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Il BIM nel nuovo Codice degli Appalti: primi passi verso la digitalizzazione

Riccardo Perego, CEO di One Team, commenta il nuovo documento strategico per le costruzioni.

Dal 2016 ad oggi: quanta strada ha fatto il BIM nel Codice degli Appalti Pubblici?

A distanza di sette anni è in procinto di essere pubblicata una nuova versione del Codice degli Appalti. Anche questa versione prevedrà una parte dedicata alla digitalizzazione. Lei ricorda l’uscita della precedente versione del Codice?

Riccardo Perego

Certamente. La prima versione del Nuovo Codice degli Appalti Pubblici uscì il 18 aprile 2016: l’Italia era in ritardo nel recepire alcune direttive della Unione Europea, e quindi era indispensabile cominciare a inserire qualche riferimento a questa nuova metodologia di progettazione e costruzione degli immobili. Nacque così lo storico comma h) dell’art.23, in cui per la prima volta il BIM entrò nella normativa italiana, con l’ormai celebre perifrasi metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture.

Proprio pochi giorni dopo, il 27 aprile 2016, noi tenemmo la 4° edizione della nostra One Team BIM Conference, nella sede dell’ANCE a Milano, e in quella occasione annunciammo i primi BIM Manager certificati in Italia, grazie ad un accordo con ICMQ e al regolamento d’esame sviluppato appositamente per l’occasione. Eravamo tutti consapevoli di essere all’inizio di una epoca pionieristica: anche la UNI 11337 non era ancora uscita, e l’unico riferimento normativo erano le BS PAS 1192.

In seguito, queste premesse sono state confermate?

Riccardo Perego

Dipende dai punti di vista, a questo evento ne sono poi seguiti altri: la UNI11337, di cui sono uscite diverse parti nel 2017, il DM 560 di dicembre dello stesso anno, i primi capitolati speciali BIM delle principali stazioni appaltanti, la crescita costante delle gare BIM anno dopo anno. Il lavoro da fare è però ancora enorme, soprattutto se pensiamo alle decine di migliaia di stazioni appaltanti della P.A. in cui questi processi sono ancora quasi sconosciuti.

Da questo punto di vista, diciamo che forse è mancata un po’ la spinta necessaria per forzare l’attuazione di quanto il Codice e soprattutto il DM 560/2017 richiedevano.

Il BIM nel Nuovo Codice dei Contratti

Veniamo ora a questa nuova bozza (che, per i vincoli del PNRR, dovrà per forza essere approvata entro il 31 marzo): qual è la sua prima impressione?

Riccardo Perego

Diciamo innanzitutto che il BIM in questa versione ha guadagnato più spazio: l’art. 43 e poi tutto l’allegato I.9. Inoltre, l’art. 43 fa esplicito riferimento ad un regolamento di prossima uscita, specificamente dedicato all’argomento.

Venendo all’allegato I.9, la prima cosa che salta all’occhio è il recepimento di gran parte del DM 560/2017 e del successivo DM 312/2021, ma con qualche importante eccezione. In particolare, nel comma 2. si trova:
“Le stazioni appaltanti, prima di adottare i processi relativi alla gestione informativa digitale delle costruzioni per i singoli procedimenti, indipendentemente dalla fase progettuale e dal relativo valore delle opere, provvedono necessariamente a: a) definire ed attuare un piano di formazione specifica del personale …”

Questo dimostra che è stata scelta la versione originale e più rigida del DM560/2017, in cui viene imposto di formare il personale prima di iniziare a fare gare BIM, e non la successiva correzione più “morbida” portata dal DM312/2021, per il quale era invece sufficiente aver pianificato la formazione, senza necessariamente averla già completata.

Questa nuova versione secondo lei mostra una spinta più decisa verso la digitalizzazione?

Riccardo Perego

Direi di sì, a patto poi di riuscire a sostenerla nella pratica con opportuni decreti attuativi. Un altro passo fondamentale a questo riguardo è al comma 4., che inizia così: “4. Le stazioni appaltanti adottano un proprio ambiente di condivisione dati …”

Quindi il Codice chiede espressamente che ogni stazione appaltante si doti di un proprio ACDat (Ambiente di Condivisione Dati), mentre nelle precedenti formulazioni questa era solo una opzione, per quanto raccomandata. Notiamo inoltre che al comma precedente viene richiesto che la Stazione Appaltante abbia un CDE Manager e almeno un BIM Manager. In generale poi l’impressione è che si dia (giustamente) grande importanza alla gestione e conservazione digitale di dati e documenti. Questi sono sicuramente passi avanti verso la digitalizzazione.

Quindi il suo commento è sostanzialmente positivo?

Riccardo Perego

Il bicchiere è sempre mezzo pieno, ma possiamo anche guardare il mezzo vuoto: ad esempio, al comma 12 vengono ripresi i criteri premiali già citati dal precedente DM 312/2021, ma ripetendo anche la stessa formulazione estremamente sintetica e generica, che come già sperimentato non ne facilita l’implementazione pratica.

A questo proposito, vorrei chiudere la nostra chiacchierata con una considerazione di fondo, che nasce anche dall’esperienza di alcune centinaia di progetti di introduzione BIM portati avanti in questi anni in aziende sia pubbliche che private: la perfetta formulazione di una regola nel Codice è sicuramente importante, ma lo sono ancora di più le istruzioni e i supporti attuativi che a seguire dovranno favorirne la piena e corretta attuazione. E su questo piano, c’è ancora molto da fare.

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