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Immobili di pregio paesaggistico: tutela o conservazione?

In merito al parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n. 7944 dell’11 agosto sull'interpretazione delle nuova e più restrittiva definizione della ristrutturazione edilizia per gli edifici vincolati dal d.lgs. n. 42/2004 apportata dalla legge n. 120/2020, l'Autore cerca di portare il dibattito di merito al cuore del problema in vista di un’auspicabile intervento legislativo

Sul parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n. 7944 dell’11 agosto in merito all’interpretazione delle nuova e più restrittiva definizione della ristrutturazione edilizia per gli edifici vincolati dal d.lgs. n. 42/2004 apportata dalla legge n. 120/2020 (*) si sono accumulate le note di altri commentatori ed anche di autorevoli istituzioni e testate giornalistiche (ANCI e Sole 24Ore) e, più recentemente, anche un’interrogazione parlamentare con risposta del Ministero dei Beni Culturali cui è seguita un’ulteriore precisazione del CSLLPP (**). 

Si tratta però di interventi episodici attestatisi sul solo livello interpretativo che non hanno innescato un vero e proprio approfondimento delle problematiche reali sottese al parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

In questo commento l’Autore cerca invece di portare il dibattito di merito al cuore del problema in vista di un’auspicabile intervento legislativo.


Nello scorso mese di agosto abbiamo commentato per primi il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in merito alla modifica apportata alla ri-definizione della ristrutturazione edilizia riguardante gli immobili tutelati dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (d.lgs. 42/2004 detto anche Codice Urbani) (*).

Si tratta – si ricorderà - delle restrizioni introdotte dal d.l. Semplificazioni 2020 (legge 120/2020) alle ristrutturazioni dei beni culturali e paesaggistici. (***)

Il tema ha suscitato attenzione e ha portato a prese di posizione di varia natura, alcune semplicemente critiche, altre di tiepida e condivisa aspettativa fino a giungere ad una interrogazione parlamentare.

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Un dibattito mancato

Non c’è stato però (ancora) un vero dibattito di merito; anzi gli interventi si sono limitati fin qui a dare (o a chiedere) l’interpretazione del testo legislativo e anche la stessa interrogazione parlamentare parrebbe limitarsi a questo.

Infatti l’interpellanza è rivolta al Ministro (delle Infrastrutture nella fattispecie anche se poi ha risposto quello della Cultura) ma è logico pensare che se l’attenzione viene portata in Parlamento la domanda che si pone (e la risposta che si attende) dovrebbe essere di contenuto politico e di merito.

Diciamo che forse la domanda è mal posta e forse anche la sede non è quella giusta, perché pone un quesito squisitamente interpretativo in una sede politica.

Il fatto però che ancora ci sia interesse sul tema ci induce a ritornarci sopra non foss’altro che per riportare discussione ai corretti livelli propositivi.

 

Lo sterile dibattito sull’interpretazione

Che le conclusioni del parere del CSLLPP non siano condivisibili e non siano conformi al dettato legislativo lo abbiamo già detto nel precedente articolo.

Dunque se ci limitiamo all’interpretazione legislativa ci potremmo (ci dovremmo) fermare qui: il testo di legge è chiarissimo e quando il Legislatore dice che si riferisce agli immobili tutelati ex d.lgs. 42/2004 è evidente che (ci piaccia o no) si riferisce a tutti quelli del Codice (Parte II e Parte III indifferentemente).

Anzi il testo è così chiaro che non si comprende neanche perché sia stato posto il quesito a meno che … a meno che non si volesse (intenzionalmente) aprire uno spiraglio di possibilità diversa non tanto sul piano interpretativo (che non pare proprio sia possibile) quanto invece sul piano della valutazione di merito.

Anche perché se è vero che il testo letterale è inequivocabile, non è sempre vero che il Legislatore si sia reso conto di tutte le ricadute che ne conseguono. Soprattutto in un provvedimento d’urgenza qual è il decreto legge.

E allora ha senso riflettere non sull’interpretazione letterale, ma sulla finalità della norma e questo è il senso che abbiamo dato già in prima lettura al parere del CSLLPP nell’articolo citato (*).


RISTRUTTURAZIONE DEGLI EDIFICI VINCOLATI: LE TAPPE DI UNA STORIA PARTICOLARE

L'Autore, con questo approfondimento, chiude di fatto un cerchio aperto a metà agosto scorso dal CSLP con una ormai 'famosa' circolare.

