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Immobili in centro storico e interferenza visiva: regole e limiti per altezze e recupero del sottotetto

Consiglio di Stato: se l’immobile oggetto dell’intervento interferisce visivamente con gli edifici che caratterizzano il nucleo storico della città, l’innalzamento derivante dal recupero del sottotetto ha un impatto significativo sul piano paesistico- architettonico

Quanto in "la" ci si può spingere, a livello di innalzamento delle falde e di consguente recupero del sottotetto, in un immobile in centro storico?

Lo spiega il Consiglio di Stato nella particolare sentenza 7242/2021 dello scorso 28 ottobre, inerente il ricorso di un Comune contro una sentenza del TAR che aveva accolto il ricorso di un privato avente ad oggetto la diffida all’esecuzione delle opere contemplate in una DIA (oggi SCIA).

La diffida all’esecuzione era motivata dall’elevato impatto paesistico del progetto, che aveva determinato la Commissione del Paesaggio ad esprimere parere negativo, e dal contrasto dell’intervento con l’art. 26 NTA del vigente PGT per il tessuto storico, che consentiva l’innalzamento delle falde del tetto esclusivamente mediante l’allineamento agli edifici finitimi o adiacenti.

 

L'interferenza visiva dell'immobile

Nel merito, secondo Palazzo Spada, il comune ha ragione in quanto - dopo valutazione oggettiva - è emerso che l’immobile oggetto dell’intervento interferisce visivamente con gli edifici che caratterizzano il nucleo storico della città, sicché l’innalzamento derivante dal recupero del sottotetto ha un impatto significativo sul piano paesistico-architettonico.

Il verificatore, infatti, ha accertato l’interferenza visiva dell’immobile con i principali elementi architettonici ed edilizi che determinano la qualità paesistica del nucleo storico.

E’ stato accertato, in particolare, che:

  • dal palazzo comunale risulta visibile l’intero edificio;
  • dalla torre civica risulta visibile parzialmente il prospetto nord sulla via X (per circa un terzo del prospetto);
  • dal giardino è visibile la parte dell’edificio prospettante a sud sul cortile interno e il prospetto ovest cieco.

Quindi la collocazione dell'immobile in pieno centro storico, unitamente all’interferenza visiva rispetto agli elementi di maggior pregio, esclude la manifesta irragionevolezza o erroneità del giudizio tecnico espresso sul progetto dalla Commissione del Paesaggio ai sensi dell’art 64, comma 8, l.r. Lombardia 11/03/2005, n. 12 (“i progetti di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, che incidono sull'aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici e da realizzarsi in ambiti non sottoposti a vincolo paesaggistico, sono soggetti all'esame dell'impatto paesistico previsto dal piano territoriale paesistico regionale”).

Non solo: contrariamente a quanto affermato dal Tar, è giusta l'assegnazione, ad opera della stessa Commissione, di un grado di sensibilità alto al sito inteso come contorno immediato, al fine di valutare il grado di perturbamento prodotto dal progetto.

Immobili in centro storico e interferenza visiva: regole e limiti per altezze e recupero del sottotetto

I motivi del diniego paesaggistico e la classe di sensibilità elevata

Secondo Palazzo Spada, quindi, non appare condivisibile la conclusione della sentenza del TAR che ha ritenuto illogica l’attribuzione di una classe di sensibilità più elevata sulla scorta della duplice considerazione afferente alla distanza tra la Torre civica e l’edificio ed alla mera presenza di un edificio di epoca recente con un’altezza di colmo e gronda superiori a quella progettata.

 

Immobile visibile e collocato in sito di interesse: le conclusioni

In definitiva, ci troviamo di fronte ad un immobile visibile dagli edifici e dai luoghi che qualificano il nucleo storico della città, collocato in un sito di interesse storico-ambientale.

La particolare posizione dell’immobile, unitamente al contesto urbanistico e architettonico in cui è inserito, risultano logicamente apprezzati nel giudizio di elevato impatto paesistico dell’intervento espresso dalla Commissione che, quindi, ha correttamente esercitato la discrezionalità tecnica ad essa attribuita.

 

L'elevazione delle falde e l'allineamento agli edifici adiacenti

Passando al secondo motivo di appello, si critica l'operato del TAR che ha ritenuto possibile, nel caso di specie, l'elevazione delle falde per allineamento agli edifici finitimi o adiacenti.

Secondo il comune, un attento esame dello stato dei luoghi avrebbe permesso di appurare che per l’immobile non è consentito alcun allineamento agli edifici finitimi o adiacenti, in ragione della sua caratteristica altimetrica già ampiamente superiore alla media dello skyline in cui è inserito.

Le norme sulle quali si controbatte sono, nello specifico, l'art 64 comma 1 l.r. 12/2005 e l'art 26 NTA.

L’art 64, comma 1, l.r. 12/2005 sancisce: “Nei casi di deroga all'altezza massima, l'altezza minima abitabile non può essere superiore a metri 1,50. All'interno dei centri storici e dei nuclei di antica formazione deve essere assicurato il rispetto dei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico; in assenza di limiti, l'altezza massima deve intendersi pari all'esistente”.

L’art 26 delle norme tecniche dello strumento urbanistico vigente al momento della DIA dispone, a propria volta: "Per gli edifici non ricompresi nei piani esecutivi, sono ammessi i seguenti interventi mediante titolo abilitativo diretto, nel rispetto di quanto consentito in relazione alla loro classificazione di cui al punto 13 del presente articolo: - recupero dei sottotetti ai fini abitativi, in coerenza con la l.r. 12/2005 e ss m., con l'eventuale innalzamento delle falde del tetto ... esclusivamente per l'allineamento agli edifici finitimi o adiacenti”.

All’epoca dell’adozione del provvedimento impugnato, pertanto, l’innalzamento delle falde del tetto, discendente dal recupero dei sottotetti, era consentito esclusivamente per l’allineamento agli edifici finitivi e adiacenti ai sensi dell’art 26 NTA a cui l’art 64 l.r. 12/2005 rinvia.

Ma qui, oltre a non essere previsto alcun allineamento, è stato accertato anche che l’altezza media degli edifici esistenti risulta di mt. 8,04 sotto gronda e che, pertanto, l’edificio in progetto, previsto di altezza mt. 9,70 sotto gronda, ha caratteristiche altimetriche superiori alla media dello skyline in cui è inserito.

Il comune ha ragione, gli interventi non si potevano realizzare...

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