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Il BIM all'Inverso

Come riuscire, tramite il BIM, a ricondurre l'eterogeneità dei punti di vista e degli interessi entro un quadro finalmente unitario in cui tutti gli attori comunichino univocamente, senza ambiguità?

La digitalizzazione impone al settore delle costruzioni un lento processo di acculturamento, mentale, organizzativo e strumentale, che passa chiaramente attraverso una azione maieutica: in altre parole, vi è una certa urgenza di esemplificare (ma anche di semplificare), di spiegare e di insegnare, al fine di rendere gli operatori più produttivi.
Tutto questo, ovviamente, accade all'insegna di una normalizzazione dei linguaggi e delle procedure che è antico lascito, in termini di ambizioni, di epoche che furono, ma che è stato costantemente disatteso.
Di conseguenza, la omogeneità terminologica e tassonomica appare indispensabile per assicurare le condizioni, a lungo inutilmente anelate, di trasparenza, di tracciabilità e di riproducibilità. A essa si accompagna spesso l'icona di una piattaforma informativa che metta prometeicamente a disposizione di qualsiasi operatore la quasi totalità dei dati e delle informazioni necessarie.
Detto con altre locuzioni, si tratta di uno sforzo apollineo di riconduzione della eterogeneità dei punti di vista e degli interessi entro un quadro finalmente unitario in cui tutti gli attori comunichino univocamente, senza ambiguità e senza opacità.
Per riprendere ulteriormente riferimenti umanistici, una atmosfera vagamente dechirichiana sembra permeare questa visione digitale che prevede una perfetta simmetria nella produzione dei dati e nello scambio di informazioni.
Nulla di ciò appare davvero sorprendente, in quanto la natura costitutiva del BIM è intrisa di coerenza e di esaustività: oggetti che non confliggono tra loro, tendenzialmente tridimensionali, dotati di una propria intelligenza relazionale, caratterizzati da dati alfanumerici puntuali.
A prima vista, la posta da pagare per ottenere un gioco a somma positiva, per efficientare l'intero sistema è chiara: la componente dionisiaca, in seguito, interverrà a turbare questo stato delle cose, poiché la realtà, sempre più complessa della simulazione, sconvolge sempre i piani pre--ordinati e dato che la totalità è meno efficace di un approccio selettivo.
Per questa ragione si è insistito più volte sul potenziale trasformativo della digitalizzazione nei confronti della pancia profonda del mercato e della capacità oppositiva dello stesso.
Vi è, però, un aspetto ulteriore, poco indagato in quanto considerato futuribile: il che, nelle categorie del comparto, equivale a essere remoto.
Si tratta del fatto che, una volta che gli operatori abbiano, giocoforza, accettato di muoversi nell'ecosistema digitale, a essi si chiederà di agire sempre secondo regole formalizzate sia per meglio comprenderne gli atteggiamenti e i fatti sia, soprattutto, perché si sta entrando in un ambito inedito, che si articola lungo gli assi portanti della sostituzione delle attività ripetitive (di cui una parte si ascrive alle prestazioni intellettuali minori: ad esempio, quelle legate alla espletazione delle procedure amministrative, ma pure alla creatività progettuale mediocre) e dell'intelligenza artificiale (che, tesaurizzando esperienze e soluzioni digitalmente-computazionalmente accumulabili ed elaborabili, può contribuire a semi-automatizzare veri e propri processi decisionali).
Un caso emblematico di questa condizione, embrionale sin che si vuole, ma effettiva, è offerto dalle BIM Library pubbliche che, in origine, tendevano a offrire al vasto pubblico degli attori del mercato gli oggetti, mettendoli loro a disposizione nella configurazione ritenuta migliore, ancorché non sempre ancora normalizzata, in attesa di discipline nazionali, sovranazionali e internazionali.
Si trattava di una offerta che dal versante della produzione giungeva alla vasta platea dei professionisti e degli imprenditori allo scopo primario di rendere maggiormente visibile e attrattivo il proprio assortimento merceologico e a quello derivato di trarre analitiche dalla localizzazione di coloro che scaricavano il repertorio dalle piattaforme.
Naturale evoluzione è stata quella di migliorare, ad esempio, attraverso la realtà virtuale la fruizione dei prodotti in esposizione e le diverse opzioni disponibili, oltre che di creare un nesso diretto coi marketplace elettronici.
Se, tuttavia, tutto ciò era unidirezionalmente rivolto all'uso tradizionale, si dona ora la possibilità inversa: vale a dire, poter ricevere in contraccambio dagli utenti gli stessi oggetti (o persino l'intero modello informativo in cui sono essi stati collocati) così come singolarmente elaborati.
E', infatti, questa la procedura analoga a quella che potrebbe seguire una grande organizzazione al fine di capitalizzare la propria base di conoscenza per introdurre elementi di un sistema esperto che automatizzi i passaggi routinari, riducendo il fabbisogno di personale e incrementando le capacità combinatorie tra oggetti.
Queste organizzazioni, d'altronde, già posseggono BIM Library private mirate e personalizzano gli strumenti della modellazione informativa cui fanno ricorso.
La vera competizione, in tema di gestione della conoscenza, potrebbe, dunque, vedere, nell'ambito del machine learning, del deep learning e dell'artificial intelligence, protagonisti le maggiori società e le piattaforme che possano avvalersi di big data validati nel corso delle pratiche operative.

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