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Il monitoraggio strutturale di ponti autostradali tramite trasduttori di spostamento

La sicurezza dei ponti e viadotti autostradali è un tema di fondamentale importanza per garantire la mobilità e preservare vite umane. Il monitoraggio strutturale tramite trasduttori di spostamento rappresenta un’opzione utile per rilevare comportamenti anomali di elementi critici come gli appoggi e i giunti di dilatazione. L’adozione di sistemi di monitoraggio continui combinati con l’utilizzo di tecniche di Machine Learning può portare numerosi benefici nell’identificare il deterioramento della struttura in modo tempestivo, permettendo interventi di manutenzione preventiva.

La necessità di monitorare i viadotti della rete autostradale italiana

Con un’estensione di oltre 7000 km, la rete autostradale italiana rappresenta un inestimabile asset per le infrastrutture di trasporto nazionali.

A causa di una morfologia spesso complessa, con numerose vallate e corsi d’acqua da superare, per realizzare le autostrade è stato necessario costruire numerosi ponti e viadotti. In contesti urbani, invece, i viadotti sono spesso utilizzati per creare arterie di traffico sopra aree densamente popolate.

La maggior parte di queste strutture risale agli anni '50-'70, un periodo in cui i carichi di traffico e le normative erano molto diverse da quelle attuali. Inoltre, i materiali utilizzati sono soggetti a fenomeni di invecchiamento e degrado, ponendo sfide significative per la sicurezza e la gestione di tali infrastrutture.

Queste sono alcune delle principali problematiche che caratterizzano il patrimonio infrastrutturale esistente:

  • Numero elevato di opere da monitorare: la gestione frammentata, la scarsa disponibilità di documenti originali di progetto e la conoscenza limitata delle opere da parte degli enti gestori rendono difficoltosa la definizione di criteri univoci per valutazione e gestione.
  • Età delle infrastrutture: molti ponti costruiti nel dopoguerra sono in esercizio da oltre 50 anni [1].
  • Aumento dei carichi e dei flussi di traffico: la composizione e i flussi del traffico sono cambiati radicalmente, con un incremento significativo del traffico pesante, spesso non monitorato adeguatamente.
  • Risorse limitate: è necessario identificare metodi di monitoraggio che siano affidabili ma anche economici.
  • Fragilità idrogeologica e sismica del territorio: l’Italia è soggetta a fenomeni di dissesto quali frane, alluvioni e terremoti, che mettono ulteriormente a rischio le infrastrutture.

  

Figura 1. Esempio di grande viadotto autostradale: Viadotto Aglio sulla autostrada A1
Figura 1. Esempio di grande viadotto autostradale: Viadotto Aglio sulla autostrada A1 (Fonte Wikipedia @ Glabb)

   

Negli ultimi anni, alcuni ponti italiani sono stati interessati da dissesti e, in casi estremi, da crolli. Questi eventi hanno evidenziato la necessità di superare l’approccio emergenziale, passando a una strategia di manutenzione preventiva basata sulle condizioni effettive delle strutture.

Questo approccio consente interventi mirati e tempestivi, evitando sia inutili demolizioni sia situazioni di rischio per la sicurezza pubblica. Dal punto di vista economico, la manutenzione preventiva offre vantaggi significativi, consentendo di mantenere in servizio strutture che soddisfano ancora i requisiti di sicurezza e riservando interventi più drastici a casi realmente necessari.

Per attuare questa transizione, è indispensabile implementare tecniche di monitoraggio strutturale (‘Structural Health Monitoring’, SHM) adeguate.

Lo SHM consente di raccogliere dati utili per valutare lo stato di conservazione delle strutture, identificare anomalie e prevedere il degrado futuro.

Nei prossimi paragrafi saranno esplorate alcune delle tecniche di monitoraggio statico basate sull’utilizzo di trasduttori di spostamento, valutandone applicabilità e vantaggi.

