Il calcestruzzo per le strutture di fondazione e interrate: le prescrizioni della UNI 11104
Il presente articolo costituisce un estratto dal cap. 11 del libro di Riccardo Schvarcz “La durabilità del calcestruzzo, i fattori che la influenzano” dove, dopo avere analizzato le problematiche di degrado delle strutture di fondazione e interrate, si forniscono indicazioni sulle prescrizioni del calcestruzzo previste dalla norma UNI 11104 in accordo con la UNI EN 206-1.
Le strutture di fondazione e i fenomeni di degrado
Questi elementi strutturali sono sottoposti ad un modesto degrado se i terreni con i quali vengono in contatto non contengono sostanze aggressive (solfati e pirite).
Queste strutture, non essendo in contatto con l’aria, sono esposte ad un bassissimo rischio di corrosione delle armature promossa dall’ingresso dell’anidride carbonica gassosa presente nell’atmosfera. Infatti in opere quali quelle interrate, dove la porosità della matrice cementizia è imbibita di acqua, l’anidride carbonica non è in grado di diffondersi nel calcestruzzo con una velocità sufficiente da poterla ritenere significativa durante la vita nominale della struttura (50 anni).
Anche l’ossigeno dell’aria, al pari dell’anidride carbonica, è fortemente ostacolato nel processo di penetrazione teso al raggiungimento delle armature. La conseguenza di questa lentezza del processo di diffusione dei due gas necessari per poter promuovere il processo di corrosione delle armature induce a ritenere che questa problematica risulta trascurabile purché si provveda a garantire un sufficiente copriferro alle armature e l’assenza di zone interessate da difetti di posa in opera e compattazione quali vespai e nidi di ghiaia.
PER APPROFONDIREInizialmente si descrive il meccanismo di penetrazione della carbonatazione nel calcestruzzo, che porta all’innesco della corrosione, e i principali fattori che influenzano la velocità di ingresso. Successivamente si illustrano i parametri che influenzano la velocità di corrosione una volta che si è innescata. Infine si descrivono le strategie per prevenire questa forma di degrado e garantire la vita di servizio richiesta.
Calcestruzzo: le prescrizioni della norma UNI 11104
Caso in cui le strutture di fondazioni sono in contatto con terreni non aggressivi
La norma UNI 11104 inquadra questa tipologia di strutture nella classe di esposizione XC2 per le quali si richiede che il conglomerato abbia una classe di resistenza caratteristica minima C25/30 e un dosaggio di cemento non inferiore a 300 kg/m3. Inoltre, in accordo con gli Eurocodici, occorrerà provvedere ad un copriferro di 30 o 40 mm rispettivamente per opere in c.a. o in c.a.p.
In questo caso specifico si può ritenere di fornire la seguente indicazione:
Calcestruzzo a prestazione garantita, in accordo alla UNI EN 206-1, per strutture di fondazione in classe di esposizione XC2 (UNI 11104), Rck 30 N/mm2, Classe di consistenza S4/S5 o slump di riferimento 190 mm ± 20 mm, Dmax 32 mm, Cl 0.4.
Il campo di validità è relativo a strutture di fondazione e a muri interrati in contatto con terreni non aggressivi; queste strutture devono avere una vita nominale pari a 50 anni in accordo alle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 17.01.18). Le indicazioni sono rivolte a plinti di piccole dimensioni di altezza non superiore a 1.5 m, a platee di fondazione e muri di spessore non superiore a 60-80 cm.
Caso in cui le strutture di fondazioni sono in contatto con terreni non aggressivi
Se le strutture di fondazione sono in contatto con terreni contenenti solfati le prescrizioni per il calcestruzzo diventano più restrittive per l’azione fortemente aggressiva esercitata da queste sostanze nei confronti del conglomerato. Le reazioni chimiche promosse dal solfato, infatti, possono determinare fessurazioni, rigonfiamenti e forti espulsioni di parti consistenti di calcestruzzo.
IMPORTANTE
Per questo motivo, sarebbe sempre opportuno prima di iniziare la progettazione delle opere di fondazione richiedere che venga effettuata un’analisi chimica del terreno, utile anche per i test di cessione nella gestione delle terre e rocce da scavo, finalizzata ad accertare la presenza di sostanze aggressive per il calcestruzzo.
In presenza di solfati l’aggressione diventa possibile se il tenore (in termini di SO42-) risulta superiore a 2000 mg/kg e sarà tanto maggiore quanto più elevata sarà la concentrazione di queste sostanze nel terreno.
La norma UNI 11104 in queste situazioni raccomanda l’impiego di calcestruzzi con classe di resistenza caratteristica variabile da C28/35 a C38/45 per tenori di solfato crescenti da 2000 a 24000 mg/kg, dosaggi di cemento non inferiori a 320 kg/m3 e l’impiego di cementi resistenti ai solfati in accordo alla UNI 9156.
