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Il Nuovo Testo Unico delle Costruzioni: una prospettiva finalmente concreta?

Da tanti anni si parla della nuova legge quadro per le costruzioni: Giovanni Cardinale fece parte della Commissione appositamente istituita dall'allora Ministro Del Rio e passata attraverso altri 4 Ministri, collezionando tanti impegni verbali ma poca attenzione specifica. Il Nuovo Testo unico delle Costruzioni (su cui sta lavorando la Commissione relatrice costituita in seno al CSLP) rappresenta finalmente la riscrittura di un quadro generale appropriato ed innovativo che garantirà semplificazione dei processi ed attenzione concreta di forme di prevenzione dai rischi.

Nonostante gli impegni del PNRR la politica non ha compreso che la nuova legge sulle costruzioni fosse prioritaria

La recente costituzione in seno al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici di una Commissione Relatrice, chiamata a lavorare sul testo di una nuova legge quadro per le costruzioni, già in possesso del Ministero competente, è una ottima notizia che, spero, possa consentire di togliere presto il “?” dal titolo.

Durante i mie undici anni al Consiglio Nazionale degli Ingegneri ho avuto l’opportunità di lavorare nella Commissione del Ministero istituita (Ministro Del Rio), proprio nel CSLP , che, unitamente al mondo delle professioni e della filiera delle costruzioni, aveva molto spinto in questa direzione.
Un lavoro di quasi tre anni, svolto sotto il coordinamento generale dell’ing. Antonio Lucchese e dell’arch. Loredana Campagna, del MIMS, nel quale ho avuto il privilegio di coordinare uno dei tre sottogruppi che erano stati formati nel tavolo tecnico: quello che atteneva alla materia delle “sicurezza delle costruzioni”.

Ritengo questa esperienza la migliore tra le tante che ho avuto l’opportunità di avere al CNI, sia per l’ambizioso traguardo che essa si proponeva – riscrivere ex novo il DPR 380/2001 - sia per aver toccato in modo diretto la concreta capacità dei tanti soggetti che popolano il mondo delle costruzioni, che spesso interpretano eserciti “l’un contro l’altro armati”, di trovare una sintesi davanti ad uno scopo ben preciso ed ad una consapevolezza : “il meglio è nemico del bene”.
Tecnici di alto profilo di tutti i Ministeri coinvolti, delle Regioni, delle Province autonome, dei Comuni, dei Costruttori, con una forte presenza della Rete delle Professioni Tecniche, che aveva anche assunto l’onere della segreteria tecnica del Tavolo, hanno riscritto una legge quadro, cambiandone il nome (da Testo Unico dell’Edilizia, a Testo Unico delle Costruzioni), ampliandone i contenuti adeguandoli alle novità ed alle trasformazioni (inclusa quella della digitalizzazione dei processi) che già sono realtà nel nostro mondo, con un confronto tanto serrato quanto “onesto” , privo di bandiere ideologiche, attingendo al meglio dell’approccio popperiano di “congetture e confutazioni”.

Questo grande lavoro ha attraversato cinque ministri (Del Rio, Toninelli, De Micheli, Giovannini, Salvini) collezionando tanti impegni verbali per la sua attuazione, per poi restare per troppo tempo senza una reale attenzione; come si dice: i tecnici avevano fatto il loro lavoro ma la politica stentava a comprenderne l’importanza, nella riedizione di un film troppe volte proiettato nella nostra società.

Mi è dispiaciuto che nell’epoca della velocità dettata dagli impegni del PNRR, non si sia compreso che quella riforma andasse fatta, fatta bene e celermente, perché da essa poteva derivare un orizzonte amministrativo più chiaro, più snello, evitando il ricorso a deroghe e semplificazioni che spesso sono state occasione solo di polemiche senza un concreto beneficio per il sistema.

Così, mentre il tavolo tecnico andava avanti, senza farsi contagiare dalla delusione di non vedere adeguata attenzione intorno al suo lavoro, impermeabile a ciò che sul tema veniva fatto quotidianamente, il DPR 380/01 veniva cambiato in questo o quell’articolo, modificando approcci e tendenze nel campo dell’Edilizia, dei titoli abilitativi, della “sicurezza delle costruzioni”, delle “autorizzazioni sismiche”, toccando aspetti particolarmente importanti e sensibili come quello della “demolizione e ricostruzione” o del rapporto con le tutele del Codice dei beni culturali, senza che mai la politica si ponesse concretamente il problema di una visione non episodica, organica, generale.-

Il CSLP è stata la sede da dove tutto è partito, da dove sono costantemente state rilanciate le esigenze del mondo delle amministrazioni, delle professioni, delle costruzioni, fino a che, con l’incipit di questo articolo, si è entrati un una fase in cui la regia del CSLP può essere davvero la garanzia dell’approdo finale.-

Ho detto prima del sottogruppo della “sicurezza delle costruzioni” e proprio da qui è partita una delle tante rivoluzioni presenti nel nuovo testo.

Il Presidente Pietro Baratono ci ha spesso ricordato, in numerosi convegni ed interviste, come l’attuale art. 64 del DPR 380/01 (1. La realizzazione delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, deve avvenire in modo tale da assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e da evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità) rappresenti una ostacolo insormontabile sulla strada di una legge consapevole dell’inesistenza del “rischio zero”, frutto di una società evoluta che fa i conti con ciò che accade e che, di fronte al “cigno nero” del terremoto dell’Emilia 2012, sa dare risposte credibili e sostenibili.-

Invece, tutto il peso di quell’art. 64 finisce a condannare i progettisti, i direttori dei lavori, le imprese, i funzionari pubblici, ben oltre le loro responsabilità reali, ben oltre la realtà di una costruzione, e ben oltre la vita nominale delle strutture.

Il Prof. Pozzati diceva che “provenendo la gran parte di noi da una cultura nella quale il certo teneva il posto del probabile, la tendenza è dare credito al calcolo” , e l’art. 64 affida alla autorevolezza e cogenza della legge sia quello spazio (il certo) che i suo effetti più negativi (dare credito al calcolo).

Questa ultima tendenza è la difesa estrema cui il progettista ricorre; basta vedere la crescita dell’importanza di approcci che indirizzano a sovrapporre al fragile ed elementare organismo strutturale di una piccola costruzione di muratura, i potenti algoritmi di modelli ad elementi finiti da cui far discendere quella risposta di sicurezza “senza se e senza ma” che la legge impone.

Un processo assolutamente non virtuoso in cui si guardano i “numeri” e si evita di guardare dritti negli occhi la realtà di una riduzione, sostenibile, del rischio.

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