  

Monitoraggio degli appoggi e dei giunti di dilatazione

Nonostante i fenomeni di degrado possano interessare diverse componenti di un ponte, a seconda del tipo di struttura, dei materiali utilizzati e delle condizioni operative e ambientali, in molti casi i giunti di dilatazione e gli appoggi rappresentano punti critici, in quanto soggetti ad elevata vulnerabilità, e richiedono particolare attenzione dal punto di vista della manutenzione.

Il corretto funzionamento, la manutenzione regolare e la tempestiva sostituzione di giunti e appoggi sono cruciali per preservare la funzionalità e la sicurezza del ponte, poiché problemi in queste componenti possono rapidamente propagarsi ad altre parti della struttura.

Nello specifico, i giunti di dilatazione consentono i movimenti relativi tra le diverse parti della struttura (fra due campate diverse o fra una campata e una spalla).

Tali movimenti sono dovuti a:

  • Variazioni termiche: l’impalcato si espande e contrae in senso longitudinale per effetto del variare della temperatura durante la giornata e durante l’arco dell’anno.
  • Carichi variabili: l’impalcato è soggetto a carichi longitudinali legati al traffico (azione di frenatura)
  • Azione del vento: sebbene abbia un effetto più limitato, a seconda dell’esposizione della struttura, anche il vento può incidere sugli spostamenti relativi.
  • Eventi sismici: spostamenti differenziali sono generati dall’azione sismica sulla sovrastruttura.

I problemi più comuni legati ai giunti sono l’usura, causata dalle azioni del traffico, l’accumulo di detriti, che impedisce il corretto funzionamento del giunto, il degrado del materiale elastomerico causato da cicli termici o di fatica, e, infine, l’infiltrazione d’acqua meteorica, che può causare la corrosione delle strutture sottostanti.

Invece gli appoggi sono dispositivi che trasferiscono i carichi dall’impalcato alle pile o alle spalle, assicurando il collegamento fra la sovrastruttura e la sottostruttura.

Gli appoggi si dividono generalmente in due categorie principali:

  • gli appoggi fissi, che permettono la trasmissione dei carichi verticali e impediscono movimenti orizzontali,
  • e gli appoggi mobili, che possono consentire anche movimenti orizzontali (in direzione longitudinale e/o trasversale) e rotazioni.

Gli appoggi mobili sono fondamentali per garantire il disaccoppiamento dei movimenti relativi fra l’impalcato e gli elementi verticali (pile e spalle), per ridurre gli sforzi trasmessi. Spesso tali dispositivi sono soggetti a numerose problematiche che ne compromettono il funzionamento, mettendo in pericolo l’intera struttura.

Il mancato movimento relativo degli appoggi mobili può infatti causare una concentrazione eccessiva di sforzi non previsti in fase di progettazione, che può portare a deformazioni eccessive e danni strutturali. Gli appoggi sono particolarmente soggetti a fenomeni corrosivi degli elementi metallici, specialmente in ambienti umidi o esposti ai sali disgelanti. Inoltre, le loro prestazioni degradano nel tempo a causa dell’invecchiamento dei materiali (per esempio usura del teflon o degrado dell'elastomero).

    

Figura 2. Esempio di appoggio scorrevole di un ponte, dotato di sensore per il monitoraggio degli spostamenti longitudinali
Figura 2. Esempio di appoggio scorrevole di un ponte, dotato di sensore per il monitoraggio degli spostamenti longitudinali [3].

  

La manutenzione e l’ispezione degli appoggi mobili nei ponti sono pertanto attività essenziali per garantire la sicurezza e la funzionalità delle strutture.

Le ispezioni regolari si svolgono principalmente attraverso controlli visivi, in cui si verificano eventuali segni di corrosione, usura dei materiali scorrevoli (come il teflon), deformazioni o crepe nei componenti elastomerici. La manutenzione ordinaria include la pulizia degli appoggi per rimuovere detriti e materiali accumulati che potrebbero compromettere il movimento.

