Illecita cessione del credito Superbonus: i crediti del cessionario vengono automaticamente sequestrati
Cassazione: il credito ceduto è collegato alla detrazione Superbonus e all'eventuale comportamento illecito
Cosa succede ai cessionari (banche, poste, istituti di credito, imprese) nel caso in cui il credito per Superbonus ceduto risulti 'figlio' di operazioni illecite e, quindi, venga sequestrato dall'Autorità giudiziaria? Dove arriva la responsabilità del cessionario? Ed esistono tutele in tal senso?
L'argomento scotta, e la Cassazione l'ha trattato, di recente, con cinque sentenze 'sorelle', tutte incentrate su ricorsi dei cessionari in casi inerenti truffa, evasione fiscale e falso al fine di beneficiare indebitamente del Superbonus previsto dall'art. 121, del DL 34/2020, nonché dei reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed indebita compensazione tentata.
Superbonus illecito: la detrazione e il credito ceduto come vanno trattati?
Le pronunce, che consigliamo ai lettori di scariscarsi dal sito ufficiale della Cassazione (Italgiure), sono le nn. 40865, 40866, 40867, 40868 e 40869, emesse tutto il 28 ottobre 2022.
Andando a raggruppare le sentenze, si evidenzia che le banche e gli istituti di credito ritengono che non sia corretto considerare in egual modo la detrazione del 110% di cui beneficia il committente dei lavori e l'eventuale credito d'imposta ceduto.
La buona fede del cessionario che non può sapere quali sono i lavori di ristrutturazione
Prendiamo come riferimento la sentenza 40866, dove il ricorrente sostiene che l'errore di impostazione commesso dai
giudici del merito consisterebbe nell'aver considerato alla stessa stregua il diritto alla detrazione sorgente in capo a chi effettua i lavori di ristrutturazione oggetto dell'incentivo ed il credito di imposta che, a seguito di cessione di quel diritto, si genera in capo al terzo cessionario sul presupposto, ovviamente, che si tratti di cessionario di buona fede.
Il cessionario del credito di imposta, nel caso specifico una banca, non riuscirebbe a vedere l'origine del proprio credito e, dunque non sarebbe in grado di effettuare alcun controllo, vedendosi riconosciuto nel proprio cassetto fiscale un importo pari al credito acquistato da portare in compensazione nei tempi stabiliti dalla legge rispetto a qualsiasi tipologia di debito erariale.
Tale impossibilità di ricollegare il credito ai lavori originariamente svolti è ancor più evidente nel caso di cessioni successive (sappiamo che solo le banche possono 'prendere' cessioni successive alla prima, da parte di un proprio correntista 'qualificato'), come sarebbe avvenuto nel caso in esame, laddove l'ultimo cessionario ha, quale unica evidenza disponibile l'identità del proprio dante causa, ma certamente non può identificare i lavori di ristrutturazione.
Sul tema, sicuramente correlato anche se non propriamente collegabile al caso di specie, ricordiamo l'importanza della famigerata 'diligenza', che sappiamo essere stata approfondita dall'Agenzia delle Entrate nella recente circolare 23/E/2022, dedicata alla responsabilità solidale nelle cessioni di crediti edilizi.
Secondo la difesa, pertanto, all'infuori delle ipotesi di compartecipazione dolosa nella condotta illecita del primo beneficiario, il terzo cessionario del diritto di credito non può subire gli effetti pregiudizievoli che attengono al primo beneficiario ed a sue eventuali condotte illecite da cui è derivata l'insorgenza del diritto alla detrazione poi trasformato in credito d'imposta.
Quanto sopra sarebbe confermato anche nella circolare n. 24/E/2020 che in maniera chiara afferma come il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d'imposta.
Tra l'altro, quindi, si censura l'ordinanza impugnata per le modalità con cui è stato disposto ed eseguito il sequestro e per le peculiarità dei beni su cui è stato applicato, che rischia di tramutare un sequestro impeditivo in sequestro per equivalente dell'asserito prodotto o profitto del reato, non consentito nei confronti del terzo di buona fede.
Cessione del credito e sconto in fattura Superbonus con responsabilità alleggerita: circolare Entrate con istruzioni precise
L'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito alla disciplina della cessione del credito e dello sconto in fattura relativi al Superbonus e agli altri bonus edilizi dopo le novità apportate dal Decreto Aiuti in materia di cessione ai correntisti delle banche e dal Decreto Aiuti Bis sulla responsabilità solidale allegerita. E' inoltre possibile rimediare in caso di ritardi ed errori nella comunicazione dell'opzione.
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Crediti di imposta: sono sequestrabili?
La Cassazione, che respinge il ricorso, parte inquandrando il tema, inedito nella giurisprudenza di legittimità, che riguarda la sequestrabilità dei crediti di imposta ceduti, nella specie del valore di oltre 46 milioni e mezzo di euro, in capo al terzo estraneo al reato, quale cessionario di tali crediti.
In particolare, il Collegio ritiene che i crediti sequestrati alla ricorrente debbano essere considerati cosa pertinente al reato, non potendosi accogliere la tesi difensiva secondo cui, esercitata l'opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l'originario diritto alla detrazione (nella misura del 110% delle spese documentate e rimaste a carico), il credito stesso sorgerebbe - in capo al cessionario - a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione.
Questa tesi, che intenderebbe il credito ceduto come sempre "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, non può essere condivisa, non deponendo in tal senso la normativa di riferimento (primaria e secondaria) ampiamente richiamata nell'impugnazione e più sopra ricordata, alla quale non può esser riconosciuta alcuna forza derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria.