Per aiutarvi a 'ricordare' la cronistoria dell'argomento, ecco le 5 tappe principali come le abbiamo raccontate su Ingenio:

  1. Ristrutturazioni demo-ricostruzione con diversa sagoma e volume in zone vincolate: nuovi chiarimenti del CSLLPP
  2. Ristrutturazione degli immobili tutelati: una storia infinita non priva di contraddizioni
  3. Ristrutturazione degli immobili tutelati: anche l'ANCI interviene sulle precisazioni del CSLP
  4. Il MIBAC stoppa il Superbonus: i beni tutelati sono tutti uguali! No alla ricostruzione integrale con modifiche
  5. Demolizione e ricostruzione di edifici vincolati. Art. 3, lettera d), del DPR n. 380/2001

Il problema è un altro: non interpretativo, ma di finalità della norma

Il fatto che si sia dato eco all’ipotesi (per ora solo un’ipotesi) di diversa interpretazione un senso ce l’ha comunque e la motivazione sta in un’intrinseca aspettativa di una maggiore liberalizzazione degli interventi sui beni di pregio paesaggistico; da distinguere da quelli di pregio storico, architettonico, culturale come bene evidenzia nelle argomentazioni introduttive il succitato parere del CSLLPP (**).

Beni che culturalmente fin dall’origine erano contemplati in due diversi provvedimenti legislativi (ancorché coevi) e cioè:

  • la legge 1 giugno 1939, n. 1089 "Tutela delle cose di interesse artistico e storico" (oggi Parte II del Codice);
  • la legge 29 giugno 1939, n. 1497 "Protezione delle bellezze naturali" (oggi Parte III del Codice).

Il fatto che il Codice Urbani (d.lgs. 42/2004) li abbia riuniti in un unico provvedimento al fine di un inquadramento organico non vuol dire che siano due categorie di beni tra loro omogenee.

Ne consegue però che il Legislatore – forse per semplicità o per fretta - ha preso l’abitudine di fare un rinvio cumulativo (e per ciò stesso generico) al Codice e non alle tipologie di beni come avrebbe dovuto fare se le legislazioni che li riguardano fossero ancora distinte; e questo non pare corretto e certamente non è adeguato alla finalità di tutela posta.

Bene allora che se ne discuta, ovvero che si discuta non di cosa ha scritto il Legislatore (che una volta tanto è inequivoco), ma se quel che ha scritto è coerente con la finalità che si è posto (o, meglio ancora, se è giusta la finalità che così si persegue).

 

Le conseguenze pratiche dell’applicazione testuale

Cosa succede dunque dando applicazione testuale e lineare alla nuova formulazione dell’articolo 3 del DPR 380/01 dovuta alla legge 120/2020?

Succede che tutti gli immobili soggetti al Codice Urbani (e dunque indifferentemente quelli della Parte II e quelli della Parte III) non possono effettuare ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione se non con conservazione di “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche” preesistenti; e tale vincolo è esteso (e questa è un’ulteriore aggiunta del d.l. semplificazioni 2020) anche agli immobili “ubicati in zone omogenee A …. o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico”.

Al netto di come si individuino questi ambiti (di cui abbiamo già detto in precedenti commenti), l’estensione territoriale del vincolo è ampia (ancorché di incerto confine) e non ci pare neppure ben motivata nella relazione di accompagnamento al provvedimento, come sarebbe stato d’uopo vista la rilevanza delle ricadute. E’ in sostanza è una surrettizia integrazione delle zone a vincolo paesaggistico dettata dagli articoli 138-142 del Codice Urbani.

Per tutti questi beni e per tutti questi ambiti vale dunque per legge una finalità “conservativa” dello status quo.

In altri termini per tutti il concetto di tutela viene declinato come mera conservazione.

 

Occorre distinguere tra tutela e conservazione

Dal punto di vista concettuale tutela e conservazione non sono la stessa cosa anche perché dovrebbero essere conseguenza  di una specifica analisi della caratteristiche del bene, per cui, come bene argomenta il CSLLPP, se il bene è stato oggetto di un’analitica disamina dei suoi caratteri distintivi da conservare nulla quaestio, ma se il bene è oggetto di tutela per le sue caratteristiche d’insieme e, ancor più, per definizione di legge a priori (e, dunque, per una “presunzione di valore”) qualche dubbio sulla necessità della mera conservazione può ben venire.

Anzi, la tutela del valore d’insieme potrebbe meglio essere perseguita in casi specifici anche in modifiche fisiche dell’attuale assetto. Soprattutto se l’assetto non è più originario ma ha subìto manipolazioni incongrue.

Facciamo un esempio.

 

Un esempio pratico, realistico e attuale

Supponiamo di trovarci di fronte ad un edificio in zona con vincolo paesaggistico abusivo, ma condonato illo tempore. E magari in posizione che disturba il paesaggio per la sua localizzazione e/o anche per la tipologia costruttiva e i materiali usati (spesso occasionali e irrispettosi dell’ambiente).

Che senso ha imporne la conservazione del sedime e di elementi costruttivi incongrui col paesaggio di cui è parte (inquinante) e non consentirne invece la sostituzione con materiali più coerenti con l’ambiente circostante e con la finalità paesaggistica e anche (in alcuni casi) la traslazione in posizione più defilata e meno impattante ?

