Il Perito denuncia: l'acciaio delle cerniere del MOSE non è quello dei test, durabilità a rischio
Il MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico), la grande opera di ingegneria civile, ambientale e idraulica in fase di realizzazione e finalizzato alla difesa di Venezia e della sua laguna dalle acque alte, "sembra" avere un problema di materiali. Un parere esimo, di un professore di metallurgia, denuncia l'uso di un acciaio diverso dal progetto e non adatto.
Ecco il nostro approfondimento.
L'acciaio delle cerniere del MOSE non è quello giusto ?
Uno studio di nove pagine firmato dal professor Gian Mario Paolucci, già docente di Metallurgia all’Università di Padova ed esperto del Provveditorato alle Opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque) mette a nudo una situazione grave, che potrebbe far slittare il completamento dell’opera previsto per il giugno 2018: l’acciaio con cui sono state costruiti i perni delle cerniere non è quello del progetto e dei test. C’è dunque la possibilità di «corrosione dei materiali delle cerniere, cuore dell’intero sistema da 5 miliardi e mezzo di euro, con la possibilità di un cedimento strutturale della paratoia».
Non stiamo parlando un particolare insignificante.
Sul sito del MOSE (LINK) troviamo "Le cerniere delle paratoie sono il cuore tecnologico delle barriere mobili per la difesa dalle acque alte. Per ciascuna paratoia la coppia di cerniere è necessaria per:
- vincolare le paratoie ai cassoni di alloggiamento;
- consentire il movimento delle paratoie (sollevamento e abbassamento);
assicurare la connessione tra le paratoie e gli impianti per il funzionamento delle barriere mobili.
Ogni cerniera è costituita da due elementi principali uniti tra loro: il maschio, vincolato alla paratoia, e la femmina solidale al cassone di alloggiamento."
MOSE: la costruzione partita nel 2003
Ricordiamo che l'esecuzione dei lavori è affidata al Consorzio Venezia Nuova che opera per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Magistrato alle Acque di Venezia.
La realizzazione dell'opera è stata avviata nel 2003 contemporaneamente alle tre bocche di porto lagunari e ha raggiunto un avanzamento pari a oltre l'85%. Un'opera dal valore di quasi 6 miliardi: cinque miliardi e mezzo di euro che abbiamo speso, e mancano appena duecento milioni alla conclusione dei lavori. E altri quattro anni prima dell’entrata in esercizio delle barriere contro l’acqua alta, dopo l’avviamento sperimentale che secondo il cronoprogramma dei cantieri è stato ulteriormente spostato al 2018.
Un'opera sotto controllo, perchè il 4 giugno 2014, nell'ambito di un'inchiesta anticorruzione da parte della magistratura italiana, sono scattati 35 arresti e 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni.
Per il MOSE usato acciaio non inossidabile ?
Ora, è una perizia commissionata dallo stesso Provveditorato e consegnata a fine ottobre, che non fa dormire sonni tranquilli ai nuovi responsabili dell’Ufficio delle Infrastrutture e del Consorzio (Fonte: Espresso): «La natura metallica non inossidabile del materiale prescelto con cui è stata realizzata la maggior parte dei componenti immersi», scrive Paolucci, «rende quest’ultimo particolarmente vulnerabile alla corrosione elettrochimica provocata dall’ambiente marino». «Abbiamo l’assoluta convinzione che la protezione offerta dalla vernice non sia totale né duratura, causa le abrasioni prodotte da sabbia e detriti». Dunque, l’unica protezione che resta è quella catodica. Ma ad eccezione di Treporti, le paratoie che hanno lo zinco protettivo non sono ancora state montate sui cassoni, sott’acqua da tre anni. E senza protezione la corrosione avanza. Non è prevista manutenzione se non dopo cento anni. «In questa situazione, scrive il professore, «c’è la seria probabilità che la corrosione provochi danni strutturali e dunque il cedimento della paratoia».
Le cerniere delle paratoie sono state costruite dalla Fip di Padova, azienda del gruppo Mantovani. Sono formate da un «maschio», agganciato alla paratoia, e da una «femmina», cementata nei cassoni di fondazione. «Il connettore femmina, dal quale dipende il funzionamento delle barriere mobili», scrive l’ingegnere, «costituisce l'anello debole dell'apparato a causa di un mancato controllo ispettivo per la sua intera vita di 100 anni, a meno di una laboriosa e costosa manutenzione straordinaria. Inoltre, la necessità di effettuare tale manutenzione verrebbe segnalata da malfunzionamenti causati da danni ormai avvenuti e talvolta irreparabili. Cioè, quando è troppo tardi. In questo caso, l'unica cosa da fare è sperare che i danni che certamente si saranno verificati sui connettori femmina di Lido, San Nicolò, Malamocco, Chioggia, siano contenuti».
Da quanto emerge nell'inchiesta pubblicata dall'espresso emergono differenze sostanziali tra l’acciaio utilizzato per i test e quelli poi utilizzati nella costruzione delle 158 cerniere.
