Calcestruzzo sostenibile | Costruzioni | Calcestruzzo Armato | Edilizia
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Il calcestruzzo sostenibile porterà stravolgimenti nel settore delle costruzioni

In questa intervista l'ing. Gianluca Pagazzi sottolinea che l'adozione di calcestruzzi a basso contenuto di clinker richiede un cambio di mentalità nel settore delle costruzioni, con tempi di maturazione più lunghi e tecniche operative riviste, ma offre potenziali miglioramenti in termini di sostenibilità e prestazioni. La formazione continua di tecnici, imprese e committenti è cruciale per superare le sfide tecniche e garantire una transizione efficace verso materiali più sostenibili.

I calcestruzzi con cementi a basso contenuto di clinker possono offrire prestazioni simili o anche superiori a quelli 'tradizionali'

Negli ultimi anni, le prove di laboratorio condotte dalle più importanti università del mondo e le sperimentazioni dei produttori di cemento hanno evidenziato che i calcestruzzi realizzati con cementi a basso tenore di clinker possono offrire prestazioni complementari o addirittura migliori rispetto ai calcestruzzi tradizionali. Tuttavia, nei cantieri emergono problematiche sempre più varie e spesso impreviste. Con questa intervista vogliamo approfondire, insieme ai tecnologi del calcestruzzo, quali sono queste problematiche, le loro possibili cause, le soluzioni adottate e come si può affrontare in futuro il passaggio verso materiali più sostenibili.

In questa occasione, a rispondere alle domande di Andrea Dari è l'Ing. Gianluca Pagazzi, Consulente tecnico per strutture di calcestruzzo armato.

  

Andrea Dari:
Quali sono le principali differenze operative che avete riscontrato tra l’utilizzo di calcestruzzi realizzati con cementi a basso tenore di clinker rispetto a quelli tradizionali, sia durante il getto che nella fase di maturazione?

Gianluca Pagazzi:

I cementi a basso contenuto di clinker obbligheranno il mondo delle costruzioni a cambiare approccio e, finalmente, il mantra italico per eccellenza “abbiamo sempre fatto così” ha o avrà i giorni contati e si è già guadagnato un meritato riposo e lascerà i cantieri per sempre o lo caccerò io.
Le differenze ci sono e si vedono, però non ho detto che “differenza” vuol dire qualcosa di peggiorativo, ma, secondo me, c’è molto di positivo.
Sono cementi “più lenti”, ma questa potrebbe essere una virtù, se chi frequenterà i cantieri deciderà di “cambiare modalità operative”: mantenimento della lavorabilità aumentato, prolungamento dei tempi di maturazione e disarmo allungati, più tempo per raggiungere le prestazioni meccaniche. Non sono mica tragedie.

  

Andrea Dari:
Quali problematiche specifiche avete riscontrato nei cantieri nell’utilizzo di questi calcestruzzi? Riguardano più la lavorabilità, la durabilità o altri aspetti tecnici?

Gianluca Pagazzi:

Per la lavorabilità ho risposto al punto 1. Per la durabilità, bisognerebbe aspettare qualche decennio, ma se gli ingredienti che andranno a sostituire il clinker saranno delle pozzolane (ceneri volanti, loppe d’altoforno, ecc.), la durabilità potrà solo migliorare.

Per quanto riguarda altre problematiche, tipo “sono apparse macchie sulle strutture a vista”, vedi ad esempio le pavimentazioni, ma non necessariamente è stato colpa del basso contenuto di clinker, ma potrebbero essere collegate ad altri ingredienti del cemento.

N.B. per chi scrive, le macchie, non saranno mai un problema, ma visto che i committenti e i loro tecnici di fiducia impazziscono alla loro vista, alcune soluzioni le stiamo già testando.

  

Andrea Dari:
Secondo la vostra esperienza, quali potrebbero essere le cause principali di queste problematiche? Si tratta di limiti tecnologici, carenze nella formazione del personale o di inadeguate normative di riferimento?

