo definisce l’impegno per tutti i paesi membri di fare dell'UE il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, manifestando la propria volontà a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Sotto la spinta di questo trattato sono emanate prime direttive europee riguardanti l’efficienza energetica degli edifici: le EPBD “Energy Performance Building Directive” 2002/91/CE. Queste disposizioni prevedono che gli Stati Membri definiscano precise metodologie di calcolo per le prestazioni energetiche degli edifici, i relativi requisiti minimi di efficienza energetica e l’obbligo di ispezioni periodiche e manutenzione degli impianti termici. La EPBD recast 2010/31/CE sostituisce e aggiorna la precedente, presentando il concetto di NZEB, acronimo di Nearly Zero Energy Building. Con NZEB si indicano edifici ad elevata efficienza energetica, realizzati per sfruttare al meglio le risorse naturali, climatiche e morfologiche del sito, ricorrendo a soluzioni tecnologiche sostenibili.
Il fabbisogno energetico dell’edificio e le emissioni di CO2 sono quindi ridotti al minimo grazie l’utilizzo di strategie passive e all’adozione di fonti di energia rinnovabili. L’introduzione di questi concetti rappresenta una svolta soprattutto a livello progettuale in quanto obbliga il progettista a prevedere già in fase preliminare delle soluzioni che puntino al risparmio energetico: l’efficienza diventa la chiave per una corretta progettazione.
Altro importante passo avanti verso la decarbonizzazione è rappresentato dalla Direttiva 2018/844 che pone nuovi obiettivi da raggiungere entro il 2030. In particolare, si punta ad una riduzione delle emissioni del 40% (rispetto ai livelli del 1990), a promuovere strategie di riqualificazione a lungo termine, incentivando gli investimenti da parte di enti pubblici e privati volti al recupero e all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente.
Per arrivare ad una conoscenza approfondita del sistema edificio-impianto viene presentato in queste normative anche il concetto di diagnosi energetica, definita come “elaborato tecnico volto ad ottenere una adeguata conoscenza del consumo energetico di un edificio e a individuare e quantificare interventi di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici”.
È un tipo di analisi riferita ai consumi specifici dell’edificio, basata sulle sue reali condizioni di esercizio, che permette di identificare le migliori opportunità tecniche per ottimizzare le condizioni di comfort e sicurezza, riducendo le spese di gestione e i consumi.
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