Il primo, scrive Paolucci, era acciaio inox superduplex prodotto dalle Acciaierie Valbruna di Vicenza. Il secondo invece – che proviene con ogni probabilità dall’Est – era di lega diversa e di costo ovviamente inferiore. «Questa difformità della lega lascia qualche margine di dubbio sulla tenuta strutturale e anticorrosione nel tempo di questo importantissimo elemento strutturale». Paolucci suggerisce un controllo dei perni per evidenziare eventuali «microcricche». «Prima che rendano possibile la deformazione del perno e il suo incastro».
A pensare che l'ing. Patrizio Cucioletta, Presidente e Magistrato delle Acque nel 2010, aveva dichiarato che queste cerniere rapresentassero per l'Italia "un bel biglietto da visita da un punto di vista tecnologico, progettuale e industriale" (LINK VIDEO)
MOSE: storia di corruzione e mazzette
Ricordiamo che l'ex presidente del Magistrato alle acque, Patrizio Cuccioletta, ha poi in seguito deciso di collaborare con i PM, confermando di aver ricevuto dal presidente del Consorzio Venezia Nuova uno stipendio annuo di 400 mila euro, una mazzetta da 500 mila, di aver fatto assumere la figlia Flavia alla “Thetis”, società controllata dal Consorzio e di aver fatto avere un contratto da 38 mila euro al fratello architetto Paolo. In cambio, Cucioletta avrebbe omesso di effettuare la vigilanza delle opere alle bocche di porto ed evitato di segnalare le irregolarità nei lavori.
Sull'Espresso già a novembre si era parlato di un enorme problema corrosione: "Durante una recente ispezione, i tecnici si sono accorti che il tubo d'acciaio di vari millimetri di spessore che attraversa tutti i cassoni subacquei alla bocca di Malamocco è già bucato. Il problema inaspettato è la corrosione massiccia che l'ha trapassato. È così malridotto che l'impianto pneumatico non può funzionare. La colpa viene data all'entrata del mare durante una burrasca l'anno scorso: la rete di gallerie per la manutenzione venne sommersa da due metri di acqua salata. Ne entrò così tanta, che nel cuore del Mose trovarono spigole e acciughe. Le protezioni esterne non erano sufficientemente alte per impedire che le onde si infilassero nella scala che scende ai tunnel. Le imprese coinvolte accusarono lo Stato che, ritardando i finanziamenti, non aveva permesso il completamento delle banchine. Nessuno aveva evidentemente programmato il cantiere in modo da prevenire l'incidente. Le gallerie vennero poi prosciugate. Ma pochi giorni sott'acqua possono aver provocato una corrosione tanto grave a un sistema che dovrebbe durare decenni in ambiente salmastro? «Ci sono due possibilità», spiega un tecnico del cantiere: «O l'acciaio fornito era di pessima qualità oppure, cosa che pensiamo, al passaggio delle maree quattro volte al giorno il Mose si comporta coma una gigantesca pila. Il progetto non sembra aver previsto protezioni catodiche per la rete metallica interna e così i processi elettrolitici hanno accelerato la corrosione. Bastava installare anodi sacrificali, come si fa sulle tubature del gas, sulle eliche o sugli scafi delle navi». Il tubo va sostituito per tutta la sua lunghezza: quasi quattrocento metri."
Ora viene alla luce la perizia del Prof. Paolucci e comprendiamo il perchè. Ma la notizia non è nuova. Nel 2012 una puntata di Report raccontava di come il Comitato Tecnico di Magistratura nel 2010 decise di favorire le cerniere con lamiera a saldatura invece di quelle a fusione in acciaio testate fin al 2008. Poco dopo si dimise dal Comitato l’ingegner Lorenzo Fellin, professore di Impianti Elettrici per l’Energia dell’Università di Padova: «Non volevo essere correo di scelte che non capivo e che non mi sembravano a vantaggio di Venezia».
Per completezza di informazione va detto che non conosciamo il Capitolato tecnico, così come immagino non sia di conoscenza dei giornalisti dei numerosi articoli che abbiamo consultato, quindi non siamo in grado di valutare se il cambio di materiali sia stato fatto violando le prescrizioni tecniche.
Un'ultima informazione: gli ingg. Giovanni Mazzacurati e Patrizio Cuccioletta sono ancora iscritti all'Albo degli Ingegneri, e dall'Albo Unico nazionale risultano non essere soggetti a nessun provvedimento disciplinare.
Fonti dell'articolo.
L'Espresso:
- Venezia, sta affondando pure il Mose > link alla notizia
- Nuovi guai per il Mose, già da sostituire i tubi di alimentazione delle paratoie > link alla notizia
Altre fonti:
- Il Mose non funzionerà, la perizia: rischio ruggine, pericolo cedimento strutturale > link alla notizia
- La perizia choc sul Mose: «C’è il rischio cedimento» > link alla notizia
- Ha costruito le cerniere del Mose tra dubbi e contestazioni. Caccia: va bloccata la cerimonia > link alla notizia
- Mose: «La Fip non ha nulla da temere» > link alla notizia
- Pronte le nuove cerniere per il Mose > link alla notizia
- Cuccioletta collabora Tre ore con il pm e verbali secretati > link alla notizia
- Ecco le cerniere che faranno funzionare il Mose > link alla notizia
- Mafia, arrestato amministratore della Fip: ha costruito anche le cerniere del Mose > link alla notizia
- Mose, tutti i nomi degli arrestati nell'inchiesta di Venezia: c'è anche un'eurodeputata uscente > link alla notizia