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Il rischio di intossicazione da monossido di carbonio in ambienti al chiuso

Il presente lavoro intende esaminare le principali caratteristiche del monossido di carbonio e il rischio di intossicazione per le persone in un ambiente al chiuso, in seguito alla presenza di un incendio o di un impianto termico o sorgenti di calore utilizzate ai fini del riscaldamento, proponendo altresì le misure di prevenzione da adottare per evitare la formazione di tale gas pericoloso negli ambienti.

Il monossido di carbonio: che cos'è 

Il monossido di carbonio (formula chimica CO) è un gas incolore, inodore, insapore e non irritante che, senza una adeguata ventilazione e per le sue caratteristiche di difficile riscontro all’interno dell’ambiente, può essere inalato dagli occupanti fino a raggiungere concentrazioni elevate a volte letali.

Infatti, l’organismo umano non è in grado di avvertire la presenza di CO in ambiente che viene assorbito per via inalatoria. Il gas è individuabile solo attraverso l’uso di apposite strumentazioni che vengono utilizzate dai soccorritori durante le operazioni di soccorso.

Il monossido di carbonio presenta una densità pari a 0,97, molto simile a quella dell’aria, deriva dall’ossidazione del carbonio in presenza di ossigeno e si produce per combustione incompleta di qualsiasi materiale organico, dovuta alla scarsa presenza di ossigeno nell’ambiente.

Può essere prodotto dal traffico veicolare, dagli impianti di riscaldamento, da caldaie, scaldabagni, caminetti, stufe a legna o a gas, braceri, oppure da attività industriali come la produzione di ghisa e acciaio, la raffinazione del petrolio, la lavorazione del legno e della carta, ecc….

Il monossido di carbonio è il principale responsabile della maggior parte dei decessi delle persone che si verificano durante gli incendi che coinvolgono gli ambienti al chiuso.


Gli effetti sulla salute del CO

Il monossido di carbonio inalato si lega con l'emoglobina, una proteina deputata al trasporto dell'ossigeno presente a livello dei globuli rossi, formando la carbossiemoglobina (COHb) che rilascia più difficilmente l’ossigeno ai tessuti.

Tale legame è molto più stabile, circa 200-300 volte, di quello formato tra emoglobina e ossigeno. In questo modo il monossido impedisce il normale trasporto dell'ossigeno ai tessuti periferici, determinando effetti tossicologici di diversa entità e pertanto viene definito gas tossico.

Per concentrazioni ambientali di CO inferiori a 5 mg/m3, corrispondenti a concentrazioni di COHb inferiori al 3%, non si hanno effetti apprezzabili sulla salute negli individui sani, mentre in pazienti con affezioni cardiache anche basse concentrazioni possono provocare una crisi circolatoria.

A concentrazioni maggiori i principali sintomi sono: cefalea, confusione, disorientamento, capogiri, visione alterata e nausea.

Concentrazioni particolarmente elevate possono causare coma e morte per asfissia [1].

In particolare, i sintomi possono riassumersi in funzione delle concentrazioni di monossido nel soggetto, come di seguito indicato [2]:

  • 10-20%, possono insorgere cefalea e nausea;
  • livelli superiori al 20% in genere causano vertigini, astenia generalizzata, difficoltà di concentrazione, e difficoltà di giudizio;
  • superando il 30%, in genere, si verifica dispnea da sforzo, dolore toracico (nei pazienti con coronaropatia) e confusione;
  • livelli più alti possono causare sincope, convulsioni e obnubilamento del sensorio;
  • quando i livelli superano il 60% si manifestano ipotensione, coma, insufficienza respiratoria e decesso.

In definitiva, le condizioni cliniche da intossicazione da CO dipendono da:

  • concentrazione di CO nell’aria inspirata;
  • durata dell’esposizione;
  • condizioni di salute delle persone coinvolte.

In caso di intossicazione grave, a distanza di giorni fino a settimane dopo l'esposizione, si sviluppano sintomi neuropsichiatrici (es., demenza, psicosi, parkinsonismo) che possono anche divenire permanenti.

