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I social media non incidono sulla diversità di opinioni: uno studio lo dimostra

Gli esperimenti su Facebook e Instagram hanno rivelato risultati sorprendenti: le modifiche agli algoritmi per ridurre l'effetto delle "camere dell'eco" non hanno avuto un impatto significativo sulle opinioni politiche degli utenti. Le attitudini politiche sono rimaste stabili nonostante gli sforzi. Questi risultati indicano la potente influenza degli algoritmi sui social media ma sollevano dubbi sulla loro efficacia nel modificare il comportamento politico. La collaborazione tra le piattaforme social e i ricercatori è necessaria per approfondire la comprensione di questo fenomeno complesso.

Ricerche recenti hanno rivelato che apportare modifiche alle selezioni dei contenuti su Facebook e Instagram, nella speranza di ridurre l'effetto del cosiddetto "echo-chamber effect", non sembra influenzare in modo significativo le opinioni politiche, le conoscenze o i comportamenti degli utenti.

Questi importanti, e sorprendenti, risultati emergono dal lavoro di numerosi studiosi che hanno avuto un accesso senza precedenti a un vasto archivio di dati degli utenti provenienti da Facebook e Instagram, entrambe piattaforme facenti parte di Meta (ex Facebook), con sede a Menlo Park, California.

Con la collaborazione dell'azienda, i ricercatori hanno condotto diversi esperimenti che hanno alterato il modo in cui decine di migliaia di persone hanno ricevuto e condiviso notizie politiche e altre informazioni. I primi risultati sono stati pubblicati su quattro articoli scientifici su Science e Nature.

Le ricerche mettono in evidenza l'influenza potente degli algoritmi dei social media, che selezionano i contenuti per promuovere l'interazione online. Tuttavia, gli autori hanno scoperto che l'attuazione sperimentale di popolari proposte per modificare tali algoritmi "non ha cambiato le attitudini politiche", come sottolineato da Talia Stroud, direttrice del Center for Media Engagement presso l'Università del Texas a Austin e una delle principali investigatori del progetto.

Che cosa sono le camere dell'eco

Le "echo-chamber" (camere dell'eco) sono concetti usati per descrivere un fenomeno comune sui social media e in altre piattaforme online. Si riferiscono a situazioni in cui gli utenti sono esposti principalmente a contenuti e opinioni simili alle proprie, creando una sorta di eco delle proprie convinzioni senza avere un'ampia esposizione a prospettive diverse. In altre parole, le echo-chamber isolano gli utenti in ambienti virtuali dove le loro idee e credenze vengono costantemente confermate e rafforzate, senza confrontarsi con punti di vista contrastanti. Questo fenomeno può contribuire alla polarizzazione delle opinioni e alla diffusione di disinformazione.

Gli studiosi sottolineano che i risultati non scagionano i social media, poiché molteplici fattori potrebbero aver compromesso le soluzioni volte a ridurre la polarizzazione. Ad esempio, gli esperimenti sono stati condotti verso la fine delle elezioni politiche statunitensi del 2020, periodo in cui le posizioni dei partiti potrebbero essere state saldamente ancorate.

Il concetto delle "camere dell'eco" online è stato a lungo oggetto di teorie e preoccupazioni riguardanti le piattaforme Meta, secondo le quali gli algoritmi di distribuzione dei contenuti contribuirebbero alla polarizzazione politica dando priorità a informazioni provenienti da persone e gruppi con opinioni simili. Il timore è che questo sistema rafforzi le camere dell'eco online, incoraggiando la diffusione di informazioni partigiane e false.

Un gruppo di ricercatori ha analizzato le abitudini di accesso ai dati di circa 208 milioni di utenti di Facebook negli Stati Uniti, scoprendo enormi differenze nelle informazioni condivise e consumate da utenti di sinistra e di destra.

Un altro studio ha coinvolto 23.391 utenti di Facebook e 21.373 utenti di Instagram, divisi in due gruppi: uno ha ricevuto contenuti curati dagli algoritmi abituali di Meta e l'altro ha ricevuto notizie e informazioni in ordine cronologico, con l'obiettivo di ampliare la gamma di contenuti visualizzati.

