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Impatto ambientale di strutture adibite a supermercato realizzate in calcestruzzo armato gettato in opera e prefabbricato

La presente memoria si propone di impostare un metodo valutativo su come l'ottimizzazione strutturale e il conseguente minore volume di materiali impiegati nelle strutture prefabbricate rispetto a quelle tradizionali gettate in opera possano bilanciare il maggiore impatto ambientale dei materiali stessi.

La sostenibilità ambientale sta assumendo un ruolo crescente nei piani strategici di diversi paesi in tutto il mondo. Al fine di passare a soluzioni più sostenibili nel campo delle costruzioni, molti ricercatori si stanno concentrando su studi a livello di materiale, principalmente per quanto riguarda soluzioni volte a sostituire parzialmente o completamente i componenti più impattanti con prodotti alternativi o riciclati caratterizzati da una minore impronta di carbonio o da una maggiore durabilità. Accanto a questi sforzi positivi, un altro strumento per ridurre l'impatto ambientale dei materiali da costruzione, spesso meno affrontato dai ricercatori, è la riduzione del consumo di materiale attraverso l'ottimizzazione strutturale, spesso assicurata da tecnologie innovative che impiegano materiali ad alte prestazioni che potrebbero anche avere, a parità di volume, un impatto maggiore rispetto a quelli tradizionali.

Questo concetto è analizzato nel presente articolo confrontando l'impronta di carbonio equivalente calcolata di due simili strutture di supermercati monopiano, progettate e costruite nella pianura padana con diverse tecnologie: calcestruzzo prefabbricato e tradizionale gettato in opera. Avendo a disposizione il volume finale di consumo dei materiali impiegati per entrambi gli edifici riguardanti il telaio della sovrastruttura senza tamponamenti, il confronto dell’impronta di carbonio certificata dai produttori di materiali, calcolato per metro quadrato coperto, ha permesso di valutare l'impatto effettivo della struttura nelle due soluzioni.

Inoltre, i benefici ambientali derivanti dalla sostituzione dei componenti più impattanti (acciaio e cemento) con soluzioni ecologiche alternative consentono di quantificare e indirizzare le strategie più efficaci per migliorare la sostenibilità delle parti strutturali.


Sostenibilità delle strutture: i corpi giocano un ruolo fondamentale

La sostenibilità ambientale sta attirando un crescente interesse in tutti i campi delle attività umane. L'industria delle costruzioni è responsabile di una percentuale rilevante della produzione diretta o equivalente di anidride carbonica (CO2), e pertanto la sostenibilità in questo campo viene ampiamente affrontata a tutti i livelli, dalla ricerca accademica alle applicazioni sul campo.

Secondo la norma EN 15978:2001, il tema dell'edilizia sostenibile dovrebbe essere affrontato dal punto di vista del ciclo di vita (Bonamente et al. 2014, Lamperti Tornaghi et al. 2018, Wang et al. 2020),seguendo i processi evidenziati nella Tab. 1 per le diverse fasi del ciclo di vita previste. Ad esempio, per queste fasi, una costruzione più sostenibile potrebbe coinvolgere non solo materiali meno impattanti, ma anche soluzioni strutturali o energetiche che possano migliorarne le prestazioni, ad esempio allungando la vita utile dell'edificio selezionando una struttura più robusta e resiliente, o fornendo misure passive e attive di contenimento/produzione del consumo energetico. Gli interventi combinati di valorizzazione strutturale ed energetica sono attualmente di tendenza per il retrofit degli edifici seguendo questi concetti (Marini et al. 2017).

 

Fasi del ciclo di vita secondo EN 15978:2011.

 

Tra i componenti che maggiormente influenzano l'impatto ambientale delle costruzioni, i corpi strutturali svolgono un ruolo cruciale. Per quanto riguarda le strutture in cemento armato, il consumo di cemento e l'impiego di acciaio sono le principali fonti di impatto ambientale. La ricerca si concentra principalmente sulla ricerca di materiali alternativi per questi componenti, come i cementi verdi a base di clinker alternativi al portland, ad esempio solfoalluminosi (Bianchi et al. 2016, Coppola et al. 2018), o come materiale composito fibroso annegato in resina polimerica alternativo all'acciaio (Dal Lago et al. 2017, 2019).

Leganti come ceneri volanti, fumi di silice, loppa granulata d’altoforno, etc., sono anche presi in considerazione in sostituzione parziale del cemento per ridurre l'impatto ambientale diretto del calcestruzzo e per incorporare nel calcestruzzo costituenti inquinanti originati da diverse produzioni industriali, sottraendoli alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti. Questa strategia, già estesamente adottata per le miscele impiegate per il calcestruzzo prefabbricato, può anche aumentare in modo rilevante la resistenza del calcestruzzo.

Un calcestruzzo di elevate prestazioni, soprattutto se abbinato a precompressione o se impiegato in elementi verticali non interessati da momenti flettenti sotto carichi gravitazionali, come tipico per le strutture industriali prefabbricate, può aumentare significativamente la durabilità della struttura, grazie all’ostacolo offerto nei confronti dell’ingresso degli agenti aggressivi (ad es. solfuri o cloruri) dall’assenza di fessurazione in esercizio.