Gianluca Pagazzi:

Il mondo va avanti e non sta a me dire se in “modo giusto o sbagliato”. Noi dobbiamo realizzare le strutture con i mezzi che abbiamo; basterà cambiare le tecniche realizzative, aumentare i tempi di maturazione e disarmo, avere molta pazienza da parte di tutti e portare come riferimento delle resistenze, quando servirà, per esempio, a 56 giorni invece che a 28 giorni al fine di poter beneficiare del contributo dei materiali pozzolanici, che ci sarà sicuramente, ma fermando il riferimento per la prova di resistenza a compressione a 28 giorni avremo solo il contributo in opera, ma non si verrà mai tenuto conto a livello progettuale, nei controlli e nei collaudi.

Quindi, con il riferimento a 56 giorni, si eviterà di “buttare nel cestino” una quota parte di resistenza a compressione, derivante dal contributo portato dagli ingredienti che andranno a sostituire il clinker in un futuro prossimo dei cementi.

N.B. a sostegno di tale affermazione c’è il D.M. 17-01-2018 dove al paragrafo 11.2.1 Specifiche per il calcestruzzo e previsto quanto segue: “(…) Potranno essere indicati altri tempi di maturazione a cui riferire le misure di resistenza ed il corrispondente valore caratteristico. (…) … Quindi, anche la normativa nazionale, sebben datata, ci supporta e supporterà per affrontare il futuro".

  

Andrea Dari:
Potete condividere alcune delle soluzioni o delle strategie che avete adottato per superare tali problematiche? Ci sono state innovazioni che hanno dimostrato di essere particolarmente efficaci?

Gianluca Pagazzi:

Brevemente, descriverò sinteticamente, senza molti dettagli, una soluzione adottata per le pavimentazioni di calcestruzzo: invece di gettare, staggiare (a mano o macchina), operazioni di spolvero e finitura meccanizzata, ecc. e maturazione, abbiamo gettato, staggiato, corretto leggermente il getto a mano o a macchina e effettuato la maturazione umida. Dopo 28 giorni, è stata eseguita la levigatura del getto e trattamento con silicato: problemi? Zero. Macchie sullo spolvero in superficie? Non ci sarà lo spolvero, quindi zero macchie, ma “aggregati levigati a vista” … costo in più? Un po',ma il “green” ha un suo costo, “nulla è e sarà mai gratis”.

Altro suggerimento veloce è quello, già, citato al punto precedente, cioè quello di riferire la resistenza caratteristica a 56 giorni, invece che a 28 giorni, ci vorrebbero mesi per descrivere le soluzioni che si possono o, meglio, si DEVONO adottare. Ho scritto DEVONO, non dovranno o potranno o dovrebbero o potrebbero.

 

Andrea Dari:
Guardando al futuro, quali passi ritenete necessari per garantire una transizione più agevole verso cementi più sostenibili, mantenendo prestazioni elevate?

La formazione è un'attività fondamentale!

  • Formazione dei tecnici per sostenerli a prescrivere le prestazioni attese con altri tempi di maturazione (es. resistenze riferite a 56 giorni invece che agli storici 28 giorni) e tutte le problematiche collegate;
  • Formazione delle imprese per spiegare/informare cosa sta succedendo e come operare con i calcestruzzi confezionati con i nuovi cementi;
  • Formazione per i direttori lavori per i controlli;
  • Formazione per committenti pubblici, privati, stazioni appaltanti pubbliche o private al fine di convincerli ad abbandonare i loro deliranti tempi di consegna delle opere: i tempi di consegna devo essere materia di studio dell’ingegneria civile, non della politica o di un privato che vuole capricciosamente aprire la sua attività in tempi che non vanno d’accordo con i nuovi calcestruzzi.

Grazie Andrea per la considerazione e anche se con la sensibilità di un “elefante in un negozio di cristalli”, spero di aver dato il mio contributo alla causa e prima di salutarci vorrei fare io una domanda al mondo delle costruzioni: Perché non vi limitate a guardare le “qualità positive del nuovo” invece di porre l’attenzione sui limiti o la paura di non guadagnare più come i tempi passati è davvero terrificante?  tranquilli quest’ultima cosa non vi capiterà, stiamo lavorando da anni per capire come operare basterà ascoltare chi avrà la conoscenza giusta.

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