Il Restauro guarda al Futuro Digitale
Una nota del professore Angelo Ciribini a seguito dell'evento organizzato da Confartigianato, tenutosi a Milano, presso il Palazzo dei Giureconsulti, il 13 Maggio 2022.
Il Restauro guarda al Futuro Digitale è il titolo di un convegno, organizzato da Confartigianato, tenutosi a Milano, presso il Palazzo dei Giureconsulti, il 13 Maggio 2022, che offre lo spunto per avanzare alcune considerazioni propositive che si riallacciano, peraltro, alla più vasta tematica della Rigenerazione Urbana, oggetto di un coevo evento promosso da ANCE a Parma, intitolato Com’e bella la città.
Digitalizzazione dei beni culturali: i caratteri salienti
La digitalizzazione del settore dell'ambiente costruito è, in effetti, un argomento che emerge con sempre maggiore insistenza, sia per quanto concerne gli edifici, le infrastrutture, ma anche le reti, intese in una accezione onnicomprensiva, sia per quanto inerisce a un mercato assai più ristretto e specialistico come quello degli interventi sui beni culturali (immobiliari).
Da questo specifico punto di vista, risaltano alcuni caratteri salienti, riassumibili nella potenziale dicotomia tra azioni puntuali, l'intervento di restauro, e misure sistematiche, la conservazione programmata, e nella necessaria dialettica, anche nella prospettiva del Partenariato Pubblico Privato, tra investimenti promossi dalle istituzioni pubbliche e dalla proprietà privata, individuale e collettiva, delle dimore storiche e dei beni paesaggistici.
É questo un tema primario, poiché nell'impianto generale della normativa sovranazionale e internazionale (della serie UNI EN ISO 19650) la centralità del ciclo di vita utile di servizio di un edificio (che, nel caso in questione, è particolarmente prolungata) fa premio sui singoli interventi, come dimostra il rilievo che si attribuisce al cosiddetto Asset Information Model (AIM).
Parimenti, sia consentita una provocazione costruttiva, tale modello informativo relativo allo stato del bene immobiliare trova una propria prosecuzione ideale nel cosiddetto Digital Twin (DT), nell'ambito, non a caso, del Lifecycle Product Management (PLM), laddove, naturalmente, la fase ideativa e quella realizzativa del bene non appartengono all'intenzionalità della contemporaneità.
Sullo sfondo della questione, si agitano due leit motiv che suggeriscono la riconfigurazione del settore per il tramite di nuovi modelli organizzativi: la necessità di integratore attori e operatori, tra funzioni di committenza, di ideazione, di esecuzione e di gestione del Cultural Built Heritage e l'enfasi che si riporrebbe sulla nozione di immaterialità.
Come si vedrà oltre, il settore, infatti, proprio in virtù dell'elevato tasso della specializzazione richiesta e della presenza, conseguente, di una minore presenza di esternalizzazione, sul versante imprenditoriale, pur mantenendo, come per tutto il comparto, una certa frammentazione identitaria (seppur inferiore ad altri ambiti) e dimensionale, può ambire a conseguire una significativa integrazione tra il versante della domanda e quello dell'offerta.
Angelo Luigi Camillo Ciribini, DICATAM & eLux Lab, Università degli Studi di Brescia.
I vantaggi di una fruizione digitalmente abilitata dei beni culturali
Al contempo, sebbene la conservazione programmata si fondi sulla matericità dei beni costruiti da tutelare e da curare, è proprio la possibilità di una fruizione digitalmente abilitata di tali cespiti, continuamente soggettiva e dinamica, che non alteri ovviamente l'autenticità fisica degli stessi, a rappresentare come, anche senza essere necessariamente interattivo nella direzione dei cosiddetti edifici intelligenti, cognitivi, reattivi, autonomi, l'immobile vincolato possa contribuire all'erogazione di servizi (culturali e turistici, ma anche sociali) agli utenti, nel contesto dello User Centrism.
La disciplina del restauro architettonico, alla luce di una evoluzione avvenuta nel corso di alcuni secoli (probabilmente sin dalla seconda metà del Settecento), sembra, in effetti, attualmente attestarsi sulla dimensione della conservazione programmata o preventiva, in attesa di divenire predittiva, stante a indicare sia la necessità di salvaguardare l'autenticità materica dei beni culturali immobiliari sia la concezione della stessa cura dilatata nel tempo e non affrontata esclusivamente in maniera puntuale, come era, invece, fisiologicamente connesso ad alcune tradizioni diffuse nel passato.
Al contempo, si tratta di un segmento di mercato fortemente distinto da quelli contigui del recupero, della riabilitazione e della riqualificazione, che si estendono, già entro il cosiddetto Super Bonus 110% e ancor maggiormente nella prospettiva della rigenerazione urbana, verso la sostituzione edilizia.