In questo caso specifico si ha:
• Calcestruzzo a prestazione garantita, in accordo alla UNI EN 206-1, per strutture di fondazione in terreni debolmente aggressivi con un tenore di solfati compreso tra 2000 e 3000 mg/kg, in classe di esposizione XC2-XA1 (UNI 11104), Rck 35 N/mm2, cemento MRS a moderata resistenza ai solfati in accordo alla UNI 9156, Classe di consistenza S4/S5 o slump di riferimento 190 mm ± 20 mm, Dmax 32 mm, Cl 0.4.
• Calcestruzzo a prestazione garantita, in accordo alla UNI EN 206-1, per strutture di fondazione in terreni mediamente aggressivi con un tenore di solfati compreso tra 3000 e 12000 mg/kg, in classe di esposizione XC2-XA2 (UNI 11104), Rck 40 N/mm2, cemento ARS ad alta resistenza ai solfati in accordo alla UNI 9156, Classe di consistenza S4/S5 o slump di riferimento 190 mm ± 20 mm, Dmax 32 mm, Cl 0.4.
• Calcestruzzo a prestazione garantita, in accordo alla UNI EN 206-1, per strutture di fondazione in terreni fortemente aggressivi con un tenore di solfati compreso tra 12000 e 24000 mg/kg, in classe di esposizione XC2-XA3 (UNI 11104), Rck 45 N/mm2, cemento AARS ad altissima resistenza ai solfati in accordo alla UNI 9156, Classe di consistenza S4/S5 o slump di riferimento 190 mm ± 20 mm, Dmax 32 mm, Cl 0.4.
Il campo di validità è relativo a strutture di fondazione e ai muri interrati in contatto con terreni aggressivi contenenti solfati in misura compresa tra 2000 mg/kg e 24000 mg/kg e attengono a strutture con vita nominale di 50 anni in accordo alle Norme Tecniche per le Costruzioni.
Per le strutture con un tenore di solfati superiore a 24000 mg/kg oltre alle prescrizioni succitate e relative al calcestruzzo occorrerà ricorrere all’impiego di rivestimenti protettivi impermeabili resistenti al solfato (ad esempio a base di sistemi epossidici). Tali prescrizioni valgono sia per le opere esposte a climi temperati che rigidi. Per le strutture interrate in clima rigido, infatti, grazie all’inerzia termica del terreno si devono escludere fenomeni degradanti per effetto dei cicli di gelo-disgelo caratteristico delle strutture aeree che operano in questo contesto climatico. Le prescrizioni sono rivolte a plinti di piccole dimensioni di altezza non superiore a 1.5 m, a platee di fondazione e muri di spessore non superiore a 60-80 cm.
...e di grandi dimensioni
Se le strutture oltre ad operare in terreni inquinati da solfati dovessero risultare anche di grandi dimensioni, le prescrizioni sopra indicate debbono essere integrate con quelle riportate in seguito relativamente allo sviluppo di calore di idratazione unitario del cemento e al dosaggio massimo di cemento nell’impasto al fine di limitare la nascita di gradienti termici nel getto.
Alcune strutture di fondazione possono essere di grandi dimensioni: è il caso, ad esempio, dei plinti di fondazione delle pile da ponte, delle platee di spessore maggiore di 60-80 cm, dei blocchi di fondazione di presse per stampaggio di lamiere o delle turbine negli impianti di produzione dell’energia elettrica.
Per queste strutture caratterizzate da rilevanti volumi di calcestruzzo è fondamentale attenuare i gradienti termici che si instaurano tra le zone centrali del getto e quelle periferiche. Infatti queste ultime, per la maggiore dissipazione del calore rispetto alle zone del “cuore” della struttura, tendono a portarsi in equilibrio con la temperatura ambientale. Per contro, le zone interne, per la bassa diffusività termica del calcestruzzo, sono caratterizzate da condizioni adiabatiche con assenza di calore dissipato e, pertanto, subiscono un forte innalzamento di temperatura.
Per effetto di questi gradienti termici si instaurano nelle strutture degli stati tensionali di trazione che possono determinare la comparsa di dannosi quadri fessurativi sia sulla corteccia che nell’intimo dell’opera. Per queste strutture, quindi, occorre limitare il calore generato dall’idratazione del cemento; ciò può essere fatto utilizzando cementi LH e/o limitando il dosaggio di cemento in accordo alla norma UNI EN 197-1:2006.
In questo caso l’indicazione è:
Calcestruzzo a prestazione garantita, in accordo alla UNI EN 206-1, per strutture di fondazione massive (di grande spessore) in classe di esposizione XC2 (UNI 11104), Rck 30 N/mm2, Classe di consistenza S4/S5 o slump di riferimento 190 mm ± 20 mm, Dmax 32 mm, Cl 0.4, cemento “LH” a basso sviluppo di calore in accordo alla UNI-EN 197-1.
Il libro di Riccardo Schvarcz “La durabilità del calcestruzzo, i fattori che la influenzano” è edito dalla Dario Flaccovio.
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