Nei casi in cui siano presenti componenti scorrevoli, può essere necessaria la lubrificazione. Se durante le ispezioni vengono rilevati segni di usura o danni, si procede con la sostituzione dei componenti deteriorati, mentre in situazioni più gravi si solleva temporaneamente l’impalcato tramite martinetti idraulici per consentire la sostituzione completa dell’appoggio.

Considerando la criticità di tali elementi, risulta evidente come l’implementazione di un sistema di monitoraggio continuo possa portare evidenti benefici nella loro gestione.

Una modalità efficace per controllarne il funzionamento è quella di installare dei trasduttori di spostamento che in tempo reale misurino l’effettivo movimento di giunti e appoggi. In questo modo si superano le limitazioni tipiche delle ispezioni visive periodiche, che non sono in grado di cogliere l’insorgenza di problemi nell’intervallo di tempo fra un controllo e quello successivo.

  

Monitoraggio statico: applicazioni, tecnologie e vantaggi

Nell’ambito del monitoraggio strutturale, due diversi approcci coesistono: il monitoraggio statico e quello dinamico.

Sono due approcci distinti, ma spesso complementari. Entrambi offrono informazioni cruciali, ma differiscono per obiettivi, tecniche, rilevando fenomeni indotti da diverse tipologie di danno.

La scelta tra i due dipende dal tipo di struttura, dalle risorse disponibili e dagli obiettivi del monitoraggio. Spesso l’adozione di entrambi gli approcci è vantaggiosa, in quanto l’utilizzo di diversi tipi di sensori permette di avere una conoscenza più completa e approfondita del comportamento della struttura.

Il monitoraggio statico si distingue dal monitoraggio dinamico in quanto è più focalizzato sull'osservazione di deformazioni, spostamenti e rotazioni che si sviluppano in tempi lunghi.

Le tecnologie impiegate nel monitoraggio statico si sono evolute significativamente negli ultimi decenni, passando da strumenti meccanici di base a sistemi complessi dotati di sensori ad alta precisione.

Di particolare interesse in questa discussione sono i trasduttori di spostamento, o ‘Linear Variable Differential Transformer’ (LVDT).

Tali sensori sono impiegati per la misurazione degli spostamenti relativi in una determinata direzione lineare. I LVDT sono sensori elettromeccanici utilizzati per misurare spostamenti lineari con alta precisione e affidabilità. Il loro funzionamento si basa sull'induzione elettromagnetica, generando un segnale che, opportunamente elaborato, fornisce una misura dello spostamento.

Un vantaggio di questi sensori è la loro robustezza, che ne permette l’impiego anche in condizioni ambientali difficili.

   

Figura 3. Esempio di trasduttore di spostamento del tipo LVDT
Figura 3. Esempio di trasduttore di spostamento del tipo LVDT comunemente utilizzato per il monitoraggio strutturale (Gefran PZ34 rectilinear displacement transducer with cylindrical case).

     

Altre possibili soluzioni ampiamente impiegate nel monitoraggio statico sono gli estensimetri, in grado di misurare con grande precisione le deformazioni locali nei punti critici della struttura.

Questi strumenti sono spesso utilizzati per monitorare componenti come cavi di precompressione o travi soggette a sforzi significativi.

I fessurimetri, invece, sono particolarmente utili per valutare l’evoluzione di fessure, fornendo una misura diretta della loro apertura e chiusura nel tempo.

Il monitoraggio statico presenta diversi vantaggi rispetto al monitoraggio dinamico, soprattutto in termini di costi e complessità operativa.

In primo luogo, il monitoraggio statico tende a essere meno costoso: gli strumenti utilizzati, come i sensori di spostamento e deformazione, che funzionano a bassa frequenza, sono generalmente più economici e facili da installare rispetto ai dispositivi necessari per il monitoraggio dinamico, che devono registrare vibrazioni e movimenti ad alta frequenza. Inoltre, i sensori per il monitoraggio statico spesso necessitano di una manutenzione meno frequente e complessa, riducendo i costi operativi a lungo termine [4].