Cessione del credito o sconto in fattura: riepilogo delle regole
Gli ermellini ripercorrono le regole attuali del 'gioco'.
L'art. 121 del DL 34/2020 (legge 77/2020) stabilisce infatti che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi (di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche), negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:
- per il cd. sconto in fattura, ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi
recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, a sua volta suscettibile di cessione. Con tale meccanismo, dunque, chi ha commissionato gli interventi del comma 2 rimane titolare della detrazione d'imposta, ma ne subisce la riduzione - anche sino alla totale scomparsa - per la parte in cui le spese di intervento siano sostenute non da lui, ma direttamente dal fornitore/esecutore, sotto forma di sconto; questi, per la misura corrispondente, vede allora sorgere un proprio ed autonomo credito d'imposta, che potrà portare in compensazione o, a sua volta, cedere nei termini di cui alla stessa norma; - per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini (più volte modificati) del comma 1, lett. b), o di essere portato in compensazione con debiti erariali.
Con particolare riguardo alla cessione del credito, oggetto del ricorso, il beneficiario si spoglia dunque del proprio diritto alla detrazione, che assume la veste - nell'identico contenuto patrimoniale - di un credito suscettibile di circolare nei termini indicati dalla legge, e che viene contestualmente ceduto; come confermato, d'altronde, dall'originaria versione dello stesso art. 121, comma 1, lett. b), che menzionava un'opzione, per l'appunto, "per la trasformazione (corsivo dell'estensore) del corrispondente importo in credito d'imposta, con facoltà di successive cessioni ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari".
Di conseguenza, continua la Corte superma, non risultano decisive le ampie considerazioni svolte dalla ricorrente circa le differenze tra il diritto alla detrazione ed il credito di imposta (il primo non cedibile e suscettibile di ridurre solo l'imposta lorda sul reddito del beneficiario, a differenza dell'altro); la norma è sorta con il fine di agevolare l'esercizio dell'unico diritto a contenuto patrimoniale sorto in capo al beneficiario che ha sostenuto le spese, e ciò ha reso necessaria l'individuazione di appropriati strumenti tecnici che lo consentissero, eventualmente anche in favore di terzi, ed anche più volte.
Le responsabilità sul credito
Si arriva quindi al 'nocciolo' della quesione, evidenziando come, a norma del comma 4, prima parte dell'art.121 del DL Rilancio, "ai fini del controllo, si applicano, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto". A norma del comma 5, prima parte, poi, "qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1".
A norma del comma 6, infine, "il recupero dell'importo di cui al comma 5 è effettuato nei confronti del soggetto beneficiario di cui al comma 1, ferma restando, in presenza di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dell'articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e del cessionari per il pagamento dell'importo di cui al comma 5 e dei relativi interessi".
Nessuna deroga sul sequestro preventivo dei crediti
Insomma: i commi 4, 5 e 6 non appaiono introdurre affatto una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale con riferimento al sequestro preventivo.
Come già ricordato, infatti, il vincolo impeditivo implica soltanto l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede; ne deriva, allora, che non rileva in questa sede l'eventuale responsabilità del terzo cessionario (quale la ricorrente, peraltro persona offesa), né i presupposti oggettivi o soggettivi di questa per come ricavabili dai commi 4, 5 e 6 in oggetto, occorrendo soltanto verificare piuttosto, come si farà più oltre (sub § 18), se la libera disponibilità della res - anche in capo allo stesso terzo - sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen.
Per cosa rispondono i cessionari?
Significativo anche il passaggio sul contenuto della circolare AdE 24/E/2020, nella quale, in particolare, si afferma che "I fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. Pertanto, se un soggetto acquisisce un credito d'imposta, ma durante i controlli dell'ENEA o dell'Agenzia delle entrate viene rilevato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d'imposta".
Per un verso - osserva la Cassazione - si tratta soltanto della lettura di un testo normativo compiuta dall'Agenzia delle Entrate, e non, invece, di un'interpretazione autentica vincolante erga omnes; per altro verso, ed a conferma di ciò, si osserva che la stessa Agenzia - con la successiva circolare n. 23/E del 23 giugno 2022 - ha sostenuto una tesi contraria, ossia che "l'eventuale dissequestro di crediti, acquistati in violazione dei principi sopra illustrati, da parte dell'Autorità giudiziaria (ad esempio, in ragione dell'assenza di periculum in mora in capo al cessionario) non costituisce ex se circostanza idonea a legittimare il loro utilizzo in compensazione. Di conseguenza, in caso di utilizzo in compensazione di crediti d'imposta inesistenti, interessati dal provvedimento di dissequestro, gli organi di controllo procederanno parimenti alla contestazione delle violazioni e alle conseguenti comunicazioni all'Autorità giudiziaria per le indebite compensazioni effettuate".
In conclusione, è la stessa normativa successiva che ha confermato che proprio di cessione di un credito già esistente si tratta, e non di una vicenda estintivo-costitutiva: l'art. 28 del DL 4/2022, infatti, al comma 3 stabilisce la ipotesi di nullità dei "contratti di cessione", quando conclusi in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 121, comma 1, 122, comma 1, e del comma 2 dello stesso art. 28, così confermando ulteriormente il carattere derivativo dell'istituto e, dunque, la corretta interpretazione contenuta nell'ordinanza impugnata.
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