I Rischi connessi all’uso dell’intelligenza artificiale nel settore dell’Ambiente Costruito
L’intelligenza artificiale sta trasformando l’ambiente costruito, ma i rischi di un’adozione superficiale sono reali. Angelo Luigi Camillo Ciribini analizza le sfide della gestione informativa digitale e l’uso di modelli linguistici avanzati. L’innovazione, se non guidata correttamente, potrebbe non tradursi in una reale trasformazione. Scopri di più sull’articolo completo.
Le questioni che l'articolo affronta
1. Quali sono i principali rischi di un’adozione formale e superficiale dell’innovazione digitale nel settore dell’ambiente costruito?
2. In che modo i Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni influenzano la gestione delle normative e dei dati nel settore edilizio?
3. Quali sono gli ostacoli culturali e organizzativi che frenano l’adozione efficace delle tecnologie digitali nel settore?
Il 1° gennaio 2025, sia pure con un numero notevole di eccezioni, decreta una significativa estensione della diffusione della Gestione Informativa Digitale per il tramite del Codice dei Contratti Pubblici.
Si tratta di una dilatazione che non è solo di natura quantitativa, poiché riguarda qualitativamente, ad esempio, anche la direzione dei lavori e il collaudo tecnico-amministrativo, per cui mancano esperienze consolidate in materia.
È doveroso, tuttavia, supporre che, in molti casi, si registri una adozione prevalentemente formale della metodologia, specie per quanto riguarda i processi gestionali, e un utilizzo tendenzialmente analogico degli strumenti, così come si è già potuto constatare in questi anni.
In altre parole, sussiste il rischio concreto che l’innovazione digitale non si riveli un’autentica trasformazione e che la transizione si risolva nella neutralizzazione, in non pochi casi, del processo di cambiamento di paradigma.
Il che sarebbe dovuto a molteplici fattori, tra cui una incomprensione della natura del dato da parte di attori impregnati di una mentalità convenzionale.
Vi è, però, una eventualità ulteriore che potrebbe risultare assai più preoccupante: nella letteratura scientifica è ormai rinvenibile una proliferazione, del tutto significativa, di studi e di ricerche che utilizzano le soluzioni principali della cosiddetta Intelligenza Artificiale, mediate dai Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni.
Il disegno generale prevede, anzitutto, la possibilità di interpretare da parte della macchina il quadro regolamentare, di qualsiasi genere, redatto in linguaggio naturale, estraendovi contenuti da formalizzare in regole e in prescrizioni, operabili algoritmicamente.
Contestualmente, queste specifiche, così strutturate, diverrebbero requisiti da tradurre in contenuti nei modelli informativi e in altri contenitori informativi, in modo da connettere i dati ivi presenti e da poterli interrogare al fine di verificarne la conformità ai vincoli precedentemente dettati e di esercitare attività predittive, di grande utilità nella mitigazione dei rischi.
Parimenti, i Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni sperimentalmente sembrano già in grado, sia pure con limitazioni, di operare direttamente nei dispositivi di modellazione informativa, ma, soprattutto, nei flussi di lavoro dei processi, in sinergia col collegamento a fonti esterne, aggiornate in tempo reale.
Ovviamente, l’argomento è al centro dell’attenzione pure dei player che si occupano di produrre gli applicativi digitali comunemente adoperati dagli operatori.
Le modalità con cui tali Modelli Linguistici sono addestrati, la loro verticalizzazione, le serie di dati che sono utilizzati a tal fine, nonché la tematica relativa alla spiegabilità dei percorsi con cui essi giungano a certe conclusioni restano aspetti critici, su cui poco si riflette, a causa della fascinazione indiscriminata che questi strumenti esercitano e del racconto che su di essi si è edificato, corroborato dall’uso, ormai triviale, che se ne fa quotidianamente.
Tale fascinazione e non tiene, peraltro, conto che la razionalità sottesa all’impiego dei Modelli Linguistici Multimodali sia basata su una interazione e su una ibridazione tra l’uomo e la macchina largamente inesplorata nel settore, nonché su una scarsa comprensione della natura e del funzionamento di questi Modelli.
Tutt’al più, la popolarità di acronimi quali AI o LLM suggerisce agli operatori del comparto il valore da attribuire alla detenzione di serie di dati idonee, anche generate sinteticamente.
La prospettiva ultima potrebbe, peraltro, concernere la possibilità che il combinato disposto strumentale riscriva semi autonomamente il quadro ordinamentale per generare semi automaticamente i processi decisionali, tra cui quelli riguardanti le soluzioni progettuali: autopoieticamente?