Un ulteriore vantaggio è che nel monitoraggio statico i dati raccolti sono relativamente semplici da interpretare, in quanto consistono principalmente in misurazioni dirette di deformazioni, spostamenti o variazioni di temperatura. Questo rende più facile l'analisi, riducendo la necessità di ricorrere a tecniche come l'analisi modale, richiesta nel monitoraggio dinamico.

La raccolta dei dati statici è anche meno influenzata dalle condizioni ambientali, come vento e traffico, che possono compromettere l'accuratezza del monitoraggio dinamico. I sensori di spostamento (come i trasduttori di spostamento) tendono ad avere un ‘Signal-to-Noise Ratio’ (SNR) maggiore rispetto ad altri tipi di sensori [5] come quelli utilizzati per il monitoraggio dinamico (ad esempio accelerometri).

Il rapporto segnale-rumore rappresenta una misura che esprime la relazione tra l'intensità di un segnale utile e l'intensità del rumore (interferenze o disturbi) presente nel sistema. Un SNR elevato significa che il segnale è molto più forte del rumore, rendendo il dato più chiaro e facilmente interpretabile; permette, inoltre, una maggiore precisione nelle misurazioni, rendendo possibile rilevare anche piccole variazioni di spostamento senza che i dati vengano alterati da interferenze generate da fonti esterne. In più, i dati sono meno affetti da rumori di fondo, il ché ne rende più semplice l’elaborazione e l’interpretazione.

  

Sistemi di monitoraggio continui: Anomaly Detection e sistemi di Early Warning

Il classico approccio alla manutenzione dei ponti, adottato fino al recente passato, è basato sull’ispezione visiva periodica. Questa modalità presenta tuttavia numerosi svantaggi.

La corretta valutazione delle condizioni della struttura è resa difficile dall’intrinseca dipendenza da parametri non valutabili in modo oggettivo, in quanto dipendenti dall’esperienza dell’operatore. Inoltre l’ispezione visiva non è in grado di tenere conto delle condizioni mutevoli a cui i viadotti sono soggetti: fra un’ispezione e la successiva, potenziali situazioni di pericolo non sono in alcun modo rilevabili.

Il grande vantaggio di sistemi di monitoraggio automatizzati e permanenti è la loro capacità di rilevare dati in modo continuo, fornendo a intervalli periodici ed in modo non supervisionato una serie di parametri e di misurazioni oggettive che informano il gestore sulle reali condizioni della struttura.

I dati sono infatti acquisiti in modo completamente automatizzato e trasmessi ad un sistema di analisi che si occupa della loro elaborazione.

I modelli analitici impiegati sono detti ‘data-driven’, ovvero basati sulla valutazione di grandi quantità di dati. A causa dell'elevato numero di campioni acquisiti, l'esame di tali dati potrebbe risultare difficile da eseguire manualmente, rendendo evidente l'importanza di trovare tecniche rapide e convenienti per analizzarli.

Un metodo molto efficace per svolgere questo compito consiste nell’utilizzo di algoritmi, modelli statistici o soglie che permettano di estrapolare i dati per l’individuazione dei danni.

Tra questi, l’apprendimento automatico (‘Machine Learning’, o ML), un ramo dell’intelligenza artificiale (AI) che si concentra sullo sviluppo di algoritmi e modelli statistici in grado di consentire ai computer di apprendere dai dati e di effettuare previsioni o decisioni senza essere esplicitamente programmati.

Il ML risulta particolarmente utile quando utilizzato come strumento per effettuare 'anomaly detection’.

Nel campo del monitoraggio strutturale questo termine si riferisce al processo di identificazione di comportamenti o condizioni strutturali che deviano in modo significativo dal normale funzionamento della struttura, permettendo di individuare potenziali danni o difetti in una fase precoce, riducendo il rischio che questi degenerino in modo incontrollato.

