Sismica
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I terremoti ed i maremoti della Calabria Meridionale del 5-7 febbraio 1783

Il “Terremoto della Calabria Meridionale”, iniziato il 5 febbraio 1783, ed i due devastanti maremoti del 5 e del 6 febbraio furono la peggior catastrofe naturale ad aver colpito l’Italia Meridionale nel XVIII secolo: le vittime furono da circa 30.600 a 50.000 ed ingenti furono i danni, sia nella Calabria Meridionale che a Messina e nel messinese. Notevolissimi furono anche gli sconvolgimenti dal punto di vista geomorfologico, in particolare con la formazione di numerosi cosiddetti “quake lakes”.

La prima scossa del 5 febbraio durò addirittura due minuti ed ebbe una magnitudo di 7.1

In questo mese, gli anniversari di violenti terremoti italiani non si fermano a quello del 2 febbraio, che ha riguardato il “Grande Terremoto” della Candelora, a L’Aquila, del 1703 : infatti, è stato solo di pochi giorni dopo l’anniversario dell’inizio della crisi sismica che devastò la Calabria Meridionale nel 1783.

Si tratta del cosiddetto “Terremoto della Calabria Meridionale del 1783” (denominato anche “Terremoto di Reggio e Messina del 1783”), che ha costituito la peggior catastrofe naturale ad aver colpito l’Italia Meridionale nel XVIII secolo. Tale terremoto interessò sia l’area dello Stretto di Messina che la Calabria Meridionale e fu caratterizzato da numerose scosse, 5 delle quali assai violente.

La prima di queste, durata ben 2 minuti, si verificò il 5 febbraio, con epicentro a Polistena, oggi comune della città metropolitana di Reggio Calabria. Essa fu di magnitudo stimata Mw = 7,1 e di intensità della scala Mercalli stimata Is = XI: fu, dunque, uno dei terremoti noti più violenti che risultano aver colpito l’Italia.
Il 6 febbraio, poi, vi fu una seconda scossa
, pure alquanto forte (Mw = 5,9), con epicentro a nord di Messina. Inclusa quest’ultima, le scosse che si verificarono tra il 5 ed il 7 febbraio furono ben 949.

I maremoti del 5 e del 6 febbraio 1783

Le scosse sismiche del 5 e del 6 febbraio innescarono anche due maremoti distruttivi (Fig. 1). Quello del 5 febbraio generò onde che colpirono le coste siciliane tra Messina e Torre Faro e quelle calabresi tra Scilla e Cenidio (Reggio Calabria). Prima le onde si ritirarono, poi investirono le coste tre volte, nell’arco di 10÷15 minuti.
Secondo le fonti storiche, questo primo maremoto causò vaste inondazioni da Capo Vaticano (Vibo Valentia) a nord a Catona (Reggio Calabria) a sud. A Messina, ad esempio, il maremoto distrusse sia il Teatro Marittimo che le banchine del porto.

Il maremoto del 6 febbraio, invece, fu provocato da un’enorme frana (di 500 m di fronte ed alcuni milioni di metri cubi di volume), innescata dal sisma (avvenuto durante la notte), che, distaccatasi dal Monte Pacì, era precipitata in mare. Onde alte 8-10 m investirono le coste attorno allo Stretto di Messina. Si stima che, nella sola Scilla, le vittime di questo maremoto siano state circa 1.500: la popolazione, infatti, impaurita dalle precedenti continue scosse sismiche, si era rifugiata nelle spiagge (in particolare, in quella di Marina Grande) e fu colta totalmente di sorpresa dal maremoto.

Un’antica incisione che illustra l’area interessata dai maremoti del 5 e del 6 febbraio 1783.

Le successive scosse sismiche, le vittime e gli enormi danni

Però, lo sciame sismico era tutt’altro che terminato: il 7 febbraio, infatti, vi fu la terza scossa violenta (Mw = 6,7), con epicentro nell’attuale comune di Soriano Calabro, in provincia di Vibo Valentia, alla quale seguirono eventi con epicentri che via via si spostarono, in Calabria, verso nord, lungo la dorsale appenninica. I più forti di questi ultimi eventi furono quello che si verificò il 1º marzo (Mw = 5,9), con epicentro nei pressi di Polia (nuovamente nella provincia di Vibo Valentia) e, soprattutto, quello che ebbe luogo il 28 marzo (Mw = 7,0), con epicentro tra i comuni di Borgia e Girifalco (Catanzaro).

Un’antica incisione che ricorda i crolli provocati dai terremoti iniziati il 5 febbraio 1783.
Un’antica incisione che ricorda i crolli provocati dai terremoti iniziati il 5 febbraio 1783.

I danni causati dagli eventi sismici e dai due maremoti suddetti furono enormi, in Calabria dall’istmo di Catanzaro allo Stretto e, in Sicilia, nel Messinese (Figg. 2-4): oltre 180 centri abitati furono totalmente (o quasi) distrutti; sia Reggio Calabria che Messina furono rase al suolo (a Messina, ove, il 5 febbraio, il terremoto aveva anche causato uno spaventoso incendio, al quale sopravvisse solo la Cittadella). Gravi danni subirono anche altri centri urbani importanti, come, in particolare, Palmi (che fu pure rasa al suolo), Scilla e Terranova (dove il tasso di mortalità raggiunse il 70%), Polistena (dove perirono 2.261 persone su 4.600 abitanti), Monteleone e Catanzaro.

In totale, secondo le stime ufficiali, i terremoti e i maremoti iniziati il 5 febbraio 1783 causarono almeno 30.000 vittime (su 440.000 abitanti) nella Calabria Meridionale e circa 630 nel Messinese (ma si stima che i morti potrebbero esser stati molti di più, fino a 50.000).

La formazione dei “quake lakes”

Lo sciame sismico summenzionato causò anche estesi sconvolgimenti anche dal punto di vista geomorfologico: ad esempio, abbassamenti e spaccature di montagne, modifiche del corso di fiumi e torrenti, nonché formazione di paludi e pure di nuovi laghi (questi, internazionalmente denominati “quake lakes”, cioè “laghi creati da terremoti”, furono ben 215).

Un’antica incisione che mostra alcuni dei “quake lakes”, ai quali diedero luogo, in Calabria, i terremoti iniziati il 5 febbraio 1783.

In futuro, catastrofi come quella descritta saranno evitabili, purché lo si voglia ora
Ben sappiamo che, nel 1783, le costruzioni non erano in grado di resistere a violenti terremoti, perché non erano ancora disponibili adeguate tecnologie antisismiche (come, ad esempio, l’isolamento sismico e la dissipazione di energia) in grado di proteggerle.

Ora, però, non ci sono scuse: da decenni disponiamo di tali tecnologie e pure le utilizziamo, anche in Italia. Occorre solo applicarle davvero, estesamente, attivando, finalmente, corrette politiche di prevenzione sismica, come ha già tante volte scritto e come, d’altronde, è richiesto dagli attuali 874 firmatari della petizione “Che si inizino finalmente ad attuare serie politiche di prevenzione dai rischi naturali!”, da me lanciata il 29 novembre 2020 su change.org ed indirizzata al Governo italiano, ai Governatori Regionali ed ai Segretari dei partiti politici.

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