Alcune strategie elaborate dal Governo Federale Tedesco per le infrastrutture stradali potrebbero, in effetti, forse preludere a quella direzione; si veda il Praxisdokument intitolato Regelweksanpassung an BIM del Bundesministerium für Digitales und Verkehr.
Questo quadro, a dispetto del dibattito sulla Intelligenza Artificiale Generale e sulla sua senzienza, potrebbe preludere a un inquietante riduzionismo, accompagnandosi a due accadimenti contemporanei: il desiderio di molti soggetti poco preparati e acculturati digitalmente di essere supportati dalla macchina senza apportare una azione di controllo esperta, in termini di supplenza (e di sostituzione), e il tentativo delle istituzioni comunitarie, a partire dalla Construction Products Regulation col Digital Product Passport, di avviare una normalizzazione dell’informazione tecnica in senso industriale per efficientare le transazioni.
È chiaro che tutti questi lodevoli intenti possano generare effetti indesiderati, poiché la maggior parte dei benefici che l’evoluzione inevitabile e incontrastabile della digitalizzazione, mediata da interazioni tra l’uomo e la macchina sempre più conversazionali, è condizionata dalla riserva di umanità, vale a dire, della capacità dell’operatore umano di esercitare un controllo sull’esito delle conclusioni suggerite.
Riporre una enfasi eccessiva sul ruolo ausiliare della macchina senza una adeguata preparazione dell’operatore, al netto dei pregiudizî e delle allucinazioni dei quali la prima potrebbe soffrire, potrebbe dequalificare il capitale umano, a cui resterebbe, in ogni modo, la responsabilità relativa ai risultati.
Anche se le implicazioni etiche inerenti all’Intelligenza Artificiale non sono paragonabili a quelle caratteristiche di altri settori economici, è chiaro, purtuttavia, che il modesto livello di attenzione sulle conseguenze dell’adozione affrettata e superficiale dei dispositivi possa condurre ad automazioni dei processi decisionali densi di incognite.
Se, a un livello superiore, attualmente ferve il dibattito relativo all’opportunità di regolare o meno l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale a livello legislativo, su un piano inferiore è evidente che, laddove oggi si rivolga lo sguardo alla volontà di incrementare il numero dei soggetti che abbiano un profilo professionale rivolto alla Gestione Informativa Digitale, sarebbe probabilmente ancor più rilevante e urgente iniziare una vera e propria iniziativa di acculturamento concettuale e tecnico dell’attore medio del settore relativamente ad alcuni contenuti fondanti dell’Ingegneria dell’Informazione, oltreché della propria competenza disciplinare.
Se è, invero, comprensibile l’entusiasmo dei neofiti per alcune funzionalità di una serie di strumenti riconducibili alla espressione generica di Intelligenza Artificiale, che permettono di migliorare e di velocizzare alcune attività sinora dispendiose e inefficienti, cionondimeno è assai più necessario che si inizi a chiarire quali possano essere i modi più appropriati per il ricorso a queste soluzioni, a quali condizioni esse possano essere utilizzate, con quali allocazioni di responsabilità ciò possa avvenire, secondo quali criteri i dispositivi e i dati siano governati dai fornitori delle tecnologie e dai gestori degli ecosistemi digitali.
Innestare la digitalizzazione in un settore immaturo in tale direzione, fornendo contemporaneamente a esso artifizi abilitanti al supporto (inerziale) potrebbe, in conclusione, dimostrarsi disastroso, o almeno controproducente, senza una strategia di indirizzo.
Si può, infatti, perire anche di digitalizzazione e, comunque, non si dovrebbe seguire solo una politica di rilancio continua dei temi, in attesa del prossimo: il Quantum Computing?
L'articolo in 100 parole
Il documento tratta i rischi connessi all’uso dell’Intelligenza Artificiale nel settore dell’ambiente costruito, focalizzandosi sulle sfide e opportunità derivanti dalla gestione informativa digitale. A partire dal gennaio 2025, il Codice dei Contratti Pubblici estende significativamente l’applicazione della metodologia digitale. Tuttavia, emerge il rischio che l’innovazione digitale venga adottata in modo prevalentemente formale, mancando una reale trasformazione dei processi. Inoltre, l’uso dei Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni per interpretare norme e regolamenti solleva questioni sull’efficacia e sull’affidabilità del processo. Questo rischio è acuito da una mentalità convenzionale che ostacola la comprensione della natura del dato e dell’intelligenza artificiale.AI - Intelligenza Artificiale
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