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Il calcestruzzo fotoluminescente: l'innovazione materica applicata alle infrastrutture viarie

In tutto il mondo nel 2019 è aumentata la produzione di cemento e calcestruzzo. Come possibile soluzione a questa grande richiesta di materiale, negli anni è stata svolta la ricerca per l'utilizzo di materiali riciclati.
Una delle innovazioni di prodotto più interessanti è il calcestruzzo fotoluminescente. Ciò si ottiene mescolando leganti, aggregati riciclati, acqua e vetro riciclato. Questa particolare composizione, a seguito di un processo termico, conferisce al calcestruzzo il fenomeno fisico della fosforescenza, consentendo a questo conglomerato di assorbire la radiazione solare e di rilasciarla dopo ore sotto forma di sorgente di luce naturale.

Cemento e calcestruzzo: l’orizzonte produttivo

Nel 2019 i consumi di cemento a livello mondiale erano pari a 4,26 miliardi di tonnellate, una quantità in aumento del 4,2% rispetto all’anno precedente [Federbeton, 2019]. Il mercato cinese, che da solo consuma il 57,7% del prodotto mondiale è tra i maggiori consumatori: nel 2019 sono state 2,46 miliardi le tonnellate di cemento consumate in Cina, con un incremento rispetto all’anno precedente del 7%.
Il continente asiatico mostra anch’esso un mercato in crescita nell’impiego di questo materiale: nel 2019 solo in India, secondo paese tra i maggiori consumatori di cemento, i consumi hanno subito un incremento del 2,8%, pari a 330 milioni di tonnellate. Il consumo di questo materiale è in crescita anche nell’America del Nord: gli Stati Uniti registrano un incremento del 2,5% con 99,4 milioni di tonnellate di materiale consumato, tanto da compensare la lieve decrescita in Canada (-1,1%). Il mercato sudamericano rappresenta un quadro piuttosto eterogeneo poiché mentre il consumo è in continua crescita in Brasile (+4,0% e 55 milioni di tonnellate consumate), Messico (-8,5%) e Argentina (- 6,0%) registrano invece un decremento dei consumi.

Tra i grandi consumatori che si affacciano sul mar mediterraneo, la Turchia ha ridotto del 25% i consumi interni, ciò nonostante insieme all’Egitto rappresentano i maggiori consumatori di cemento con una richiesta annua totale superiore alle 100 milioni di tonnellate. In continua crescita il mercato dell’area sub-sahariana con Nigeria (3,0%), Kenya (6,0%) e Senegal (1,1%) [Federbeton, 2019].
L’Europa consuma 27,4 milioni di tonnellate di cemento annuo, con Paesi che registrano aumenti da rilevanti Spagna (9,0%) a lievi Germania (+0,9%).

Tabella 1. Consumi mondiali di cemento [Federbeton, 2019]

In Italia, nel 2019 la produzione complessiva di cemento è pressoché invariata rispetto al biennio precedente ed è pari a 19,2 milioni di tonnellate. La geografia del territorio nazionale rappresenta una configurazione produttiva in aumento nell’Italia settentrionale (11,4%).
Alla stabilità del quadro dei consumi nazionale del legante, corrisponde un aumento della produzione del calcestruzzo (+5,1%) pari a 28,42 milioni di m3: il nord Italia è il maggior produttore (15.021.680 m3), e il centro Italia e Sardegna i territori con maggiore incremento produttivo, pari al 8,1% [Federbeton. 2019].

Figura 1. Produzione calcestruzzo in Italia 2011-2019. Rielaborazione degli autori su stima Atacap. [Federbeton. 2019]

Calcestruzzo riciclato: lo stato dell’arte

Il caementa romano realizzato con l’aggregazione di terra, pietre e mattoni frantumati, detriti e altro materiale incoerente [Baratta, 2020] sancisce l’antichità della prassi del riciclaggio del calcestruzzo. È il secolo scorso ad aver assolto il compito di normare tale prassi e sostanziare il concetto di risorse riciclabili e riciclate, rinnovabili e reimpiegate all’interno di uno scenario mondiale poiché necessario rispondere alla emergente criticità della sempre più grande una “popolazione di rifiuti” [Maldonado in Baratta, p. 308] e comprendere la necessità di un’economia circolare e non più lineare.
Negli ultimi 15 anni, dalla Direttiva europea 2008/98/CE, in Italia, l’entità e la pericolosità dei rifiuti è stata descritta e regolamentata e, in quest’ottica le aziende produttrici di cemento e calcestruzzo stanno attuando strategie volte al reimpiego dei materiali uscenti dalla filiera edilizia, come materia prima seconda (MPS).

Nel 2019, in Italia, per la realizzazione del calcestruzzo sono stati impiegati oltre 14 milioni di tonnellate di aggregati naturali (materie prime), circa 36.000 tonnellate di aggregati riciclati (materie prime seconde) e circa 10.000 tonnellate di aggregati industriali [Federbeton, 2019]. Il dato mostra quanto sia contenuta la percentuale di aggregati riciclati e reimpiegati nel conglomerato (approssimabile allo 0,3% del totale). Gli investimenti nel settore rivolti alla riduzione degli impatti ambientali esuberano i 100 milioni di euro destinati sia al riciclaggio di materiali e al minor impiego di materie prime, sia alla sostituzione graduale dei combustibili fossili.
Tra le più interessanti strategie per il riciclaggio, quella del recupero del calcestruzzo reso dal cantiere, adottata dall’ 84% delle aziende associate a Confindustria consente di recuperare il 41% del calcestruzzo di scarto e reinserirlo all’interno del processo produttivo [Federbeton, 2019].

