I riferimenti normativi sul tema degli impianti di climatizzazione estiva ed invernale
La progettazione di ogni impianto di climatizzazione è supportata da norme e direttive che regolano il lavoro del progettista e stimolano la ricerca di soluzioni impiantistiche e tecnologiche sempre più innovative. Molte delle prestazioni richieste ai nostri impianti, devono sottostare alla normativa che persegue più obbiettivi: sicurezza in cantiere, sicurezza per l’utilizzatore finale e ultimo, ma non per importanza, requisiti di prestazione energetica. Di seguito faremo il punto sulle principali norme di riferimento sul tema della climatizzazione (invernale ed estiva).
Impianti di climatizzazione
Spesso si sente parlare di sistemi HVAC, acronimo inglese che letteralmente si traduce come “Heating, Ventilation & Air Conditioning”: si tratta di impianti che, attraverso il coordinamento di sistemi diversificati, consentono il raggiungimento di un prefissato livello di confort termoigronometrico e di qualità dell’aria.
Come suggerisce il nome stesso, i sistemi HVAC provvedono al riscaldamento, al raffrescamento e al controllo della qualità dell’aria attraverso vari dispositivi. Il condizionamento consiste nella sola gestione della temperatura ed è realizzato con generatori di calore o gruppi frigo, pompe di calore reversibili o con l’ausilio di generatori alimentati da fonti rinnovabili. La climatizzazione, oltre al controllo della temperatura, si pone come scopo quello di modificare quei parametri che condizionano la nostra percezione di “benessere termico”, in primis l’umidità. Infine, con la ventilazione ci si pone l’obbiettivo di garantire prefissati livelli di qualità dell’aria. In questi casi, occorre garantire una buon ricambio dell’aria all’interno dei locali così da ridurre la concentrazione di inquinanti, sia frutto della presenza umana che conseguenti alle attività produttive svolte. Inoltre , per specifiche applicazioni in ambienti protetti, quali musei, laboratori o sale chirurgiche, si prevedono sistemi di filtraggio volti a limitare la presenza di pulviscolo, pollini o altri elementi inquinanti che potrebbero pregiudicare la qualità delle attività ivi svolte.
Sotto molteplici aspetti gli impianti HVAC hanno un effetto diretto sulla salute e sulla sicurezza negli ambienti, basti pensare all’importanza della qualità dell’aria nel contenere la diffusione della pandemia. Allo stesso modo i consumi energetici hanno un significativo impatto nello spazio in cui viviamo: limitare l’immissione di inquinanti o gas potenzialmente dannosi è oramai prioritario per preservare l’ambiente e salvaguardare la nostra salute.
In questa ottica sono molteplici le disposizioni normative elaborate in materia di dimensionamento degli impianti che, peraltro, incoraggiano i progettisti ad una continua ricerca di soluzioni che consentano di migliorare gli standard abitativi limitando i costi energetici, quindi l’impatto sull’ambiente.
Quadro di riferimento normativo
Quando si discute di normative occorre innanzitutto specificare cosa si intende per “norma”.
Con riferimento alla DIRETTIVA 98/34/CE del Parlamento Europeo, si definisce “norma: una specificazione tecnica approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per applicazione ripetuta o continua, la cui osservazione non sia obbligatoria, e che appartenga ad una delle seguenti categorie:
- norma internazionale;
- norma europea;
- norma nazionale”.
Occorre innanzitutto evidenziare che si tratta di “specifiche tecniche non obbligatorie”, quindi si potrebbe erroneamente pensare che non vi sia alcun vincolo nel rispettare tali prescrizioni. In realtà non è proprio così: come vedremo più avanti, le nome sono in molti casi assunte dalle autorità competenti come standard da rispettare per ottenere abilitazioni e permessi senza i quali non è possibile fruire pienamente di un bene, ovvero non è possibile accedere alla vasta gamma di incentivi previsti per l’installazione di nuovi impianti di climatizzazione.
Un’altra importante osservazione riguarda la classificazione delle norme che sono distinte in nazionali, europee e internazionali. Chiunque abbia avuto a che fare con la progettazione di impianti o anche solamente con le procedure burocratiche per l’accesso a incentivi, ha sentito parlare di norme UNI EN ISO, acronimo che identifica le norme in base al loro campo di applicazione.
Con la sigla UNI si intendono norme tecniche per settori industriali, commerciali e del terziario elaborate dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione, si tratta quindi di normativa nazionale prodotta da un’associazione di carattere privato che rappresenta il nostro paese anche al di fuori dei nostri confini.
Con la sigla EN si intendono norme tecniche elaborate dal CEN, acronimo di “Comitè Europèen de Normalisation” e quindi di prescrizioni concordate tra i vari istituti nazionali e applicabili nei paesi che hanno aderito all’organizzazione, sostanzialmente a livello europeo. Queste norme sono superiori a quelle nazionali che quindi non possono adottare normative non in linea con le direttive CEN.
Infine, con la sigla ISO si intendono norme tecniche elaborate dall’ “International Organization for Standardization”, che rappresentano norme concordate dai vari istituti nazionali a livello mondiale. Come per le norme EN, anche queste ultime sono prevalenti rispetto quelle nazionali quindi i paesi aderenti non possono adottare normative nazionali non in linea con le direttive ISO.
Le normative sul tema degli impianti di climatizzazione nascono per regolamentare il settore e fissare nuovi standard. Con il progresso tecnologico questi parametri sono costantemente evoluzione ed è la normativa stessa a spingere il mercato a soluzioni sempre più ecologiche ed economicamente sostenibili.
