Il Collasso dei Cespiti Tangibili e la Ricostruzione Immateriale del Settore
Nota del prof. Angelo Luigi Camillo Ciribini
I collassi strutturali che riguardano le infrastrutture e gli edifici, che siano prevedibili ed evitabili o meno, causati da eventi di diversa natura, suscitano evidentemente clamore, da un lato, e commozione, da un altro.
A prescindere dalle competenze disciplinari e dalle informazioni specifiche, è, comunque, molto spesso difficile accertare le responsabilità individuali, nonostante chiaramente sia sempre indispensabile una verità giudiziaria.
Poiché, però, tutti gli eventi che si sono registrati in questi anni hanno assunto un valore esemplificativo di problematiche generalizzabili, è chiaro che la questione possiede una valenza sistemica che richiede politiche e strategie di medio e di lungo periodo, ispirate all’ingegneria dei sistemi supportata da forme di intelligenza artificiale, a cui stanno ormai mettendo mano i maggiori governi europei comunitari e non.
Esse, tuttavia, richiedono, anzitutto, un impegno di spesa pubblica che appare sempre meno praticabile, nonostante le legittime aspirazioni degli Stati, senza fare ricorso a formule di Partenariato Pubblico Privato che, a loro volta, generano molte criticità, anche in virtù di una frequente impreparazione dei soggetti pubblici e delle amministrazioni concedenti nei confronti di tali approcci, oltre che della loro adozione talora impropria da parte dei partner privati.
Il primo passaggio da districare investe, dunque, l’Amministrazione Pubblica, spesso imputata di essere una causa strutturale delle inefficienze, tanto per i suoi modi di funzionamento quanto per le competenze di cui dispone.
Da ciò discendono i noti temi inerenti agli investimenti stanziati ma non attuati, ai ritardati pagamenti ai fornitori, agli iniqui compensi e, più generalmente, al Codice dei Contratti Pubblici.
Stante, comunque, l’opposizione dei piccoli e dei medi soggetti pubblici a forme di maggiore aggregazione e di superiore professionalizzazione, in presenza di numerosi tentativi riformisti andati delusi, occorre chiedersi se realisticamente la Domanda Pubblica possa essere davvero riconfigurata e da quale consenso politico e amministrativo tale intento sia realmente perseguibile, anche in termini di ricambio generazionale.
Ammesso, perciò, che gli investimenti in conto capitale siano, nell’ambito delle regole comunitarie, conseguibili nei termini ingenti che si reputano necessari, è palese che, nonostante la retorica diffusa, essi, pure in virtù della durata dei mandati elettivi, stentino concretamente a divenire, appunto, da Capital Expenditure, Total Expenditure.
In altre parole, l’espressione «ciclo di vita», quantunque popolare nelle intenzioni, è, infatti, faticosamente praticata dalla Domanda e dall’Offerta.
Tale locuzione, peraltro, si accompagna alla nozione di «sostituzione», sempre più difficile da accettare per una cultura amministrativa e per una opinione pubblica che lodevolmente si vogliono e si pensano come conservative, ma che non riflettono sino in fondo sulle conseguenze relative dei propri assunti.
La centralità delle Operations, tanto più nella prospettiva imminente dei beni immobiliari e infrastrutturali connessi e cognitivi, indurrebbe, però, a ripensare la natura dei cespiti e l’identità degli attori, dato che la sensoristica è decisiva solo in presenza di capacità predittive adeguate e di una concezione del prodotto come servizio.
Se veramente si volesse mettere in atto una policy vertente sul carattere operational del mercato (industrializzato) sarebbe indispensabile una profonda riconfigurazione di quello attuale, a partire da una ibridazione tra operatori tradizionali e attori inediti.
È chiaro che la digitalizzazione rappresenta il fattore abilitante del nuovo «capitalismo del dato», ma è altrettanto evidente che il «BIM» ne costituisce solo un elemento accessorio, mentre prioritaria e urgente sarebbe la realizzazione di una infrastruttura informativa immateriale urbana e territoriale (già adombrata da «Casa Italia»), data-centered, che permetta alle infrastrutture tangibili, risanate o sostituite, secondo una accezione improntata alla interconnessione e alla cognitività, come già presente nel programma Smart Roads del MIT, di essere «operative» e ai diversi ecosistemi digitali di attivarsi.
Non è un caso che le migliori piattaforme digitali, informative e negoziali, siano ispirate da strutture contrattuali collaborative e relazionali, che abbiano una decisa finalizzazione.
Nella contemporaneità, infatti, se il Settore delle Costruzioni non fosse in grado di esprimere una strategia sistemica di medio-lungo periodo, ripensando radicalmente i prodotti, le invocazioni a maggiori e più effettivi investimenti risulterebbero sterili e rivolte a outcome inattuali.