L'anomaly detection si basa su un confronto tra i dati acquisiti dai sensori installati sulla struttura e un modello di riferimento che descrive il comportamento normale della struttura. Le deviazioni significative da questo modello possono essere interpretate come anomalie e potenzialmente associabili a danni.

Questo approccio è alla base di sistemi di allarme preventivo chiamati ‘Early Warning Systems’ (EWS).

Un EWS è quindi uno strumento progettato per rilevare comportamenti anomali e generare un allarme tempestivo, consentendo di agire immediatamente con interventi correttivi, ad esempio con manutenzioni straordinarie o, in casi più gravi, con la chiusura al traffico del ponte.

L'obiettivo è aumentare la sicurezza e prevenire eventi disastrosi, migliorando al contempo l’efficienza nella gestione delle infrastrutture.

Il primo passaggio fondamentale per realizzare un EWS è costituito dalla definizione di un comportamento di riferimento (‘baseline’) che rappresenta il comportamento normale della struttura.

Questo modello può essere basato su misurazioni reali della struttura, simulazioni tramite modelli (per esempio utilizzando analisi FEM), o la combinazione di dati reali e simulati.

In alternativa, a seconda della situazione, è possibile definire delle soglie critiche. L’altro elemento fondamentale sono i dati misurati dal sistema di monitoraggio continuo installato sulla struttura, che forniscono informazioni relative a parametri come deformazioni, vibrazioni, spostamenti, temperatura e/o altre condizioni ambientali.

A questo punto un costante confronto fra i dati misurati e il comportamento previsto porta ad individuare le anomalie, che sono identificate come valori che si discostano dal comportamento normale e mostrano tendenze insolite (come, ad esempio, lente derive negli spostamenti, o un cambio nelle frequenze naturali).

 

Figura 4. Esempio di soglie data-driven per early warning
Figura 4. Esempio di soglie data-driven per early warning: l’errore di modellazione viene interpretato come un’anomalia quando eccede il limiti di un prefissato intervallo [6].

 

Una volta che il modello predittivo è stato addestrato per un periodo di tempo sufficientemente lungo, in modo da includere una vasta varietà di differenti condizioni ambientali e operative, viene utilizzato per stabilire la baseline degli spostamenti attesi in condizioni normali, assumendo che la struttura sia in uno stato integro e non si verifichino spostamenti anomali.

Questo modello di riferimento viene impiegato per valutare l'errore di modellazione, definito come la differenza tra lo spostamento misurato e quello stimato dal modello.

Il confronto tra l'errore di previsione e l'errore di modellazione può essere usato come criterio per determinare se lo spostamento dell'appoggio o del giunto sia anomalo [6]. Valutando se l'errore di previsione rientra o meno nell'intervallo accettabile stabilito dai limiti di controllo dell'errore di modellazione, è possibile individuare deviazioni che indicano potenziali anomalie o spostamenti superiori alle specifiche progettuali. I limiti di controllo vengono quindi definiti in base all'errore di modellazione del modello predittivo utilizzato.

Di conseguenza, più il modello è accurato, più saranno stringenti i limiti di controllo, portando quindi al corretto rilevamento di spostamenti anomali con maggior anticipo.

Tuttavia, questo approccio spesso può portare ad una errata interpretazione del comportamento della struttura e, di conseguenza, a falsi positivi (falsi allarmi) o, peggio, falsi negativi.

Le principali difficoltà di questo approccio sono le seguenti:

