Il Monitore Tecnico e INGENIO: una linea ideale di continuità?
Questa mattina, un professore dell’Università di Bologna mi ha paragonato INGENIO a Il Monitore Tecnico, una rivista storica che ha segnato oltre mezzo secolo di cultura ingegneristica italiana. Un complimento che mi ha colto di sorpresa e spinto a riscoprire quella straordinaria esperienza editoriale, per capire cosa significhi oggi raccoglierne, anche in parte, l’eredità.
Questa mattina ho ricevuto un complimento che mi ha profondamente colpito. Un professore dell’Università di Bologna, Riccardo Gulli, mi ha detto: “INGENIO mi ricorda Il Monitore Tecnico”.
Un’affermazione tanto inattesa quanto impegnativa. Non solo perché si tratta di un accostamento che onora il nostro lavoro, ma anche perché mi ha spinto a riflettere: quanti conoscono oggi Il Monitore Tecnico? E che cosa rappresentava davvero per la cultura tecnica italiana?
Il Monitore Tecnico: un progetto editoriale visionario
Fondato a Milano il 15 dicembre 1894, Il Monitore Tecnico fu una delle più longeve e autorevoli riviste italiane dedicate all’ingegneria, all’architettura, all’industria e alle scienze applicate. Ideato dall’ingegnere Ugo Baldini, il giornale nacque con un intento preciso: andare oltre la cerchia degli specialisti per parlare a tutta la società tecnica, compreso, come scrisse il fondatore, “il modesto artefice”.
A Baldini si affiancò, dal 1895, Achille Manfredini, figura centrale per il consolidamento della rivista. Il Monitore si presentava fin da subito come uno strumento di divulgazione tecnico-scientifica accessibile, pratico e utile, capace di coniugare teoria e prassi, aggiornamenti normativi e riflessioni culturali, cronaca e progettualità.
Oltre alla sua attività editoriale, Baldini ha contribuito alla letteratura tecnica con opere come “Automobili stradali e ferroviarie per trasporti industriali: descrizione dei principali tipi”, pubblicata nel 1906.
Il Monitore Tecnico: un contenitore eclettico e completo
Nel tempo, il giornale cambiò sottotitoli, periodicità e direzioni (fra gli altri, anche quella di Nino Sacerdoti), ma non mutò mai la sua vocazione: essere un luogo di confronto aperto e multidisciplinare. Trattava con rigore e passione tutti i campi dell’ingegneria e dell’architettura, ma anche della meccanica, dell’agronomia, del catasto, dell’elettrotecnica, dell’igiene urbana, della giurisprudenza tecnica.
Ogni numero era arricchito da disegni, grafici, piante, progetti, con una qualità redazionale che lo rese un punto di riferimento nazionale e, in seguito, anche internazionale (con un’edizione francese).
Oltre alla componente tecnica, Il Monitore seguiva con attenzione anche lo sviluppo urbanistico di Milano, raccontandolo con precisione ingegneristica e sensibilità culturale. Era l’organo ufficiale dell’Associazione fra gli ex allievi del Politecnico di Milano e del XIII Congresso degli ingegneri e architetti italiani, e seppe legare strettamente cultura tecnica e innovazione industriale.
Dopo la pausa forzata durante la Seconda Guerra Mondiale, la rivista riprese le pubblicazioni nel 1946, diventando Il Monitore Tecnico e della Ricostruzione, fino alla fusione, nel 1956, con Metano e Ricostruzione.
Fu una testata che seppe accompagnare il Paese nei momenti più delicati della sua trasformazione industriale e urbana, e che contribuì in modo sostanziale alla crescita di una cultura tecnica condivisa.

INGENIO: vogliamo parlare a chi progetta, costruisce, gestisce e innova
E oggi? In un mondo digitale, liquido, iper-specializzato, che cosa significa essere paragonati a un progetto come Il Monitore Tecnico?
Noi di INGENIO siamo “nati” solo tredici anni fa. Siamo giovani, certo, ma portiamo con noi lo stesso spirito: il desiderio di raccontare il mondo delle costruzioni con profondità, chiarezza, apertura multidisciplinare. Cerchiamo di dare voce ai protagonisti della filiera, di costruire ponti tra saperi accademici e pratici, tra normativa e innovazione, tra cultura tecnica e società.
Come Il Monitore, vogliamo parlare a chi progetta, costruisce, gestisce e innova, ma anche a chi si interroga sul senso del costruire oggi. Vogliamo essere uno strumento, un luogo di confronto, un archivio vivo di pensiero e di idee. Se anche solo in parte ci stiamo riuscendo, allora quel complimento — così inatteso, così speciale — ha un valore che va ben oltre l’orgoglio personale. È una responsabilità, una spinta a continuare. E a crescere, senza mai perdere la nostra vocazione originaria: essere utili, essere concreti, essere liberi.

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