Nel caso di intossicazione da incendio, i pazienti presentano lesioni respiratorie concomitanti che aumentano il rischio di insufficienza respiratoria.

Gli organi più colpiti dal CO sono quelli che richiedono maggiore fabbisogno di ossigeno, come il cervello, il cuore e i muscoli in movimento. Tra le persone esposte particolarmente suscettibili risultano essere gli anziani, le persone con affezioni dell’apparato cardiovascolare e respiratorio, le donne in stato di gravidanza, i neonati ed i bambini in genere.

Circa l’80% dei casi di avvelenamento da CO rilevati nei presidi di Pronto Soccorso, si verifica in ambito domestico. In Italia le statistiche ufficiali più recenti riportano 500-600 morti l’anno, di cui circa 2/3 per intossicazione volontaria [1].

Tali cifre sicuramente sottostimano la vera entità del fenomeno poiché molti casi di intossicazione, soprattutto quelli accidentali o i casi non mortali, non vengono correttamente diagnosticati e registrati.

Il soggetto intossicato mostra una riduzione dell’attività psicomotoria con tendenza a permanere in uno stato di torpore (effetto narcotico); successivamente, anche se l’attenzione della persona fosse richiamata bruscamente, ad esempio dal suono di una sirena che segnala la presenza di un incendio, essa avrebbe comunque bisogno dell’aiuto dei soccorritori in quanto difficilmente riuscirebbe a porsi autonomamente in salvo in quanto:

  • allo stato di torpore può seguire rapidamente perdita di coscienza o coma;
  • l’accumulo di monossido di carbonio nell’organismo dipende dall’attività respiratoria della persona; pertanto, le azioni eseguite dal soggetto come, ad esempio, tentare la fuga dal luogo dell’incendio, favorirebbe un aumento del volume di aria inspirata ed inevitabilmente anche della percentuale di carbossiemoglobina nel sangue, tale da provocare la perdita di coscienza.

Nei presidi sanitari, ai soggetti intossicati da monossido di carbonio viene somministrato ossigeno al 100% e formulata una adeguata terapia di supporto in funzione del grado di intossicazione fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’ossigenoterapia iperbarica in camera a 2-3 atmosfere di ossigeno al 100% [2].

Il rischio associato all’inalazione di monossido di carbonio è quindi molto importante: è quindi necessario rilevare la presenza di questo gas il prima possibile al fine di limitare il suo impatto sulla salute delle persone. Talvolta, dagli interventi dei Vigili del Fuoco per soccorso a persona, emerge che l’esposizione al rischio di intossicazione è anche conseguenza di condotte negligenti di persone che, nella stagione invernale, modificano gli impianti termici fissi provocandone malfunzionamenti che danno luogo alla formazione del gas oppure usano braceri o stufe in ambienti con ventilazione scarsa o assente. In ambito residenziale, spesso, tali accadimenti si verificano in particolari contesti sociali che vedono coinvolti inquilini di origine straniera.

Da quanto analizzato è quindi evidente quanto sia necessario agire con estrema urgenza non appena si riscontra il minimo sintomo.

In caso di intossicazione da monossido di carbonio è necessario:

  • areare i locali al più presto spalancando porte e finestre;
  • spegnere immediatamente tutti gli apparecchi a combustione presenti;
  • evacuare l’edificio al fine di ridurre l’esposizione delle persone;
  • contattare i soccorritori al numero unico 112, ovvero, dove non è presente il numero unico europeo per le emergenze, contattare i Vigili del Fuoco al numero 115 o i soccorsi sanitari al numero 118 e seguire le loro indicazioni;
  • eliminare ogni fonte di innesco dagli ambienti;
  •  prima di rientrare nei locali far effettuare da un tecnico abilitato una verifica degli impianti termici.


Le misure di prevenzione

La corretta informazione della popolazione sulla pericolosità del monossido di carbonio rappresenta il punto fondamentale nella prevenzione degli effetti dannosi causati da questo pericoloso gas tossico, soprattutto durante il periodo invernale.
Alcune importanti misure di prevenzione dal rischio di intossicazione da CO sono riportate nel PDF contenente l'articolo integrale.

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