I partecipanti che hanno ricevuto i contenuti in ordine cronologico hanno trascorso meno tempo sulle piattaforme social di Meta e sono stati esposti a una gamma di contenuti più varia, anche se non necessariamente più affidabile.

Tuttavia, i sondaggi condotti su entrambi i gruppi non hanno rivelato differenze significative nel grado di polarizzazione politica tra i partecipanti, né nella loro attività politica, come la firma di petizioni.

Altri due interventi, pubblicati su Science e Nature, hanno mostrato effetti minimi: uno ha limitato i contenuti "reshared" (condivisi da utenti al di fuori della rete ma repostati da un collegamento o un gruppo a cui l'utente appartiene) e l'altro ha limitato i contenuti provenienti da utenti e gruppi "affini".

Secondo Joshua Tucker, co-direttore del Center for Social Media and Politics presso la New York University e uno dei principali investigatori del progetto, la lezione è chiara: alcune soluzioni proposte per ridurre le camere dell'eco online e migliorare il dibattito sociale probabilmente non avrebbero avuto un grande impatto durante le elezioni del 2020. Tuttavia, Tucker riconosce che ci sono limiti alle inferenze che possono essere tratte dalla ricerca.

Gli autori sostengono che tutti i dati raccolti saranno disponibili per i ricercatori. Tuttavia, alcuni accademici mettono in discussione il modello, in parte perché dipende interamente dalla volontà di Meta di partecipare.

E’ il dubbio che viene anche a chi scrive: quale interesse avrebbe Meta a fornire dati e informazioni a un gruppo di ricercatori che intende verificare la possibilità di modificare l’opinione pubblica attraverso degli algoritmi? probabilmente nessuna, anche perchè si ritroverebbe gli uffici federali alle porte dei server con i sigilli in mano.

Nonostante questo, secondo quanto riportato nell’articolo che ho trovato su Nature, il progetto rappresenta un importante passo avanti, ma gli scienziati hanno avuto solo una visione parziale dell'universo di Meta, come sottolineato da Michael Wagner, uno scienziato politico presso l'Università del Wisconsin-Madison che ha servito come relatore indipendente per il progetto. Wagner osserva che molti dati individuali erano inaccessibili e che anche i dati a cui gli scienziati hanno avuto accesso erano preconfezionati da Meta. Ciò di cui c'è bisogno, sostiene, è un sistema che permetta l'accesso ai dati grezzi e offra incentivi ai ricercatori di Meta per collaborare.

Tucker spera che il progetto possa ispirare ulteriori ricerche, ma avverte che la decisione spetta ancora a Meta e ad altre piattaforme di social media. "Ci auguriamo vivamente che la società, attraverso i suoi decisori politici, agisca per assicurarsi che questo tipo di ricerca continui in futuro", afferma Tucker.

Rispondendo alle richieste di regolamentazioni che prevedano l'accesso ai dati, Meta ha dichiarato a Nature che l'azienda è impegnata a "ulteriori trasparenze", ma gli obblighi di privacy verso i propri utenti impediscono all'azienda di rendere i dati grezzi disponibili per i ricercatori esterni.

Meta ha dichiarato di sperare che i risultati della ricerca possano "aiutare i decisori politici nella definizione delle regole per Internet - a beneficio della nostra democrazia e della società nel suo complesso".

E questa è la conferma di quanto ho evidenziato in precedenza: ma queste ricerche sono davvero rappresentative della realtà, o nascono con l’intento delle Major di dimostrare che tutto sommato i loro strumenti di socializzazione infondo creano solo delle relazioni “pizzi e fichi” pure e libere da ogni condizionamento??? mi piacerebbe per esempio sapere chi ha finanziato queste ricerche, perchè già questo potrebbe essere un indicatore di indipendenza.

La sensazione che lo scontro tra potere dell’intelligenza artificiale e di chi intende gestirla, con chi teme la dittatura del calcolo sia appena iniziata.

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