Professione
Data Pubblicazione:

Il difficile ruolo del Consulente Tecnico d'Ufficio (CTU)

Con oltre vent’anni di esperienza come CTU, questo mio articolo si propone di approfondire le responsabilità e le competenze indispensabili per i Consulenti Tecnici d’Ufficio nell’esecuzione degli incarichi affidati dal giudice.

Qual è il compito di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)

Il compito del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) è di una delicatezza estrema. Competenze approfondite, equilibrio e obiettività sono i requisiti imprescindibili per una figura professionale che, tuttavia, non dispone di una formazione istituzionalizzata.

Il ruolo del CTU, pur non essendo necessariamente il più arduo, è senza dubbio delicato e richiede una consapevolezza profonda: le sue valutazioni avranno il compito di influire sul corso della giustizia, facendo pendere l'ago della bilancia in un senso o nell’altro. Non sorprende quindi che i "responsabili" cerchino di contestare le conclusioni che li danneggiano, sollevando obiezioni di natura tecnica o razionale, più o meno fondate.

 

Chi è il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)

Il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) è un esperto scelto dal giudice in caso di contenzioso legale, al fine di fornire un parere tecnico e imparziale, che possa supportare la formulazione della sentenza e aiutare nel determinare a chi assegnare la ragione tra le parti in causa.

Non si tratta di una persona qualsiasi: il CTU è una figura iscritta in un apposito elenco tenuto dal tribunale, dal quale il giudice può attingere in base alle necessità del caso.

In questo senso, il CTU nominato dal giudice assume il ruolo di ausiliario, operando a supporto dell'autorità giudiziaria e contribuendo con la sua competenza alla risoluzione della controversia.

Con una interpretazione tecnica, il CTU non è incaricato di fornire una prova nel senso stretto del termine, ovvero quella prova mancante negli atti che potrebbe permettere al giudice di decidere con maggiore certezza. Il suo compito è invece quello di offrire al giudice un supporto tecnico, fornendo chiarimenti su una materia specialistica in cui, molto probabilmente, il giudice non possiede la competenza adeguata per valutare correttamente una specifica situazione o una condizione rilevante per la decisione.

Il giudice ricorre alla consulenza tecnica quando sente la necessità di integrare la propria valutazione con conoscenze specialistiche, al fine di completare l'analisi di fatti o situazioni che richiedono competenze tecniche, naturalmente più approfondite di quelle che potrebbe acquisire autonomamente.

Per questa ragione, molti consulenti dovrebbero comprendere che ciò che sono chiamati a fornire non è un parere o un'opinione personale, per quanto esperta, ma una valutazione oggettiva basata sulle conoscenze tecniche più aggiornate e riconosciute nel settore di riferimento. Tale valutazione deve rispondere ai principi consolidati della disciplina, anche se talvolta potrebbe non essere condivisa personalmente dal consulente.

Questo concetto si riflette chiaramente in alcune consulenze che sembrano più il frutto di opinioni personali, per quanto tecniche, piuttosto che veri e propri risultati basati su principi scientifici e tecnici consolidati e universalmente riconosciuti.

A supporto di tale osservazione vi è la specifica natura del CTU, già evidenziata in precedenza, di ausiliario del giudice, una figura che, secondo numerose sentenze, assume anche il ruolo di collaboratore del giudice stesso. Proprio per questa sua funzione di supporto, non si può né pensare né accettare che il consulente faccia valere opinioni personali, poiché ciò equivarrebbe ad ammettere che il giudice possa prendere una decisione basandosi su un'opinione personale riguardo una determinata controversia.

Il giudice dispone di una certa discrezionalità, ma questa gli consente al massimo di formulare una valutazione personale sui dati e le prove presentate riguardo a un determinato fatto o situazione in contestazione, senza mai sfociare in un'opinione personale. Infatti, quando il giudice ritiene che le regole acquisite attraverso la comune esperienza siano sufficienti per la sua decisione, può decidere di non avvalersi dell'ausilio di un consulente tecnico.

Quando il giudice riterrà di discostarsi dalle conclusioni del consulente, dovrà prestare particolare attenzione a motivare e argomentare adeguatamente il proprio dissenso, per evitare di creare una base solida per una successiva impugnazione.

D’altra parte, la giurisprudenza ormai consolidata stabilisce che il consulente tecnico non è chiamato a provare un fatto in senso storico, in quanto, secondo i principi del processo civile, la prova delle circostanze storiche di un fatto o dei riscontri relativi alla situazione o condizione in contestazione è esclusiva competenza e onere delle parti coinvolte nel contenzioso.