  • Presenza di rumore nei dati: i segnali raccolti dai sensori spesso contengono rumore, che rende difficile distinguere tra anomalie reali e fluttuazioni normali. I segnali di danno possono essere mascherati da casuali oscillazioni, diminuendo la capacità di rilevare precocemente un problema.
  • Condizioni operative e ambientali variabili: i cambiamenti nelle condizioni ambientali (temperatura, umidità, vento) e nei carichi imposti alla struttura (come quelli generati dal traffico) possono influenzare il comportamento del ponte e complicare l’interpretazione delle anomalie. Spesso si fa riferimento a questi fenomeni come ‘Environmental and Operational Variables’ (EOVs) o ‘confounding influences’ [7] [8] [9]. La presenza di numerose variabili rende particolarmente complesso distinguere quali alterazioni sono dovute effettivamente ad un danno, e quali sono invece correlate ad una normale fluttuazione delle condizioni circostanti.
  • Difettosità o anomalie dei sensori: la qualità dei dati raccolti dipende strettamente dalla corretta calibrazione e dalla affidabilità dei sensori nel tempo. Questi, essendo dispositivi fisici, possono essere soggetti a deterioramento nel tempo a causa di fattori ambientali (umidità, corrosione). Un sensore potrebbe quindi fornire dati inaccurati o incompleti, compromettendo l’efficacia del monitoraggio. Altre problematiche possono essere correlate ad un’errata calibrazione o installazione o a guasti del sistema di alimentazione o trasmissione.

  

Misura delle variabili ambientali e operative

Per poter stabilire in modo accurato il comportamento atteso della struttura, è necessario conoscere le suddette EOVs e procedere alla rimozione dei loro effetti sui dati misurati attraverso il sistema di monitoraggio.

Per fare ciò è fondamentale avere a disposizione informazioni riguardanti le condizioni ambientali, per cui è necessario integrare anche sistemi di monitoraggio ambientale, mediante l’utilizzo di diversi tipi di sensori.

Quelli più utilizzati per il monitoraggio statico sono:

  • Sensori di temperatura: misurano le variazioni di temperatura in diverse posizioni della struttura. Nel caso dell’impalcato dei ponti, conoscere tale grandezza è fondamentale, in quanto è la causa primaria della sua dilatazione e della contrazione, generando spostamenti presso i giunti e negli appoggi. Inoltre, se collocati opportunamente (per esempio all’interno dei cassoni che compongono l’impalcato), permettono di conoscere la distribuzione non uniforme delle temperature attraverso lo spessore dell’impalcato. La conoscenza di tale fenomeno permette di comprendere e stimare in modo più accurato il comportamento strutturale [6] .Talvolta sono impiegati anche termoigrometri, ovvero sensori che, oltre alla temperatura, registrano anche l’umidità dell’aria.
  • Anemometri: sono impiegati per valutare la direzione e l’intensità del vento. Permettono quindi di stimare le pressioni agenti sul ponte, che possono avere una influenza più o meno marcata a seconda della tipologia della struttura.

Invece, per quanto riguarda le condizioni operative, è utile conoscere i carichi indotti dal traffico. Alcuni dei più comuni dispositivi sono:

  • Pesature dinamiche (‘Weigh-in-Motion’, WIM): questi sistemi hanno come scopo quello di misurare il peso dei veicoli in transito senza richiedere alcuna interruzione del traffico. Per fare ciò si utilizzano sensori (come celle di carico o fibre ottiche) che rilevano le forze trasmesse dalle ruote all'impalcato. I dati raccolti includono il peso complessivo del veicolo, il carico per asse e la velocità, fornendo informazioni preziose sia per il monitoraggio in tempo reale del carico stradale sia per la stima del traffico giornaliero e annuale.
  • Sensori piezoelettrici: misurano la forza applicata dai carichi del traffico. Sfruttando il principio della piezoelettricità, generano una carica elettrica proporzionale al carico applicato. Si tratta di sensori ampiamente utilizzati nel campo del SHM.
  • Sistemi ottici (video- e telecamere): si tratta di un metodo più tradizionale, che si basa sul misurare il numero e il tipo di veicoli che transitano sul ponte per ottenere una stima dei carichi che gravano sulla struttura.

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L'articolo continua con:

  • Monitoraggio strutturale basato sulla temperatura
  • Tecniche di regressione con Machine Learning per sviluppare modelli predittivi
  • Utilizzo di modelli ibridi per migliorare l’accuratezza dei modelli predittivi
  • Limiti e prospettive future

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