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Il Documento di Indirizzo della progettazione e il Capitolato informativo: la complessa transizione da documenti a dispositivi

Nella nota si parla della transizione verso la gestione informativa digitale nei Contratti Pubblici, evidenziando l'integrazione del Capitolato Informativo nel Documento di Indirizzo alla Progettazione e sottolineando l'importanza di definire requisiti informativi specifici e di qualificare adeguatamente le risorse umane per promuovere una cultura della gestione dati.

Codice appalti: Capitolato Informativo (CI) parte integrante del Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP)

L’entrata in vigore della obbligatorietà della gestione informativa digitale, prevista dal Codice dei Contratti Pubblici, il D. Lgs. 36/2023, al 1° gennaio 2025, prevede che il Capitolato Informativo (CI), almeno nella sua promulgazione iniziale, rivolta all’avvio della fase della progettazione, divenga parte integrante del Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP).

È bene, al proposito, ricordare come l’impianto concettuale del Codice dei Contratti Pubblici, in argomento, preveda che, in coerenza con i requisiti informativi di carattere generale, quelli relativi alla organizzazione (Organizational Information Requirements) e quelli attinenti al patrimonio (Asset Information Requirements), si sia vita a requisiti informativi concernenti il singolo investimento pubblico (Project Information Requirements), che si diramano in una eventuale serie di CI, o meglio di Exchange Information Requirements, nel corso della progettazione, della realizzazione e della gestione (nei casi della concessione, in tutte le sue forma, della locazione finanziaria, del contratto di disponibilità, del contratto di prestazione energetica e dei servizi globali).

Si ricorda, anzitutto, che la redazione del DIP corrisponda concettualmente, anche se solo parzialmente, al processo del briefing, avendo come obiettivo la definizione dei requisiti contenutistici (Employer’s Requirements) formulati dalla stazione appaltante (o dall’ente concedente) nei confronti dei fornitori dei servizi di ingegneria e di architettura.

In realtà, nella versione originale, il brief anglosassone prevedeva una maggiore interazione tra le parti nel corso della progettazione, non considerata nella trasposizione come Documento Preliminare alla Progettazione (DPP), ma il DIP riflette una tradizione di pensiero che in Italia si è esplicitata col metaprogetto già dagli Anni Settanta.

La ragione per cui, anche sulla scorta dei precedenti relativi ai concorsi di progettazione, si sia proceduto alla sincronizzazione tra DIP e CI risiede proprio nella necessità di mettere a sistema i requisiti contenutistici e i requisiti informativi, in precedenza affatto disgiunti.

La tematica che è implicita nell’affare sta nel riconoscimento formale della funzione e della professionalità della committenza, che ha internamente anche una forte componente di meta-progettualità.

In realtà, la digitalizzazione dei processi di committenza è contemplata nel Codice, benché non in termini cogenti, anche per le fasi prodromiche fondamentali attinenti alla redazione del Quadro Esigenziale (QE) e del Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali (DOCFAP), pure in termini geo-spaziali, non solo relativamente alla modellazione informativa, senza contare il fatto che QE, DOCFAP e DIP/CI dovrebbero essere informati dai requisiti informativi organizzativi (OIR) e patrimoniali (AIR).

Sarebbe, al proposito, utile estendere la formalizzazione dei Livelli di Fabbisogno Informativo, in gergo ormai intesi come LOIN, alle fasi pre- o meta-progettuali, anche in virtù della considerazione per cui incrementalmente le stazioni appaltanti e gli enti concedenti disporranno di modelli informativi geografici tridimensionali delle città e dei territori e di anagrafi patrimoniali digitali a essi correlati.

LEGGI ANCHE: Gli OIR, l'ecosistema nazionale degli ambienti digitali e i contratti pubblici

Il punto sta, tuttavia, nel predisporre QE, DOCFAP e DIP/CI secondo una modalità interpretabile dalla macchina, proprio perché in una accezione autentica di digitalizzazione, i contenitori informativi predisposti dai fornitori dei servizi di progettazione, non solo i modelli informativi, dovrebbero essere configurati secondo strutture di dati imposte e definite anticipatamente per il tramite delle richieste formulate dalla domanda pubblica.

Il che implica la possibilità di abbandonare gradualmente, per QE, DOCFAP e DIP/CI, la natura del documento per assumere, appunto, una diversa essenza, quella dispositivo operato dal dato leggibile ed elaborabile da algoritmi, specie da quelli propri dei modelli linguistici di grandi dimensioni.

Tali modelli, da un lato, saranno in grado, in maniera affidabile, di generare semi automaticamente i QE, i DOCFAP e i DIP/CI, mentre, da un altro lato, potranno interrogare a breve direttamente i modelli informativi e gli altri contenitori informativi al fine di verificarne la coerenza e la conformità coi requisiti originari, ma anche di generare alternative progettuali.

