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Il CIPESS riscrive la politica dei finanziamenti pubblici puntando allo sviluppo rigenerativo

Dal 1 gennaio il CIPE ha cambiato nome e ora si chiama CIPESS, sigla che sta per Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile. Questo perchè le decisioni di investimento pubblico e politica economica puntano a favorire lo "sviluppo rigenerativo" dei territori e dell'economia.

I motivi del cambio di denominazione: "sviluppo rigenerativo" e rafforzamento del coordinamento politiche pubbliche

Non tutti sanno che dal 1° gennaio 2021 il CIPE ha cambiato nome: si abbrevia CIPESS e si chiama Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile.

È il CIPE, anzi il CIPESS, a dirci che la nuova denominazione rappresenta una “innovazione di ordine sistematico” che è “finalizzata a rafforzare il coordinamento delle politiche pubbliche in materia di programmazione economica e investimento pubblico ai fini del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.

Il senso dell’aggiunta della doppia S è rendere plasticamente evidente che il compito di coordinamento assegnato al Comitato - che, dal 1967 ad oggi, guida la programmazione economica del Paese, dirigendo le più importanti scelte di finanziamento pubblico - sarà svolto (anche al di fuori del PNRR e dunque con una strategia di breve, medio e lungo periodo) in modo che le decisioni di investimento pubblico e di politica economica favoriscano lo “sviluppo rigenerativo” dei territori e dell’economia, integrandosi con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, previsti da programmi nazionali, europei e globali.

 

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Ora, siccome il CIPESS è un organo con funzione di raccordo tra le amministrazioni pubbliche (che sottopongono al Comitato progetti per i quali chiedono un contributo pubblico) e lo Stato (che valuta se erogare o meno il finanziamento), intelligentemente ci si è posti il problema di individuare strumenti che consentano agli interventi finanziati - la cui elaborazione progettuale non dipende dal CIPESS ma, come detto, dalle singole amministrazioni – di realizzare davvero quella torsione verso la sostenibilità di cui c’è estremo bisogno.

E così, riconoscendo la necessità di “rafforzare ogni meccanismo istituzionale/amministrativo disponibile per assicurare la coerenza delle politiche settoriali con gli obiettivi di sostenibilità derivanti dagli impegni assunti dall’Italia in sede internazionale ed europea”, il CIPESS ha già fatto una sua importante mossa, dando il via, con la direttiva del 7 dicembre scorso, ad un lavoro che porterà alla definizione di linee guida generali e indicatori di sostenibilità sulla cui base saranno poi valutate le istruttorie per i progetti sottoposti all’attenzione del Comitato.

 

Per puntare sulla sostenibilità serve un'alleanza tra politica e tecnica

Alcuni spunti di riflessione a riguardo.

Occorre anzitutto considerare che la sostenibilità, per essere un parametro oggetto di discorsi reali capaci di incidere sul nostro modo di costruire e di programmare le azioni aziendali e i processi industriali, deve declinarsi in indicatori che, a loro volta, siano misurabili. In altri termini, fissare target - per di più in un contesto intangibile e dalle enormi complicazioni che rischiano di scusare ogni fallimento - non basta. 

Se il target è la sostenibilità, serve una stretta alleanza tra politica e tecnica, che trasferisca le finalità in programmi ed azioni e consegni strumenti di amministrazione attiva che seguano la strada dello sviluppo rigenerativo. 

Dunque, le linee guida in fieri potrebbero cogliere l’occasione per strutturare, in maniera interdisciplinare e partecipativi, matrici di analisi che considerino varie finalità, come aumentare l’inclusione sociale o il coinvolgimento delle PMI, e strumenti procedurali e contrattuali che valorizzino la collaborazione tra i protagonisti del mondo dell’impresa, anche al fine di puntare ad obiettivi collaterali flessibili, da raggiungersi con tecniche di nudging più che con oneri cogenti che potrebbero portare ad escludere dal mercato le imprese meno strutturate e, dunque, con meno capacità di investimento. 

Lavorare ai target di sostenibilità implica una valutazione di pre-fattibilità, caso per caso, anch’essa rientrante nell’idea di sviluppo rigenerativo: non si possono rigenerare i territori senza aver analizzato preliminarmente gli impatti del perseguimento dei target sui contesti politici, economici e sociali toccati.

 

Necessario rafforzare tutti i meccanismi istituzionali e amministrativi

Il secondo spunto è tratto della lettura attenta dei termini impiegati nella scheda informativa che accompagna la Direttiva del 7 dicembre. Le parole che la scheda usa e la trama che esse creano sono segno di un nuovo corso, di una visione politica che costruisce, insieme, pensiero e azione. 

Scelgo un’espressione su tutte: “rafforzare ogni meccanismo istituzionale/amministrativo”. Il CIPESS sa che la situazione delle amministrazioni è fragile, che gli impegni sono tanti e che non sempre la regolamentazione aiuta; quindi (non denuncia una patologia, ma) va a caccia di strumenti. Volendo rafforzare “meccanismi”, il CIPESS guarda a riempire la valigetta degli attrezzi degli operatori pubblici; interessante è pure la combinazione tra meccanismi istituzionali (cioè inerenti all’esercizio della funzione politica) e amministrativi (cioè inerenti alle modalità di azioni degli enti pubblici) è frutto di grande consapevolezza del fatto che serve collaborazione tra politica e tecnica, che la soluzione non sta solo nella normativa.    

La vera sfida per le linee guida che attendiamo, da vincere insieme agli stakeholders, sarà uscire dalla genericità della sostenibilità per realizzare lo sviluppo rigenerativo che il CIPESS annuncia e puntare sull’innovazione per creare valore pubblico con un metodo nuovo, che però, appunto rigenerando, non deve cancellare quello che c’è (anche come processo produttivo e sistema industriale), ma piuttosto rielaborarlo per migliorarlo. 

Certo è che con la Direttiva del 7 dicembre appare chiaro il ruolo strategico del CIPESS che, fin dalla legge 27 febbraio 1967, n. 48, è stato del resto qualificato come “organo di direzione politica”, posto al centro dell’azione propulsiva di governo nella programmazione economica alimentata da investimenti pubblici. E, infatti, grazie al CIPE sono stati approvati i raggiorni programmi strategici del Paese, dalle infrastrutture lineari, alla linea telefonica, dalla ricostruzione del Vajont alla ricerca spaziale europea, ai programmi di IRI e ENI.

Sarà perché il CIPE è nato nello stesso anno in cui Barnard ha effettuato il primo trapianto di cuore e Felice Gimondi ha vinto il giro d’Italia, ma lo spirito innovativo e la sensibilità amministrativa che il Comitato sta dimostrando ci fanno credere che sia il CIPESS l’organo su cui puntare per rifondare la cultura dell’impresa e dell’economia pubblica e privata del Paese.

Se volete sapere la storia del CIPE leggetela direttamente sul sito del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, raro esempio di informazione chiara e organizzata perché chi legge capisca.