Pertanto, la consulenza tecnica per l'accertamento di un fatto può essere richiesta solo quando tale fatto possa essere verificato esclusivamente attraverso competenze tecniche, e comunque solo dopo che la parte interessata l'abbia esplicitamente dedotto e sollevato, rispettando gli oneri processuali che le incombono, senza deroga.

 

Sull'operato di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU)

Per quanto riguarda l'operato del consulente, ciò di cui deve prestare particolare attenzione – e che purtroppo spesso viene sottovalutato, creando difficoltà alle parti e al giudice – è la sua totale estraneità a qualsiasi valutazione o definizione di questioni giuridiche.

Spesso, infatti, il consulente, forte del suo ruolo di ausiliario e collaboratore del giudice, tende a porsi come "giudice" delle situazioni che, pur essendo marginali o anomale, rileva incidentalmente durante l'incarico. In questi casi, egli ritiene di doverle risolvere non in termini tecnici, ma sotto un profilo normativo, facendo riferimento e applicando principi di legge che nulla hanno a che vedere con il suo compito, e, cosa ben più grave, che nessuno gli ha richiesto di affrontare.

L'errore in questione è tutt'altro che trascurabile: il consulente d'ufficio deve infatti essere consapevole che le valutazioni giuridiche spettano esclusivamente al giudice e agli avvocati, e che la prova del fatto storico deve essere introdotta nel giudizio dalle parti, con il relativo onere.

Inoltre, il consulente deve ricordare che il suo compito è circoscritto alla risposta al quesito posto, nei termini in cui gli è stato formulato, e che tale risposta deve essere tecnicamente precisa e completa. Se necessario, il consulente deve fornire anche i supporti tecnici adeguati, facendo particolare attenzione a non tralasciare nemmeno gli aspetti più marginali o apparentemente "scontati" del quesito.

È fondamentale evitare di formulare risposte che possano richiedere ulteriori chiarimenti o che possano dar luogo a implicazioni che necessitano di ulteriori approfondimenti.

Un'altra accortezza che spesso viene sottovalutata, con effetti negativi anche per il consulente, riguarda la tendenza a espandere i propri compiti oltre quelli attribuiti. Talvolta il consulente rischia di "farsi prendere la mano", esprimendo proprie interpretazioni di atti o addirittura di sentenze, o indagando su fatti che non rientrano nel quesito a lui sottoposto.

Il consulente può indagare oltre il quesito specifico solo quando si tratti di fatti strettamente connessi al quesito stesso, o di circostanze pertinenti all'oggetto dell'indagine.

Ad esempio, ciò potrebbe riguardare fatti che derivano come effetto necessario dall'oggetto dell'indagine o fatti senza i quali non sarebbe possibile comprendere pienamente l'incidenza tecnica della soluzione da adottare.

Nel caso in cui l'incarico affidato al consulente richieda indagini che implicano una specializzazione professionale aggiuntiva, egli potrà avvalersi di un esperto con la specifica competenza richiesta (ausiliario).

Questo principio è stabilito per garantire che il processo possa beneficiare di tutti i sussidi tecnici necessari alla risoluzione del quesito, assicurando al giudice una visione completa e approfondita sotto il profilo tecnico-scientifico del caso in esame.

In tale eventualità, il consulente non avrà bisogno di una specifica autorizzazione, purché prenda a carico le conclusioni dell'esperto ausiliario, assumendosi la piena responsabilità sia morale che scientifica delle stesse.

Per quanto riguarda l'esecuzione dell'incarico, una particolare cautela che il consulente tecnico d'ufficio deve assolutamente osservare riguarda il rispetto del principio del contraddittorio in tutte le fasi della sua attività.

Questo implica, prima di tutto, la comunicazione preventiva dell'inizio delle operazioni peritali, nonché l'informazione tempestiva delle eventuali attività di indagine e del reperimento di atti e documenti. Inoltre, il consulente deve garantire che vengano concessi tempi e opportunità adeguate affinché tutte le parti possano esercitare pienamente, legittimamente e in condizioni di parità il loro diritto di difesa, che, in questo caso, avrà un carattere tecnico più che processuale. Ciò include la possibilità per le parti di presentare tecnicamente le ragioni delle loro argomentazioni divergenti.

Per questo motivo, il consulente tecnico d'ufficio dovrà redigere un verbale dettagliato delle indagini svolte, tenendo conto delle istanze e delle osservazioni formulate dai consulenti tecnici di parte (CTP).