È immaginabile, infatti, che tali Large Language Model (LLM) possano supportare proattivamente le commissioni giudicatrici sia tramite analisi linguistiche computazionali dei documenti di offerta (ad esempio, per rilevare contraddizioni o per effettuare la sentiment analysis) sia attraverso elaborazioni semi-automatiche dei modelli informativi disponibili in funzione delle soluzioni migliorative proposte dai concorrenti per i criteri legati alle offerte economicamente più vantaggiose.

Si comprende, allora, in che misura occorra interrogarsi sulla struttura, anzitutto, del CI all’interno del DIP.

In primo luogo, nonostante che l’acronimo RUP stia ora a significare Responsabile Unico del Progetto (inteso come Project), manca tuttora l’obbligo per questo soggetto, ormai identificato col Project Manager, di redigere un Programma Generale del Progetto (Project Execution Plan).

In ogni caso, è palese che il combinato disposto della redazione di QE, di DOCFAP e di DIP, presupponga la presenza di una professionalità e di una progettualità originale di committenza, precedente a quella della progettazione.

Per questa ragione, le esigenze identificate nel QE, le condizioni stabilite nel DOCFAP e gli obiettivi determinati nel DIP non possono che essere espressi tramite dati strutturati e non per mezzo di dati non strutturati, a meno di soluzioni tecnologiche che siano nella possibilità di interpretarli altrimenti.

Tra l’altro, l’esistenza di un Ambiente di Condivisione dei Dati della organizzazione impone che QE, DOCFAP e DIP siano realizzati entro processi supportati da flussi di lavoro mappati adeguatamente (dal Workflow Management System) con modalità semi-automatizzate.

Per ottenere questo esito, occorre, anzitutto, che siano stabiliti a livello nazionale una ontologia specifica, possibilmente entro OntoPiA, e un dedicato dizionario dei dati.

Si potrebbe ipotizzare, tra le altre cose, che, nell’ottica dell’IFC (Industry Foundation Classes), così come dal punto di vista di CityGML, come Geography Markup Language, si delinei una struttura di classi e di sottoclassi che permetta di stabilire progressivamente nel DIP e nel CI quali siano i metadati attesi nei modelli informativi e negli altri contenitori informativi che diano vita al Progetto di Fattibilità Tecnico Economica (PFTE).

Si rammenta, in primo luogo, che il QE, di esclusiva competenza del committente, ha come fine il determinare gli obiettivi generali da perseguire attraverso la realizzazione dell’intervento, con gli associati indicatori chiave di prestazione e i fabbisogni, le esigenze qualitative e quantitative del committente, della collettività o della specifica utenza alla quale l’intervento è destinato, che dovranno essere soddisfatti attraverso la realizzazione dell’intervento stesso.

La qual cosa vuol dire che, in prospettiva, ci si dovrebbe avvalere di una struttura di dati che descriva le entità e le loro relazioni entro lo specifico dominio degli obiettivi generali e delle esigenze individuate. Non vi è chi non veda in ciò un nesso diretto con l’esplicitazione dei requisiti generali, contenutistici e informativi, dell’organizzazione (OIR), successivamente trasposti nell’investimento particolare.

La questione di fondo riguarda la necessità che le strutture di dati veicolate nei contenitori informativi generati nel corso della progettazione che seguirà derivino senza mediazioni o contraddizioni da quanto espresso nella meta-progettazione del committente.

Il DOCFAP, poi, in continuità col QE, secondo il Codice, è prodromico al DIP: poiché quest’ultimo contiene il CI, sarà, quindi, necessario, come prevede il testo legislativo facoltativamente, definire i requisiti informativi per il QE e per il DOCFAP.

  

La progressione dei requisiti contenutistici e informativi dal QE e dal DOCFAP verso il DIP e il CI.
Figura 01 – La progressione dei requisiti contenutistici e informativi dal QE e dal DOCFAP verso il DIP e il CI. (Angelo Luigi Camillo Ciribini)

 

In un certo senso, analogamente a quanto accade per il DIP col CI, servirebbe introdurre i requisiti informativi relativi all’investimento pubblico, i cosiddetti PIR (Project Information Requirements) nel QE e nel DOCFAP o, comunque, come riferimento generale per i diversi CI eventualmente attinenti a diversi affidamenti.

    

La progressione dei requisiti contenutistici e informativi tra QE e DOCFAP.
Figura 02 – La progressione dei requisiti contenutistici e informativi tra QE e DOCFAP. (Angelo Luigi Camillo Ciribini)

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