Il prezzo umano dei cambiamenti climatici: i nemici sono l'indifferenza ma anche l'ortodossia ambientale
Il prezzo umano dei cambiamenti climatici non è solo un dato astratto ma una realtà concreta e devastante. Nel 2023, 2,5 milioni di americani hanno dovuto abbandonare le loro case a causa di disastri ambientali, un campanello d'allarme che sottolinea l'urgenza di agire. Questo articolo invita a una presa di coscienza collettiva sulla necessità di politiche di adattamento più efficaci e di un impegno globale per affrontare una delle sfide più gravi del nostro tempo.
2023: 2,5 milioni di americani hanno dovuto lasciare le loro case per problemi ambientali
L'andamento del dibattito sul cambiamento climatico sembra seguire un ritmo altrettanto variabile e imprevedibile quanto il clima stesso.
Vi sono momenti in cui, spinti da eventi catastrofici o da vertici internazionali, l'attenzione mediatica e politica sul tema raggiunge il suo apice, diventando argomento prioritario nelle agende di governi e organizzazioni. Durante questi picchi di attenzione, il pubblico si mobilita, le strade si riempiono di manifestanti, e i social network brulicano di hashtag dedicati.
Tuttavia, altrettanto rapidamente, l'interesse sfuma, lasciando il posto a una quiete preoccupante per mesi e mesi, fino al successivo evento catastrofico.
Questo alternarsi di attenzione e disattenzione non fa che evidenziare una pericolosa mancanza di consapevolezza o, forse, di volontà di affrontare con costanza e determinazione uno dei problemi, anzi IL problema, più grave e urgente del nostro tempo.
Così accade che mentre le discussioni si placano e gli occhi si distraggono, le conseguenze del cambiamento climatico continuano a manifestarsi in maniera sempre più drammatica e tangibile: incendi devastanti, uragani di intensità sempre maggiore, ondate di calore mortali, e la perdita irreversibile di biodiversità sono solo alcuni dei segnali che il nostro pianeta ci invia, implorando un cambio di rotta.
E' quindi fondamentale per chi si occupa di comunicazione, come il sottoscritto, cercare di porre costantemente l'attenzione sul problema del clima, ed evitare che se ne perda l'urgenza.
Su questo punto ho trovato molto interessante il reportage di Aidan Gardiner sul New York Times del 22 febbraio 2024, che non è solo un campanello d'allarme, ma un vero e proprio grido disperato per azioni concrete contro il cambiamento climatico.
Nel 2023, i disastri climatici hanno sradicato le vite di "2.5 million Americans", spingendoli lontano dalle loro case e immergendoli in un vortice di incertezze.
Questi eventi, da uragani a incendi boschivi, non sono semplici cifre su un grafico: portano con sé "food shortages" e "predatory scams", dilemmi che affliggono gli sfollati ben oltre il momento del disastro.
Il racconto di Gardiner, arricchito dalle testimonianze di chi ha vissuto queste tragedie, fa luce sulla complessità del problema. Il dato di "28 disasters" con danni miliardari è la punta dell'iceberg di una questione globale che richiede un'azione coordinata e immediata.
La visione offerta dall'articolo è un promemoria doloroso di quanto sia cruciale non solo mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici ma anche preparare le nostre società a rispondere più efficacemente a queste crisi. Come sottolineato da Andrew Rumbach dell'Urban Institute, la comprensione e l'azione sui "cumulative cost" di queste tragedie è fondamentale.
E' un problema che riguarda ovviamente anche il nostro Paese, come ha documentato l'amico Pietro Mezzi con l'articolo "La crisi climatica avanza, ma le politiche di adattamento sono ferme al palo", con il supporto dell'ex ministro e direttore scientifico di AsviS Enrico Giovannini. Un articolo in cui riprendiamo i numeri del dissesto idrogeologico e degli eventi catastrofici crescono di anno in anno e aumentano morti e danni grazie ai dati di Legambiente e Cresme.
Come possiamo, allora, muoverci oltre la constatazione del danno per costruire un futuro più resiliente?
La risposta giace nella collaborazione tra governi, settore privato e comunità locali per rafforzare le infrastrutture, le reti di supporto sociale e, soprattutto, per accelerare il passaggio a fonti energetiche pulite e sostenibili.