Un altro aspetto rilevante riguarda il ruolo del consulente tecnico di parte (CTP) nella controversia.

 

Il ruolo del Consulente Tecnico di Parte (CTP)

Il CTP deve partecipare alle operazioni peritali con un atteggiamento attento e proattivo, non necessariamente volto a negare o contestare quanto non coincida con il proprio orientamento, ma piuttosto a supportare e orientare l'indagine, mettendo in evidenza le eventuali lacune del CTU non come segno di una competenza inferiore alla propria, ma come errori o incongruenze tecniche.

Questo approccio può essere efficace solo se ogni questione viene argomentata sulla base di dati e norme tecniche, piuttosto che facendo riferimento a principi derivanti dalla propria esperienza personale.

Solo una corretta e solida argomentazione tecnica, presentata come controproposta durante le operazioni peritali, potrà permettere all'avvocato di evidenziare al giudice le carenze o le incongruenze della relazione del CTU, o di alcune sue parti.

Se ogni affermazione o tesi contraria viene supportata con argomenti e motivazioni tecnico-scientifiche rigorose, il CTU non potrà ignorarla senza fornire una risposta adeguata e ben motivata, specialmente se sollecitato dal CTP con tali argomentazioni.

L’Ordinanza 31591 del 04 Novembre 2021 la Corte di Cassazione stabilisce che il CTU deve rispondere specificamente alle osservazioni del CTP e del difensore delle parti. Se ciò non avviene la sentenza risulta viziata nella motivazione e violato il diritto di difesa.

Il vero problema, tuttavia, è che spesso il CTP si lascia coinvolgere da considerazioni di principio che hanno scarso fondamento tecnico, e che, di conseguenza, non attirano l’attenzione del giudice. Quest'ultimo, seguendo il rito processuale, sarà portato a rinviare ogni questione non strettamente tecnica a una sede successiva, non affrontandola nel contesto dell'indagine peritale.

Ecco alcuni esempi concreti:

Non basta affermare che il CTU ha commesso un errore nel non considerare un determinato aspetto, ritenuto necessario o utile per la parte rappresentata dal CTP. È fondamentale, invece, dimostrare tecnicamente come quella specifica omissione incida in modo significativo sui risultati tecnici, portando a conclusioni notevolmente differenti rispetto a quelle che si sarebbero ottenute includendo tale aspetto. Inoltre, occorre indicare il principio normativo e tecnico che giustifica la considerazione di quel fattore e che fa apparire l’omissione come una carenza tecnica.

Analogamente, non basta semplicemente affermare che il CTU non ha risposto ai solleciti del CTP. È essenziale che tali "solleciti" siano stati formulati e indirizzati correttamente, rispettando le modalità appropriate.

È significativo l'orientamento di alcuni giudici che escludono l'obbligo di motivare esplicitamente in merito alla consulenza tecnica di parte (CTP), salvo che quest'ultima contenga elementi concreti e circostanziati che conducano a conclusioni sostanzialmente divergenti da quelle raggiunte dal consulente tecnico d'ufficio (CTU).

Il ruolo del CTP è ben definito: deve tutelare gli interessi della parte che rappresenta, evidenziando le criticità metodologiche e scientifiche nell'operato del CTU e, se necessario, contestando le affermazioni della controparte.

Non si tratta, ovviamente, di alterare la verità, ma di proporre interpretazioni alternative dei dati raccolti, mettendo in evidenza eventuali errori o omissioni nell'operato del CTU o nella consulenza tecnica della parte avversa.

 

Il Confronto Tecnico è alla base del rapporto tra CTU e CTP

Il rapporto tra il CTU e il CTP si basa spesso su un confronto tecnico. Il CTU svolge le sue analisi e redige la relazione peritale, mentre il CTP esamina il lavoro del CTU e ha la possibilità di presentare osservazioni o contestazioni.

Questo scambio tecnico è essenziale per garantire un'analisi completa e accurata dei fatti tecnici in questione.

In conclusione, è importante ricordare che, a differenza del CTP, il CTU è soggetto anche a responsabilità penale e civile, come qualsiasi pubblico ufficiale, e, non meno importante, a responsabilità disciplinare, come ogni professionista.

Professione

Nel topic "Professione" vengono inserite le notizie e gli approfondimenti su quello che riguarda i professionisti tecnici. Dalla normativa, i corsi di formazione, i contributi previdenziali, le tariffe delle prestazioni e tutte le novità sulla professione.

Scopri di più

Leggi anche