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Il Dizionario della Digitalizzazione: B come BIM

B come BIM

Prosegue l’iniziativa del dizionario della digitalizzazione con la sfida intrinseca lanciata da un termine, per meglio dire un acronimo, che non può essere condensato in una voce breve, ma che implica una moltitudine di premesse, concetti e posizioni culturali che difficilmente trovano posto in una singola, asettica definizione.

Facendo tuttavia tesoro dello spirito didascalico a-la-Encyclopédie di illuministica memoria, questa voce ha l’ambizione di portare luce più su una percezione diffusa, piuttosto che trascrivere i complicati precetti della letteratura di settore, che del Building Information Modeling traccia un quadro formale di contenuti e di norme.
Modellare l’informazione, nel dominio stretto delle costruzioni, significa prima di tutto predisporsi al confronto: il BIM, sin dalla sua introduzione procedurale nei tardi anni ’70 del secolo scorso, ha teorizzato lo “scambio”, non solo per gli attori del processo edilizio in cerca di un flusso organizzativo per i dati, ma anche per gli strumenti immaginati per produrli e gestirli, che pur tuttavia scontano ancor oggi una chiusura paralizzante nei formati, negli schemi di dati, nella fattiva mobilità dei contenuti.

La promessa di scambio trasparente e lineare del BIM, insieme ai suoi paradossi, si è così smarrita tra le pieghe di numerosi approcci, seguendo le derive ora delle case produttrici di software ora dei fanatici del processo, per i quali l’ortodossia del dato numerico può addirittura prescindere dalla rappresentazione funzionale.

L’opinione diffusa quindi, dopo un’iniziale ricerca frenetica da parte degli operatori del settore di chiarimenti d’ogni genere in merito al significato più intimo di BIM, si è fatta col tempo più scomposta: il BIM oggi non suscita più curiosità, ma timore o comunque diffidenza. La colpa non è da ascriversi a cause sempre definite: ciò nonostante la normativa, che ha visto nei giorni scorsi la luce con gli illuminati decreti attuativi del Codice degli Appalti pubblici, ha tracciato un percorso temporale definito, pur lasciando libertà alla sperimentazione e al confronto senza imporre una linea di metodo codificata.

Sarà proprio questo sviluppo nei metodi e nei ruoli, come già sta delineando la norma UNI 11337, ad avere la responsabilità di fugare dubbi e timori da parte dei professionisti.
Ancora una volta quindi, la digitalizzazione della filiera costruttiva trova nel BIM una componente di sviluppo importante. L’adozione del processo, pur con le criticità dovute per molti alla novità, è pertanto subordinata, ancora una volta, al confronto.

In questo senso il BIM, attraverso il linguaggio comune del modello digitale, assume la valenza di un processo condiviso e coordinato, nel quale lo “scambio” rimane l’obiettivo da perseguire.

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