Le storie di sofferenza e resilienza raccolte da Gardiner nel New York Times devono essere il catalizzatore per un cambiamento significativo. È tempo di agire, con determinazione e speranza, per lasciare alle prossime generazioni un mondo più sicuro e vivibile.
E per farlo occorrono dati, informazioni.
Riprendendo l'articolo di Aidan Gardiner, nel tentativo di quantificare e comprendere l’impatto dei disastri climatici, il Census Bureau ha integrato nel suo “Household Pulse Survey” domande specifiche sui disastri a partire da dicembre 2022. Sebbene le metodologie di raccolta dati presentino delle sfide, evidenziate dalle parole di Dr. Rumbach come “a bit of a grain-of-salt number”, questo approccio offre comunque uno dei migliori set di dati disponibili sull’argomento.
Household Pulse Survey
Il "Household Pulse Survey" è un'indagine condotta dall'U.S. Census Bureau per raccogliere dati in tempo reale sull'impatto della pandemia di COVID-19 su famiglie e individui negli Stati Uniti. Copre temi come l'occupazione, l'istruzione, la sicurezza alimentare, la salute, le abitudini di spesa e l'accesso all'assistenza sanitaria. Questo strumento fornisce insight preziosi sulle condizioni di vita e sul benessere degli americani durante il periodo della pandemia, aiutando i policymaker a formulare risposte informate. Per dettagli specifici o aggiornamenti recenti, sarebbe necessario consultare direttamente il sito web del Census Bureau o le pubblicazioni specifiche dell'indagine.
Interessante è la constatazione che gli uragani rimangono la causa più citata di sfollamento, seguiti da inondazioni e incendi, con stati come Florida, Texas, California e Louisiana che vedono centinaia di migliaia di persone fuggire dalle proprie case. La difficoltà di ottenere un conteggio preciso degli sfollati, come evidenziato dalle agenzie di risposta e dai gruppi no-profit, pone in risalto la complessità della gestione e della comprensione di tali disastri.
Ancora più preoccupante è l’impatto sproporzionato dei disastri sulle comunità meno privilegiate, con persone appartenenti a minoranze etniche e gruppi economicamente svantaggiati che tendono a essere spostate più frequentemente e per periodi più lunghi.
Questa disparità richiama l’attenzione sulla necessità urgente di politiche inclusive ed efficaci per affrontare le radici e le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Anche perchè come abbiamo evidenziato in un altro articolo scritto dal sottoscritto qualche mese fa, "Il cambiamento climatico sta cambiando le gestione del rischio e il ruolo delle assicurazioni", le assicurazioni stanno smettendo di sottoscrivere polizze nei luoghi a rischio.
In sintesi, il lavoro del Census Bureau e le riflessioni degli esperti citati nell’articolo originale del New York Times sottolineano l’importanza di affinare i nostri strumenti di analisi e le nostre risposte ai disastri climatici, con l’obiettivo di proteggere e sostenere le comunità più vulnerabili.
Un esempio virtuoso: il caso Copenaghen
Sempre Pietro Mezzi, nell'articolo "L'adattamento climatico di Copenaghen: i progetti di resilienza urbana della città" ci mostra che esistono esempi positivi. Copenaghen ha attuato nel tempo diversi interventi adattivi ai cambiamenti climatici e pianificazioni con indicazioni operative per come costruire nuovi edifici, superfici permeabili, micro-parchi di quartiere e tetti e pareti verdi per la laminazione delle acque di pioggia.
L'articolo mostra quali siano stati i progetti realizzati. E con Pietro continueremo ad analizzare altri casi ed esempi positivi.
Ma nel 2021 aveva affrontato il tema anche il sottoscritto con l'articolo "Non siamo su un sentiero di resilienza" sulla base dell'esperienza di New York e del piano elaborato per aumentare la resilienza idraulica della grande metropoli che si affaccia sui fiumi Hudson ed East River: OneNYC 2050
OneNYC 2050 è un'iniziativa ambiziosa lanciata dalla città di New York per affrontare alcune delle sfide più pressanti del nostro tempo, inclusi il cambiamento climatico, l'equità sociale e l'infrastruttura economica. Il piano mira a trasformare New York in una metropoli più forte, più giusta e più sostenibile per tutti i suoi abitanti, garantendo al contempo che la città sia preparata ad affrontare le sfide future.