Figura 2. Aggregati provenienti da calcestruzzo riciclato [Stoppiana, 2020]

Il nuovo millennio è caratterizzato da una limitata diffusione nell’impiego del calcestruzzo riciclato che non dipende solo dalle criticità del processo produttivo ma anche dalla mancanza di incentivazione nella commercializzazione della materia e nell’uso.
Negli gli ultimi anni, tuttavia, gli obiettivi fissati dall’Unione europea per il 2030 e per il 2050 verso un’economia a emissioni neutre [Commissione europea, 2020], impongono una condizione vincolante che determina la necessaria adozione di strategie di impiego di materiali riciclati e riciclabili.
Nel quadro nazionale un importante strumento in tale direzione sono gli strumenti normativi.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) aggiornate nel 2018 regolamentano i campi di applicazione e il mix design dei conglomerati con aggregati riciclati in base alla destinazione d’uso e alla resistenza meccanica.
Il capitolo 11, Materiali e prodotti a uso strutturale, paragrafo 11.2.9 punto 11.2.9.2 Aggregati delle NTC 2018 supporta in tal senso l’uso strutturale di calcestruzzo con aggregati riciclati ritenendo “idonei alla produzione di calcestruzzo per uso strutturale gli aggregati ottenuti dalla lavorazione di materiali naturali, artificiali, oppure provenienti da processi di riciclo conformi alla norma europea armonizzata UNI EN 12620 e, per gli aggregati leggeri, alla norma europea armonizzata UNI EN 13055”. “È consentito l’uso di aggregati grossi provenienti da riciclo, secondo i limiti di cui alla Tab. 11.2.III a condizione che la miscela di calcestruzzo, confezionato con aggregati riciclati, venga preliminarmente qualificata e documentata, nonché accettata in cantiere, attraverso le procedure di cui alle presenti norme”. [NTC, 2018, pp. 311-312]

Oltre alle NTC 2018, i Criteri Ambientali Minimi (CAM) definiti con il D.M. 11 ottobre 2017 fissano, per gli appalti pubblici, l’obbligatorietà dell’impiego di calcestruzzo con materiale riciclato, in misura non inferiore al 5% in peso, compatibilmente con le specifiche norme tecniche prima citate [ANPAR, 2020].
Se da un lato la prassi normativa sta creando l’impalcatura per vincolare l’uso di calcestruzzo riciclato, sono numerose le pratiche di reimpiego e riciclo all’interno di sperimentazioni e ricerche in ambito accademico riguardanti innovazioni di prodotto e processo e che hanno come esito la realizzazione di prodotti quali calcestruzzi drenanti, calcestruzzi fotocatalitici e calcestruzzi fotoluminescenti.

Calcestruzzo fotoluminescente: fotoluminescenza e innovazione

Il calcestruzzo fotoluminescente è un conglomerato artificiale realizzato dall’unione di leganti, acqua, aggregati fini, aggregati grossi, vetro e alluminati di stronzio i quali, sottoposti ad un particolare processo termico, conferiscono a questo materiale la capacità di assorbire la radiazione solare e restituirla, sotto altra forma di fonte luminosa, nelle ore notturne [Cofetti et al., 2019].
Il fenomeno fisico della fosforescenza viene attivato dall’agitazione delle molecole dopo essere state colpite da radiazione elettromagnetica (luce) che le pone in uno stato eccitato.

A seguito dello stato di eccitazione queste, tornando in uno stato fondamentale, riemettono energia mediante una o più transizioni successive con una frequenza inferiore a quella della radiazione incidente. L’emissione elettromagnetica avviene nel momento in cui la fonte luminosa incidente cessa di irraggiare il corpo e, nel caso del calcestruzzo fotoluminescente, può avere una durata che varia dalle 6 alle 12 ore.
Questa innovazione di prodotto è stata di recente realizzata con l’obiettivo di ottenere un conglomerato dalle prestazioni migliorate.

La condizione di emissione, che avviene allo scomparire della fonte luminosa ovvero nella condizione notturna, e la durata, tra le 6 e le 12 ore ovvero per buona parte delle ore in assenza di luminosità naturale, unite alla resistenza meccanica del calcestruzzo rendono il calcestruzzo fotoluminescente un prodotto innovativo con particolare vocazione all’impiego per la realizzazione di manti stradali delle infrastrutture viarie.
L’impiego di calcestruzzo con aggregati riciclati si innesta in una prassi peraltro già diffusa in Italia: ad oggi sono stati utilizzati circa 1 milione di m3 di calcestruzzo con aggregati riciclati per superfici delle infrastrutture viarie [Anpar, 2019].

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Nelle prossime righe si parlerà degli aspetti ambientali e verranno presentati due casi studio

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