Anche perché la sua “trasformazione” sarebbe comunque oggetto di valutazione di merito (questa volta sì sul caso specifico con una disamina ad hoc) sia da parte dell’apposita commissione della regione (o del comune se delegato) e della competente Soprintendenza a norma del vigente articolo 146 del d.lgs. 42/2004.

E’ evidente che in questo caso la conservazione tout court confligge con la tutela.

La tutela è concetto più ampio, di merito complessivo, come di merito complessivo è il vincolo.

 

Il procedimento autorizzativo di co-gestione è (dovrebbe essere di per sé) garanzia della tutela

Negare questa possibilità vuol dire privilegiare un controllo centralistico generico rispetto alla valutazione specifica operabile dalle autonomie locali (regionali o comunali) - comunque presidiate dalla Soprintendenza - nei confronti delle quali si configura come un atto di sfiducia. (****)

La casistica sopra riportata non è un’ipotesi di scuola, ma è invece molto realistica e attuale, ancor più in questo memento di incentivazione dell’attività edilizia con le agevolazioni fiscali che vede un’oggettiva ripresa di “consolidamento” dell’esistente.

Così rischiamo di consolidare ingiurie al paesaggio, per di più incentivate da finanziamenti pubblici, in ragione di una “tutela” intesa solo in senso conservativo.

 

L’insoddisfacente risposta all’interrogazione parlamentare

Ecco perché anche la risposta all’interrogazione parlamentare data dal Ministero dei Beni Culturali non soddisfa appieno. Perché è evidente che dietro al quesito formale si celava una richiesta di chiarimento di merito tecnico.

Il richiamo che l’interrogazione parlamentare fa ai principi costituzionali e all’“intento del Legislatore” appare però poco sostenibile a fronte di un’espressione chiara del testo; d’altra parte anche le invocate “iniziative” ministeriali di chiarimento a poco servirebbero perché poi le circolari soccomberebbero un domani a fronte di un diverso orientamento del Giudice.

E non è necessario essere chiaroveggenti per immaginare come si esprimerà un giorno la giurisprudenza: è scontato. Ma il Giudice le leggi le interpreta per come sono scritte e non in funzione di un obiettivo (peraltro inespresso) che possiamo solo ipotizzare. E’ il Legislatore che ha l’onere di scriverle per come vuole che siano applicate in funzione degli obiettivi che si è posto.

L’argomentazione del ministero non poteva essere diversa ed è ineccepibile nella forma, ma debole ed elusiva nel merito, limitata alla testuale difesa di quanto già scritto, per la quale fa anche ultroneo riferimento alla giurisprudenza (naturalmente pregressa).

 

Il vero quesito: la finalità della norma

Per quello è sterile continuare a commentare la coerenza o meno del parere del CSLLPP sul piano dell’interpretazione della norma attuale; il tema va spostato sull’obiettivo da raggiungere e sulla coerenza della norma attuale rispetto a quello.

Quel che occorre non è una circolare, ma (se si condividono le argomentazioni esposte) un intervento legislativo.

Ed è qui che appare opportuno aprire il dibattito cui ci inducono le argomentazioni del CSLLPP.

Il quesito reale che suscita la disamina del CSLLPP, e che già avevamo ipotizzato nel precedente scritto, andrebbe invece formulato così:

la disposizione attuale dell’articolo 3, lett. d) del DPR 380/01 - che impone la conservazione di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche - risponde effettivamente alle esigenze di tutela dei beni con valore paesaggistico (quelli della Parte III del Codice Urbani) o non sarebbe più idonea una valutazione caso per caso rinviata alla competenza delle regioni (o comuni delegati per legge regionale) con la supervisione delle Soprintendenze ai sensi dell’articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004?”.

Quesito che andrebbe posto sì al Parlamento, ma in vista di una possibile modifica legislativa.


NOTE

(*) di cui abbiamo dato notizia il 19/08/2021 “Ristrutturazioni demo-ricostruzione con diversa sagoma e volume in zone vincolate: nuovi chiarimenti del CSLLPP” che l’Autore ha già commentato in “Ristrutturazione degli immobili tutelati: una storia infinita non priva di contraddizioni” in Ingenio 03/09/2021.

(**) di tutto ciò abbiamo dato conto in questa testata il 13/09/2021 “Ristrutturazione degli immobili tutelati: anche l'ANCI interviene sulle precisazioni del CSLP”, il 07/10/2021 “Il MIBAC stoppa il Superbonus: i beni tutelati sono tutti uguali! No alla ricostruzione integrale con modifiche” e ancora il 12/10/2021 “Demolizione e ricostruzione di edifici vincolati. Art. 3, lettera d), del DPR n. 380/2001”.

(***) DPR 380/01 Art. 1 - lett. d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;
(lettera così modificata dall'art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2020).

(****) di cui già abbiamo detto parlando della problematica co-gestione del vincolo paesaggistico (v. “Autorizzazione paesaggistica: chiarimenti applicativi di una complessa co-gestione tra Stato e Regioni (comuni)” in Ingenio 07/07/2021).


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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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