Accanto a questi sforzi positivi, un'altra fonte cruciale di riduzione dell'impatto ambientale per le costruzioni si basa sulla mera limitazione del consumo di materiale, che può essere fornito più a livello di concezione e progettazione strutturale, piuttosto che di materiale, impiegando strutture altamente ingegnerizzate ed ottimizzate (Dal Lago et al. 2021). Da no- tare che questo approccio alla sostenibilità entra solo indirettamente nella classificazione delle azioni elencate nella Tab. 1.

Le strutture prefabbricate in calcestruzzo sono naturalmente inclini a raggiungere tale obiettivo, poiché sezioni trasversali complesse e grandi campate possono essere ottenute mediante l'uso combinato di casseri metallici altamente tecnologici con la tecnica di precompressione a fili aderenti (Dal Lago 2017). D’altronde, gli elementi prefabbricati di solito possono raggiungere l'ottimizzazione strutturale impiegando materiali ad alte prestazioni con un impatto ambientale maggiore rispetto a quelli impiegati nelle costruzioni tradizionali gettate in opera, come cemento ad alta resistenza e acciaio precompresso.

La presente memoria si propone di impostare un metodo valutativo su come l'ottimizzazione strutturale e il conseguente minore volume di materiali impiegati nelle strutture prefabbricate rispetto a quelle tradizionali gettate in opera possano bilanciare il maggiore impatto ambientale dei materiali stessi. Ciò avviene attraverso un confronto a posteriori della loro realizzazione su due edifici simili adibiti a supermercato progettati e costruiti in località tra loro prossime in pianura padana, sotto condizioni al contorno pressoché identiche in termini di dimensioni, proprietà del terreno e requisiti di carico.

L'analisi viene effettuata in primo luogo analizzando i materiali di consumo delle due strutture, quindi valutandone il potenziale di riscaldamento globale (GWP) dei diversi componenti dei materiali strutturali impiegati. Infine, viene valutata la potenziale riduzione dell'impatto fornita dall'utilizzo di materiali alternativi.
Si specifica che l’analisi svolta fa riferimento ai soli materiali primi, tralasciando altri fattori tipici nell’ottica di valutazione di ciclo di vita (LCA), sia diretti quali consumi di cantiere o trasporti, sia indiretti quali durabilità e resilienza.

  

Edifici oggetto di studio

I due edifici adibiti a supermercato oggetto di studio hanno un layout mostrato in Fig. 1, dove il prefabbricato (Fig. 1a) e il gettato in opera (Fig. 1b) hanno una larghezza simile di circa 40 m, mentre il primo è lungo 83 m, più del secondo, che misura 52 m.
L'edificio prefabbricato è caratterizzato da una griglia strutturale regolare di 10 m per 20 m (Fig. 1a), con travi precompresse di forma compatta alte 0,6⁓0,8 m che corrono in direzione del lato corto e appoggiano su pilastri di sezione rettangolare 0,60x0,45 m, ed elementi alari di copertura anch’essi precompressi alti 0,85 m e larghi 2,5 m che corrono nella direzione del lato lungo.

Tra gli elementi alari di copertura, disposti distanziati con interasse di 6 m, sono installate delle lastre piane trinervate in calcestruzzo armato. La Fig. 2a mostra una vista interna di un edificio che utilizza la medesima tecnologia del fabbricato oggetto di studio, mentre il sistema di copertura è schematizzato in sezione trasversale in Fig. 2b. Questo sistema di copertura offre una soluzione leggera: dato lo spessore medio equivalente verticale dell'elemento a forma di ala di 12,8 cm e lo spessore medio della lastra trinervata in c.a. di 5,5 cm, lo spessore medio totale della copertura equivalente alla verticale diventa pari a soli 8,5 cm.

Un'immagine dell'edificio in fase avanzata di costruzione estratta da un filmato di un drone è mostrata in Fig. 2c. Da notare che i due pilastri aggiuntivi visibili sui bordi laterali più corti dell'edificio sono installati solo per il supporto di pannelli di tamponamento orizzontali.
I materiali impiegati sono calcestruzzo di classe C45/55, acciaio dolce da c.a. B450C e acciaio armonico da precompressione di grado 1860.

Piante degli edifici oggetto di studio: a) prefabbricato; (b) tradizionale gettato in opera.
(Crediti: B. Dal Lago- N. Ferronato - V. Torretta)

Edificio prefabbricato: a) vista interna di un edificio che utilizza lo stesso sistema prefabbricato considerato per il caso di studio (per gentile concessione di Stai Prefabbricati); (b) modello 3D del sistema di copertura che impiega elementi alari precompressi e lastre trinervate di completamento (per gentile concessione di Stai Prefabbricati); (c) immagine estratta da un filmato da drone del supermercato oggetto di studio in fase avanzata di costruzione.
(B. Dal Lago- N. Ferronato - V. Torretta)

La presente memoria è tratta da Italian Concrete Conference - Napoli, 12-15 ottobre 2022
Evento organizzato da aicap e CTE

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