Il ruolo delle facciate attive nella transizione energetica
Per la produzione di energia rinnovabile, anche le facciate possono essere sfruttate per coprire i consumi di un edificio. Per raggiungere gli obiettivi europei si punta sempre di più sull'industrializzazione di facciate prefabbricate attive, con l'obiettivo di soddisfare le esigenze di integrazione architettonica e di multifunzionalità. Di seguito un caso studio emblematico.
Facciate prefabbricate attive: integrazione architettonica e minori consumi energetici
La recente approvazione della direttiva europea EBPD sulla prestazione energetica nell'edilizia richiede nuove soluzioni per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Le facciate offrono un potenziale ancora poco sfruttato: sebbene soluzioni integrate in facciata per produrre energia elettrica e termica già esistano, l'estetica e i costi di installazione ostacolano l'adozione su larga scala.
Per superare questo scoglio, aziende e centri di ricerca stanno puntando sull'industrializzazione di facciate prefabbricate attive, con l'obiettivo di soddisfare le esigenze di integrazione architettonica e a renderle più attrattive dal punto di vista economico.
Il contesto e le direttive Europee
I target per la neutralità climatica votati dal Parlamento Europeo sono sempre più ambiziosi e si avvicinano in fretta. L'obiettivo dichiarato dal “Green Deal” è raggiungere una sostanziale riduzione delle emissioni clima-alteranti (misurate in tonnellate di CO2 equivalente) entro il 2030 per arrivare alla neutralità climatica - cosiddetta “Zero Carbonio”, entro il 2050: una delle azioni chiave in questa prospettiva è il rinnovamento degli edifici, responsabili per oltre il 36% delle emissioni e il 40% dei consumi energetici.
Secondo le analisi di BPIE, infatti, non può esistere la neutralità climatica al 2050 in Europa senza la completa decarbonizzazione del settore edifici. Inoltre, dalla stessa analisi, emerge la riflessione sulla necessità di implementare azioni di risanamento profondo (con una riduzione dei consumi di energia primaria maggiore del 60%), che sono purtroppo ancora troppo poche (intorno al 5% dei risanamenti in Europa). Per questo, nel 2020 è stata anche lanciata la Renovation Wave con l’obiettivo di promuovere azioni concrete per incrementare il tasso di rinnovamento del parco edilizio.
In questo solco, la direttiva sulla classe energetica minima degli edifici (EBPD), approvata il 14 marzo 2023, prevede che gli edifici residenziali raggiugano almeno la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e la classe D entro il 2033.
Per gli edifici non residenziali e gli edifici pubblici, la riqualificazione dovrà avvenire ancora più rapidamente: la classe E dovrà essere raggiunta entro il 2027 e la classe D entro il 2030.
Rinnovare il parco immobiliare italiano, che si stima includa circa 7,6 milioni di edifici residenziali in classe F e G (dati Istat – Enea), significa un lavoro di ristrutturazione su larga scala, con tempi certi, che assicuri alta qualità, in particolare in termini di durabilità, nonché alte prestazioni.
La sfida coinvolge tutti i fronti e necessita dell’interazione di tutti gli attori della filiera edile, facendo leva sulle importanti innovazioni che oggi cominciano a diventare strumenti operativi: gli strumenti digitali per la gestione del progetto e dell’implementazione, la progettazione guidata dalle valutazioni sul ciclo di vita, la prefabbricazione dei componenti, l’uso di materiali a basso impatto ambientali, l’adozione di tecnologie efficienti e l’integrazione delle rinnovabili.
La sfida dell’industrializzazione e della multifunzionalità
Per raggiungere gli obiettivi comunitari della ristrutturazione profonda, di qualità e su larga scala, l’industrializzazione del processo è l’approccio che sembra il più promettente.
Negli ultimi anni il mondo delle costruzioni ha vissuto un certo fermento nell’innovazione dei processi: l’obiettivo è ottimizzare e aumentare la produttività, passando, ad esempio, dalla tradizionale posa dei mattoni da parte dei muratori a macchine che eseguono l’operazione in fabbrica.
I “Moderni Metodi di Costruire” (MMC), promossi dal governo inglese nel 2019, offrono una visione innovativa per il settore delle costruzioni, descrivendo nuove metodologie guidate da un elemento comune: l’industrializzazione.
Questo significa che la costruzione di edifici diventa sempre più simile a un processo di produzione industriale, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, la qualità e la sostenibilità dei cantieri.
Un caso emblematico della spinta verso l’industrializzazione nel settore edilizio è l’iniziativa Energiesprong che dall’Olanda ormai si sta diffondendo in molti Stati europei, Italia compresa. L’iniziativa non vincola specifiche soluzioni tecnologiche ma bensì pone obiettivi chiari per i quali l’industrializzazione del processo risulta essere fondamentale, tra i quali:
- la velocità di posa e installazione, con minimo disturbo per i residenti e utenti;
- elevate prestazioni degli edifici riqualificati;
- ritorno d’investimento minimizzato e gestione intelligente dell’energia con produzione da fonti rinnovabili.
Le soluzioni che si stanno sviluppando attorno a questi concetti sono varie, in base alle caratteristiche di ciascuna azienda, ma sono tutte contraddistinte da due elementi chiave: l’elevata replicabilità, necessaria per raggiungere il potenziale di riqualificazione, e la multifunzionalità, necessaria per soddisfare gli obiettivi prefissati dall’Unione Europea.
Come precedentemente messo in luce, la produzione di energia rinnovabile in loco diventa un aspetto fondamentale del risanamento profondo: se fino ad oggi si sono utilizzati principalmente moduli fotovoltaici installati sulle coperture, le facciate, che spesso contano le maggiori superfici per un edificio di più piani, possono diventare strategiche per produrre l’energia necessaria a coprire i consumi.
Anche per minimizzare l'ulteriore consumo di suolo, risulta imprescindibile l'integrazione delle tecnologie fotovoltaiche nell'ambiente costruito, con un'attenta valorizzazione delle superfici disponibili su edifici e infrastrutture, ponendo particolare enfasi sull'utilizzo ottimale delle facciate degli edifici. In questo senso, su scala Europea, la filiera produttiva dalle celle ai moduli dovrà essere in grado di fornire 20 GWp per gli impianti da installare in Europa entro il 2025 verso l'obiettivo di 1 TWp di capacità fotovoltaica entro il 2030. In Italia è fissato un obiettivo nazionale di 2 GWp di capacità produttiva annua entro dicembre 2025.
Le facciate sviluppate nel progetto INFINITE
Se si cerca un esempio di progetto che affronta gli aspetti dell’industrializzazione e della multifunzionalità nella riqualificazione profonda degli edifici, un caso studio emblematico è il progetto Europeo INFINITE (finanziato dallo schema Horizon 2020), coordinato da Eurac Research.
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Nel pdf viene approfondito il tema delle facciate sviluppate nel progetto H2020 INFINITE, analizzando i Kit di involucro, il Kit Building Integrated Photovoltaics (BIPV), il Kit Building Integrated Solar Thermal (BIST) e i dimostratori.
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