Il rischio alluvione e la necessità di restituire territori ai corsi d'acqua
Alluvione Emilia Romagna, mappe di rischio, PGRA, casse di espansione: ne abbiamo parlato con Barbara Lastoria, Responsabile della Sezione “metodologie e standard per l’attuazione delle Direttive Acque e Alluvioni” all’interno di ISPRA che si è occupata anche della redazione dell’ultimo Rapporto Alluvioni di ISPRA che ricostruisce un quadro aggiornato al 2020 della pericolosità e del rischio alluvioni in Italia.
L’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna, ma con particolare violenza la Romagna è stato un evento senza dubbio eccezionale, in quanto le precipitazioni hanno raggiunto valori di ca 200-250 mm in 36 ore cadute per di più in un territorio già saturo a seguito delle precipitazioni occorse nei primi giorni di maggio e che di fatto hanno trasformato gli afflussi meteorici direttamente in deflussi superficiali che sono stati raccolti dal reticolo fluviale e propagati rapidamente nelle zone di pianura.
Tale situazione ha generato l’esondazione di 23 fiumi anche in più punti e l’allagamento di diverse zone delle province di Bologna, Modena ma soprattutto Ravenna e Forlì-Cesena.
Perché queste zone si sono allagate?
Lo abbiamo chiesto a Barbara Lastoria Ingegnere Idraulico, responsabile della Sezione “metodologie e standard per l’attuazione delle Direttive Acque e Alluvioni” all’interno di ISPRA e che si è occupata anche della redazione dell’ultimo Rapporto Alluvioni di ISPRA che ricostruisce un quadro aggiornato al 2020 della pericolosità e del rischio alluvioni in Italia.
“L’esposizione al rischio di alluvioni nella Regione Emilia Romagna è ben noto. - commenta Lastoria - Il rapporto ISPRA 2021 vede l’Emilia Romagna tra le regioni in cui le percentuali di territorio potenzialmente allagabile, così come quelle di popolazione esposta a rischio di alluvione, risultano superiori rispetto ai valori nazionali, per tutti e tre gli scenari di pericolosità/probabilità di inondazione.”
La mappa di rischio alluvione dell'Emilia Romagna: alcuni dati
Può darci qualche numero sull’esposizione al rischio alluvione?
“Per legge in base al decreto legislativo 49/2010 che recepisce la Direttiva Europea sulle Alluvioni 2007/60/CE, le mappe di pericolosità devono essere redatte su tre scenari di pericolosità che sono scenari di probabilità d'evento: abbiamo lo scenario di pericolosità elevata che corrisponde diciamo agli eventi frequenti, quello di probabilità media e poi c'è quello di probabilità rara che fa riferimento ai cosiddetti eventi estremi.
In realtà, per l’Emilia Romagna anche quando si guarda allo scenario medio di probabilità (tempo di ritorno 100-200 anni) si può constatare che le aree potenzialmente allagabili raggiungono il 45,6% di tutto il territorio regionale mentre la popolazione esposta supera ampiamente il 60%.
Le province con maggiori percentuali di territorio inondabile sono Ravenna e Ferrara in cui le percentuali di territorio inondabile (sempre per lo scenario medio) sono rispettivamente l'80% per Ravenna e il 100% per Ferrara con una popolazione esposta dell’87% per Ravenna e 100% per Ferrara.
Per la provincia di Modena, che è una delle province interessate dagli ultimi eventi, la percentuale di area allagabile è il 41,3% mentre la popolazione esposta è il 53,3%.
Per Bologna, le aree esposte al rischio alluvione sono il 50% con il 56,1% di popolazione esposta. Infine per Forlì-Cesena il 20,6% di territorio è potenzialmente allagabile con il 64% di popolazione esposta al rischio.”
Quali sono gli obiettivi del vostro Rapporto sul rischio di Alluvioni e come si collega alle altre vostre attività?
“Nel nostro Rapporto pubblicato nel 2021 e aggiornato con la situazione al 2020, abbiamo sostanzialmente ricostruito un quadro nazionale dell'esposizione e della pericolosità del rischio alluvioni, partendo da quanto realizzato dalle 7 Autorità di bacino distrettuali nell’ambito del secondo Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni (PGRA).
Sulla base di tale quadro conoscitivo, il nostro Paese fonda strategie e programmi per gestire e mitigare il rischio di alluvioni. Oltre a ciò, forniamo una modalità sostanzialmente immediata, anche per il cittadino, non solo di accesso alle informazioni ma anche a come tali informazioni sono prodotte e a cosa significano.
Oltre alla pubblicazione del Rapporto, svolgiamo un ruolo di coordinamento per quanto riguarda l’implementazione della Direttiva Alluvioni, curiamo tutte quelle standardizzazioni necessarie per rispondere alle richieste della Commissione Europea sugli adempimenti obbligatori previsti dalla direttiva e definiamo metodologie nazionali a supporto di tale implementazione.
