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Il problema delle acque incrostanti: la resistenza chimica delle paste di cemento

Cerchiamo di comprendere nel dettaglio una problematica di degrado riguardante le coperture, che non dipende dalla corretta posa in opera del sistema impermeabile, bensì dipende dalla classe di esposizione ambientale XA delle paste di cemento.

Conoscere, verificare e poi agire… 3 step fondamentali per garantire la durabilità delle opere, in particolare dei sistemi impermeabili

Le acque incrostanti, un problema tanto grave, quanto comune. Nel corso degli anni, ho potuto constatare che in molti, nel settore delle “impermeabilizzazioni”, hanno provato a spiegare alcune particolari problematiche che affliggono le coperture. Mi riferisco in questo caso, ai fenomeni patologici che causano l’occlusione degli scarichi e/o delle colonne pluviali dei terrazzi di copertura, per via di formazione di concrezioni calcaree, senza però mai centrare realmente il problema. Come dico sempre, anche durante i miei corsi, conoscere è già metà dell’opera, se non si conosce non si può comprendere men che meno spiegare.

“Se conosci il nemico e conosci te stesso, non devi temere il risultato di cento battaglie. Se conosci te stesso ma non il nemico, per ogni vittoria ottenuta subirai anche una sconfitta. Se non conosci né il nemico né te stesso, soccomberai in ogni battaglia.”

Ma cosa c’è di vero in queste “teorie”? E cosa è stato scarsamente (o per nulla) compreso dagli autori di suddette teorie?! Facciamo chiarezza!

Innanzitutto per comprendere qualsiasi problematica di degrado, bisogna indagare la questione step-by-step, ed una corretta ed accurata anamnesi dell’opera, è senz’altro imprescindibile. Secondariamente, per comprendere e risolvere gli effetti patologici che colpiscono la pasta cementizia nel calcestruzzo, o equivalentemente che causano fenomeni di degrado nei confronti di malte cementizie, dobbiamo sempre rifarci alle classi di esposizione ambientale (vedasi fig. 1) ed ogni buon Tecnologo del Calcestruzzo lo sa bene.

Nel nostro caso specifico, a seguito di una accurata ed approfondita anamnesi, prestando perciò particolare attenzione ai problemi manifesti, comportanti concrezioni calcaree che occludono gli scarichi, piuttosto che difetti dovuti al dilavamento (vedasi foto 1, 2,3 e 4 ), possiamo certamente stabilire di trovarci in classe di esposizione ambientale XA.

FIG. 1 - Classi esposizione ambientale, rif. Mario COLLEPARDI – il nuovo calcestruzzo 6^ ed.

A questo punto, è bene ricordare che quando si parla di ambienti chimicamente aggressivi, nei confronti appunto del calcestruzzo e/o in modo analogo se consideriamo le malte cementizie, va stabilito se ci troviamo in presenza di terreni chimicamente aggressivi o di acque chimicamente aggressive.

Foto 1 e 2 - Mario PICCININI

In particolar modo, in questo articolo mi occuperò di illustrare il più brevemente possibile, pur mantenendo un certo rigore scientifico, in cosa consiste realmente e perché si manifesta questo fenomeno degenerativo, scaturito dalla presenza e soprattutto dal contatto con acque contenenti CO2 aggressiva, che è alla base come vedremo più avanti, di fenomeni di scarsa durabilità e di intensa diminuzione delle resistenze meccaniche dei manufatti in cls e c.a./c.ap., per via dell’asportazione di massa superficiale dovuta al dilavamento.

Se per avventura, proviamo a “ridimensionare” il problema possiamo adottare il medesimo principio che sta alla base della reazione chimica di degrado e sfruttarlo, per comprendere e soprattutto spiegare come e perché un massetto cementizio si degrada fino a poi generare quelle che sono delle gravissime problematiche dovute alle concrezioni calcaree all’interno delle tubazioni di scarico e che spesso possono degenerare anche in evidenti difetti estetici magari addirittura in facciata (vedi foto 3).

FOTO 3 (a sx) di Mario Piccinini
FOTO 4 (a dx) di Emilio Sorridente

Fatta dovuta premessa, passiamo finalmente a comprendere e spiegare sul serio, quando e perché un’acqua è da ritenersi chimicamente aggressiva…

Un’acqua è da ritenersi chimicamente aggressiva, se contiene uno o più composti di concentrazione, superiore alla soglia critica. In particolar modo mi riferisco a:

  • SO4 - Solfato (≥ 200 mg/l);
  • Acidi (pH ≤ 6.5);
  • CO2 - Andride Carbonica (≥ 15 mg/l);
  • NH4 - Ammonio (≥ 15 mg/l);
  • Mg - Magnesio (≥ 300 mg/l).