Al centro di OneNYC 2050 ci sono otto obiettivi chiave: crescita e sviluppo economico, equità e inclusione sociale, salute e benessere, efficienza energetica e ambientale, resilienza e sostenibilità, infrastrutture moderne, mobilità urbana e partecipazione civica. Ogni obiettivo è supportato da piani d'azione specifici che includono progetti innovativi e investimenti strategici.
Il piano pone un'enfasi particolare sulla resilienza climatica, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, migliorare l'efficienza energetica degli edifici e sviluppare infrastrutture verdi. Inoltre, OneNYC 2050 si impegna a migliorare l'accessibilità e l'affordabilità dell'abitazione, a promuovere una maggiore equità sociale ed economica e a rafforzare i sistemi di trasporto pubblico.
Attraverso la collaborazione tra il governo cittadino, il settore privato e i cittadini, OneNYC 2050 mira a creare un futuro sostenibile per New York, rendendola un modello di innovazione urbana e resilienza a livello globale.
E noi ? quale piano abbiamo messo in atto per aumentare la resilienza delle nostre città ? per farlo dovremo impiegare gli stessi tempi e le stesse difficoltà che abbiamo avuto con il MOSE ?
E ne aggiungo, lo affronteremo solo nell'ambito di riqualificazioni di quartieri che portano a un surplus finanziario importante?
Perchè tra gli esempi virtuosi da portare a livello internazionale abbiamo quello di Porta Nuova di Milano.
Il quartiere Porta Nuova a Milano ha raggiunto un traguardo eccezionale diventando il primo quartiere al mondo certificato sostenibile secondo gli standard LEED e WELL for Community. Queste certificazioni, con rating Gold, riconoscono gli sforzi di Porta Nuova nella sostenibilità ambientale, sociale ed economica. L'impegno verso lo sviluppo sostenibile è ulteriormente confermato dai punteggi elevati assegnati da GRESB, posizionando tre fondi immobiliari tra i più sostenibili in Europa.
Un riqualificazione che ha creato valore: la ricerca del Politecnico di Milano e The European House - Ambrosetti svela che Porta Nuova genera investimenti nell'economia reale per oltre 870 milioni di euro annui, supportando più di 4.500 posti di lavoro. Questo sviluppo ha portato alla riqualificazione di un'area precedentemente compromessa, contribuendo significativamente all'economia, all'ambiente e al tessuto sociale di Milano.
Ma la sfida è: lo faremo anche per quartieri in aree di interesse economico meno interessante ?
E ci sono altre sfide da superare.
Il pericolo dell'ortodossia ambientale: quando i preconcetti sono pericolosi
Su Ingenio stiamo riprendendo - come già evidenziato - alcuni casi positivi e concreti per il miglioramento della resilienza climatica dei territori. In alcuni miei articoli, come quelli di Pietro Mezzi, abbiamo evidenziato che è possibile intervenire, per adeguare la capacità delle città e dei territori ai cambiamenti climatici già avvenuti.
Quello che però emerge dai disastri accaduti anche nel nostro Paese, vedi ad esempio nella Romagna, in Toscana, nelle Marche nel 2023, è che spesso i soldi si siano stanziati ma quello che sia mancato siano stata poi la capacità di spenderli, e questo spesso sia dipeso da due fattori: la burocrazia normativa e l'ortodossia ambientale.
E per comprendere quanto questo fenomeno sia rilevante e pericoloso è sufficiente leggere l'articolo 50 della Direttiva per il Riprisitino della natura.
La normativa europea sul ripristino della natura, concordata con i governi dell’UE, è stata approvata il 27 febbraio 2024 con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astensioni.
Il regolamento mira a garantire il ripristino degli ecosistemi degradati in tutti i Paesi dell'UE, contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare.
Ma come è possibile appurare dal capito 50 il pericolo dell'ortodossia ambientale incide pesantemente sulla possibilità di incidere sulla resilienza dei territori. Quando si parla di rimozione di opere di idrauliche, di ripristino della connessione naturale ... il pericolo è che questa direttiva possa diventare un ulteriore ostacolo alla realizzazione degli interventi idraulici è reale.
Ma di questo scriveremo in un prossimo articolo.
Fonte: Aidan Gardiner, “Disasters Forced 2.5 Million Americans From Their Homes Last Year”, The New York Times, 22 febbraio 2024.
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