Immaginare che per questo comparto possa darsi una cultura industriale (eventualmente riconducibile alla Quarta Rivoluzione Industriale) potrebbe apparire stravagante se si rimandasse a immagini iconiche di prodotti immobiliari ripetibili e realizzabili, in parte, fuori opera (Off Site), per poi essere assemblati in sito per componenti, manifatturati entro piattaforme digitali di produzione.
Il punto, tuttavia, è che il pensiero e la prassi industriale, più che non a una concezione di industrializzazione edilizia, già nel secolo scorso sommariamente identificata con la prefabbricazione, magari pesante e chiusa, tipica dei programmi pluriennali di stampo sovietico e della ricostruzione post bellica francese, dovrebbe essere riportato sul piano di contesti socio-tecnici e giuridico-contrattuali improntati alla integrazione tra funzione del versante della Domanda e del versante dell'Offerta, tra professionalismo e imprenditorialità, tra processi autorizzativi e investimenti partenariali.
Se assunta la questione entro questi termini, forse la Twin Transition potrebbe trovare nella conservazione programmata o preventiva, in futuro persino predittiva, un luogo di esplicitazione ideale.
All'interno di questo paradigma potrebbe, peraltro, darsi una riflessione paradossale su alcuni concetti, come quello della circolarità, ma, in definitiva, molti elementi connotanti lo sviluppo sostenibile, non solo ambientali, ma pure economici e sociali, si potrebbero rinvenire agevolmente nell'approccio in oggetto.
Quale ruolo allora per la digitalizzazione per il futuro del restauro?
Quale, però, possa essere davvero il ruolo della digitalizzazione, nelle sue molteplici forme, per il futuro del restauro è un argomento che deve misurarsi, anzitutto, con la relazione che intercorre tra il cespite fisico e la sua replica digitale, laddove questa «ombra digitale» conta nella misura in cui i flussi informativi determinati da recettori e operati da attuatori dipendono dalla intelligenza, più o meno naturale o artificiale, data dai sistemi di co-simulazione del funzionamento degli edifici e della fruizione degli utenti.
Tutto ciò si riferisce, d'altronde, a un ambito in cui le prestazioni dei beni immobiliari culturali sono fortemente condizionate dalla oggettualità degli elementi fisici (giacché la conservazione resta della matericità, in primo luogo) e nel quale, però, l'uso da parte degli attori umani (ad esempio, dei turisti) si presta a una «consumazione del prodotto» che, proprio per non compromettere gli elementi costruttivi nella loro fisicità, da tutelare, vede nell'erogazione di servizi turistici, culturali, sociali, in presenza e in remoto, la forma più interessante di valorizzazione e di produzione di valore e di marginalità.
Da questo punto di vista, la centralità del dato (dell'informazione, specie tramite dati strutturati o semi-strutturati) e della comunicazione (della trasmissione dei dati) potrebbero trovare nella conservazione programmata un ambito elettivo, nel contesto di una trasformazione del mercato che vede negli edifici interconnessi i veicoli di erogazione di servizi personalizzati, di servizi alle persone: come testimonia la smart home.
Resta la necessità di mettere a sistema finanziatori, sponsor, investitori, committenti, sovrintendenti, professionisti e imprenditori attraverso un ecosistema digitale, eventualmente supportato da piattaforme tecnologiche.
Il che significa che, ancor prima di guardare alla digitalizzazione della progettazione, della esecuzione o della gestione dei beni culturali, sarebbe opportuno iniziare a ipotizzare la configurazione di luoghi digitali che integrino logiche e culture eterogenee, interne ed esterne al settore dell'ambiente costruito.
Per questa ragione, accanto ai Sustainable Development Goals, sarebbe auspicabile abilitare digitalmente, almeno in parte, gli Environment Social Governance Criteria, dato che il mondo del credito e della finanza non potrà, nel prossimo futuro, prescindere da essi.
In definitiva, la finanza sostenibile, per gli intermediari finanziari, richiederà sempre più agli operatori del settore dell'ambiente costruito l'interiorizzazione dei criteri valoriali emergenti, che non si limitano ai tradizionali indicatori di prestazione, spesso, peraltro, assenti in molti interventi e in molti operatori economici.
Il restauro, o meglio la conservazione programmata, ha sicuramente potenzialità importanti, anche entro quadri partenariali di sviluppo immobiliare (nel senso meno angusto: sociale) più ampi, tipici della Rigenerazione Urbana, geo-spazialmente governata, dato che ciò che conta sono le strutture e i modelli di dati inerenti non solo ai singoli edifici.
In questa ottica, la nozione di bene immobiliare quale cespite comportamentale si situa entro l'ambito della creazione di valore come generazione di contesti culturali, ambientali e sociali.
Il che significa che l'incentivazione di tali obiettivi non possa prescindere da una strategia e da una politica, ma pure che occorrano metriche per rating, appunto abilitabili attraverso la digitalizzazione.
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