In base a quale intervallo ricade, la concentrazione (vedasi tabella 1), è necessario adottare delle opportune misure di prevenzione secondo quanto riportato dalla Normativa UNI EN 206, per quanto riguarda il massimo rapporto a/c, Rck minimo e quantitativo minimo di cemento, per aggregati con diametro compreso tra 20mm<x<32mm.

Tabella 1 – rif. Luigi COPPOLA - Concretum

Facendo dunque particolare riferimento alla classe di esposizione XA3, ovvero la situazione peggiore a cui possiamo e dobbiamo fare fronte, riferendoci alla medesima classe di esposizione ambientale, sarebbe opportuno rivestire con una protezione anti-acido (personalmente lo ritengo strettamente necessario), a base di resina epossidica o poliuretanica. Più nello specifico, se ci rivolgiamo alle acque contenenti CO2 aggressiva, dobbiamo comprendere che:

"L’azione aggressiva nei confronti del CLS o nei confronti delle paste di cemento, viene esaltata dall’anidride carbonica libera, presente nelle acque sottoforma di acido carbonico (H2CO3)".

La CO2 libera, cioè non combinata in forma di carbonati o bicarbonati, inizialmente reagisce con l’idrossido di calcio, formando carbonato di calcio. Successivamente il carbonato di calcio, può reagire con l’acido carbonico formando bicarbonato di calcio, che ricordo al lettore essere altamente solubile in acqua.

Questo genera una asportazione piuttosto marcata della massa superficiale del calcestruzzo o equivalentemente delle paste di cemento costituenti le malte cementizie, con un conseguente indebolimento delle prestazione meccaniche, innescando quindi un degrado non solo “estetico”, ma anche e soprattutto strutturale se pensiamo alle strutture in c.a./c.a.p..

Figura 2 – Equazione di equilibrio, rif. Mario COLLEPARDI – Scienza e tecnologia del calcestruzzo III ed.

Questo cosa ci fa comprendere?!

Che esiste, nelle acque una concentrazione di CO2 libera, in grado di garantire l’equilibrio chimico della reazione. E quindi, se ci troviamo in presenza di un tenore di CO2 aggressiva in eccesso, rispetto a quella necessaria per garantire l’equilibrio della reazione, quest’ultima tenderà a spostarsi verso destra (vedi fig. 2), con conseguente asportazione della massa superficiale, per via del dilavamento del carbonato di calcio della matrice cementizia.

A seguito della formazione del bicarbonato di calcio, ulteriore conseguenza degradante già accennata è appunto la perdita di massa, come conseguenza dell’aumento della porosità, che ha come ulteriore fenomeno degenerativo una notevole riduzione delle prestazioni meccaniche. Se al contrario, l’acqua presenta un tenore di CO2 libera inferiore rispetto al valore di equilibrio, la reazione si sposta verso sinistra, con conseguente formazione di calcare (vedi fig. 2 e 3).

Figura 3 – rif. Luigi COPPOLA - Concretum

Ciò sta a significare che una parte del bicarbonato disciolto in acqua, si deposita in forma di incrostazioni calcaree, che vanno poi appunto a depositarsi sulla parte corticale della struttura in calcestruzzo. Va precisato anche che, in questo caso non subisce alcun tipo di degrado se non puramente estetico (vedasi foto 3 e 4).

Contemporaneamente a ciò, le incrostazioni possono tranquillamente andare a depositarsi negli scarichi e nelle colonne o lungo le tubazioni pluviali cagionandone col tempo l’occlusione (vedasi foto 1, 2 e 4). Al verificarsi di queste specifiche condizioni, l’acqua si dice incrostante. Per mitigare al massimo e nella maggioranza dei casi prevenire veramente, questo tipo di problematiche, sarebbe opportuno utilizzare dei cementi pozzolanici o d’altoforno.

Concludo salutandovi con una citazione che personalmente trovo stupenda:

Il più grande nemico della conoscenza non è l'ignoranza, è l'illusione della conoscenza.

Bibliografia utilizzata e consigliata:

  • Scienza e tecnologia del calcestruzzo III ed. – Mario COLLEPARDI - editore HOEPLI;
  • Il nuovo calcestruzzo sesta ed. – Mario COLLEPARDI, Silvia COLLEPARDI, Roberto TROLI – edizioni Tintoretto;
  • CONCRETUM – Luigi COPPOLA – editore McGraw-Hill;
  • Il calcestruzzo materiali e tecnologia I ed. – Vito ALUNNO ROSSETTI – editore McGraw-Hill;
  • Il calcestruzzo materiali e tecnologia III ed. – Vito ALUNNO ROSSETTI – editore McGraw-Hill.

P.s.: “Citando la bibliografia, sento il bisogno viscerale di cogliere finalmente l’occasione per ringraziare pubblicamente il Prof. Mario COLLEPARDI, per avermi fatto dono qualche anno fa del testo Scienza e tecnologia del calcestruzzo III ed., facente parte della sua personale collezione, con tanto di dedica personale. Ancora grazie mio Maestro, non La dimenticherò mai!!

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