Per esempio nella normativa europea viene chiesto che le misure di piano siano priorizzate cioè venga assegnato a esse un ordine di rilevanza e noi insieme alle Autorità di bacino distrettuali e al Ministero dell’Ambiente abbiamo definito un metodo ad hoc."
I Piani di Gestione del Rischio Alluvioni
Lei mi ha parlato di misure individuate dai PGRA, mi può parlare di più di questi Piani?
“Nei PGRA si individuano delle misure che hanno un carattere generale e all'interno di queste misure le varie Regioni individuano degli interventi.
I Piani di Gestione del Rischio Alluvioni sono redatti a livello di bacino distrettuale e per quanto riguarda l’Emilia Romagna essa fa riferimento a quello del Distretto Idrografico del fiume Po, il cui ultimo aggiornamento (il secondo) si è concluso a dicembre del 2021.
Si tratta di piani che vengono aggiornati ogni sei anni sulla base delle nuove conoscenze e di nuovi dati e diventano cogenti per ogni forma di pianificazione sottoposta.
Ogni volta che si aggiorna un piano si definiscono, sulla base delle conoscenze e dei dati acquisiti, degli obiettivi di riduzione del rischio di alluvioni che però siano raggiungibili, tenendo conto delle tempistiche e dell’onerosità non solo economica che le opere possono avere.
Infine il PRGA, a differenza dei PAI, contiene anche una parte riguardante le misure di Protezione Civile relative sia alla definizione delle attività post-emergenza che si sostanziano in recovery ossia ripristino e review che riguarda tutta l'attività di raccolta dei dati nel post evento, necessaria per ricostruire i fenomeni, gli effetti conseguenti ma anche per verificare che cosa ha funzionato, cosa non ha funzionato e che cosa bisognerà modificare.”
Le casse di espansione
Vorrei parlare delle casse di espansione e della loro utilità. Sono sempre utili e risolutive rispetto alla mitigazione del rischio?
Si tratta di opere che hanno la funzione di ridurre i volumi di piena dei corsi d’acqua e quindi la quantità di acqua che arriva a valle.
Le casse di espansione entrano in funzione solo quando si raggiunge un certo livello di acqua in alveo, a quel punto parte delle portate fluviali sfiora all’interno di queste vasche sottraendo volume al fiume stesso. La loro operatività ed efficacia è limitata dal raggiungimento di un livello specifico d’acqua in alveo e dall’estensione che esse hanno, di solito limitata.
Per questo non si può dire che la loro presenza sia la soluzione salvifica o la soluzione definitiva, ma tali opere devono essere accoppiate ad altri interventi, come quelli di tipo integrato, più efficaci e, tuttavia, più problematici da mettere in atto, perché spesso comportano il sacrificio di spazi che attualmente sono occupati da attività economiche e da insediamenti.
Si può dire, in sintesi, che le casse di espansione sono solo uno degli strumenti utilizzati ma non l'intervento risolutivo.”
Che cosa ci ha insegnato l'alluvione dell'Emilia Romagna
A chiusura di questa intervista può dirci cosa, secondo lei, ci ha insegnato questo drammatico evento?
“L'insegnamento principale è che per quanto l'uomo si sforzi di controllare la natura qualunque sia il tipo di intervento che mette in atto non porterà mai alla messa in sicurezza definitiva ma al massimo alla riduzione dei rischi.
Dall'altra parte gli interventi per la mitigazione del rischio di alluvioni si basano su un sistema di conoscenze e, come la stessa Direttiva stabilisce, queste conoscenze vanno continuamente aggiornate perché gli eventi che accadono ci danno ogni volta elementi informativi in più sia in termini di caratteristiche meteo-idro sia in termini di impatti.
L’aspetto che riguarda la conoscenza è fondamentale perché da essa dipende anche la qualità della progettazione degli stessi interventi.
Bisogna anche rendersi conto che, a parte gli interventi che dovranno essere realizzati nell’immediatezza, ovvero di ripristino degli argini, di rimozione dei detriti, ecc., in generale interventi spot, localizzati, non possono mai essere interventi risolutivi e che è invece necessaria una visione a lungo termine, così come prevede l’approccio pianificatorio.
Non dobbiamo dimenticare che una delle cause che ha generato tutto questo è l’incremento della temperatura dovuto all’aumento dei gas a effetto serra, rispetto alla cui riduzione dobbiamo impegnarci da subito altrimenti sarà come rincorrere un qualcosa che è in continua modifica ed evoluzione.
Al contempo dobbiamo cominciare a pensare che forse sarebbe opportuno restituire spazio ai corsi d'acqua che abbiamo confinato fino a costringerli in vere e proprie “scatolette”, come nel caso dei fiumi tombati.
Dovremmo fare un passo indietro rispetto alla nostra necessità di occupare sempre nuovi spazi e restituire qualcosa ai corsi d'acqua in modo tale che si possano riprendere anche degli spazi dove esondare e questo significa, in caso di piene, avere meno volumi di acqua che si propagano da monte a valle e minori impatti su persone e beni esposti.”
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