Le norme internazionali e, di conseguenza, nazionali fissano degli obbiettivi di performance per ogni settore stimolando così i produttori e gli utilizzatori finali ad adottare soluzioni che limitino la dipendenza dai combustibili fossili senza tralasciare i livelli di qualità sin qui raggiunti.
In tema di climatizzazione estiva ed invernale, le disposizioni di riferimento sono in costante evoluzione, in quanto l’efficienza energetica ha assunto un ruolo fondamentale nelle politiche di gestione delle risorse. Limitare l’impatto delle attività umane sull’ambiente ha spinto il legislatore ad adottare norme, direttive e regolamenti che aggiornano costantemente gli standard di qualità anticipando, o talvolta inseguendo, l’evoluzione tecnologica di impianti e di sistemi di monitoraggio. In tal senso, per ridurre i consumi di combustibili fossili, le istituzioni promuovono attraverso incentivi l’ottimizzazione degli impianti termici, migliorando l’efficienza degli apparecchi suggerendo metodi per la riduzione degli sprechi.
Nessuno, però, può da solo contribuire significativamente sull’ambiente ed è per questo che ogni paese si coordina con la comunità internazionale elaborando direttive per uniformare e coordinare gli sforzi di tutti gli Stati coinvolti, allo scopo di migliorare l’ambiente in cui viviamo.
Efficienza energetica: panorama italiano ed internazionale
L’Unione Europea è da anni impegnata a ridurre i consumi energetici con due strategie fondamentali e complementari: migliorare l’efficienza degli impianti e ridurre gli sprechi.
La climatizzazione nel settore delle costruzioni costituisce oltre il 40% del consumo di energia totale, quindi la riduzione della spesa energetica non può prescindere dall’intervento in questo ambito. La normativa, sia essa nazionale o europea, risulta vasta e variegata, qui di seguito si citano alcuni dei provvedimenti di maggior rilevanza lasciando agli addetti del settore i dovuti approfondimenti.
Alla base della maggior parte dei provvedimenti adottati a livello europeo e successivamente recepiti dal nostro paese vi sono importati accordi internazionali. Il più discusso è certamente il Protocollo di Kyoto del 1997 dopo il quale l’Unione Europea aveva imposto agli Stati firmatari misure vincolanti finalizzate alla riduzione delle emissioni di elementi inquinanti responsabili dell’effetto serra, il così detto “Pacchetto per il clima e l’energia 2020”. Tale pacchetto, rispetto ai livelli di emissione del 1990, prevedeva entro il 2020 di:
- tagliare del 20% le emissioni di gas serra;
- raggiungere il 20% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili;
- migliorare del 20% l’efficienza energetica.
Con gli Accordi di Parigi del 2015 sono stati definiti nuovi obbiettivi a decorrere dal 2020, sulla traccia lasciata dal Protocollo di Kyoto si è continuato a sostenere una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti responsabili dell’effetto serra, in particolare allo scopo di limitare l’aumento della temperatura mondiale al di sotto di 2°C e di promuovere la resilienza climatica per uno sviluppo a basse emissioni.
L’Unione Europea ad oggi si pone come obbiettivo quello della decarbonizzazione con il traguardo di ridurre del 40% le emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990, di raggiungere il 32% della quota di energia da fonti rinnovabili e di aumentare del 32% dell’efficienza energetica.
In prospettiva, per contrastare i cambiamenti climatici, il Green Deal europeo definisce l’impegno per tutti i paesi membri di fare dell'UE il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050, manifestando la propria volontà a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Sulla scia di quanto detto, in Europa il settore residenziale ha subito un forte cambiamento con l’introduzione della Direttiva 2002/91/CE, denominata “Energy Performance Building Directive” EPBD, rifusa ed integrata dalla Direttiva 2010/31/CE, il cui obbiettivo dichiarato è “il miglioramento della prestazione energetica degli edifici all’interno dell’Unione, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni relative al clima degli ambienti interni e all’efficacia sotto il profilo dei costi-benefici”.
Le disposizioni sin qui introdotte, recepite in Italia con D.lsg n.63 del 4 giugno 2013, hanno fornito nuove indicazioni su come valutare e uniformare a livello europeo la prestazione energetica di un edificio introducendo il concetto di nZEB, Nearly Zero Energy Building, acronimo utilizzato per intendere un edificio il cui consumo energetico è quasi pari a zero e che in ogni caso deve essere coperto in misura significativa da fonti rinnovabili. La direttiva ha introdotto nuovi indicatori di prestazione e la possibilità di ridurre i costi di gestione degli impianti HVAC in presenza di un sistema di monitoraggio.
Infine, con l’introduzione della Direttiva europea 2018/844 è stato fissato l’ambizioso impegno di ridurre ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto al 1990, di aumentare la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili e di realizzare un risparmio energetico, impegnandosi nel frattempo a migliorare la sicurezza energetica, la competitività e la sostenibilità dell’Europa.
In Italia le prime leggi in tema di efficienza energetica associate agli impianti di climatizzazione risalgono agli anni 80-90’. Le stesse sono state adottate principalmente allo scopo di ridurre il consumo da fonti fossili e di incentivare lo sviluppo di fonti rinnovabili. Inizialmente l’obbiettivo del legislatore era quello di ridurre la dipendenza nel nostro paese dalle forniture estere, criticità evidenziata dalla crisi energetica del 1973.
La disposizione normativa che più di ogni altra ha avuto un forte impatto sulla progettazione e sul dimensionamento degli impianti di climatizzazione è la Legge 10 del 9 gennaio 1991 recante "Norme in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia". Questa legge, pur avendo subito negli anni molteplici modifiche ed integrazioni, costituisce ancora oggi la disciplina di riferimento per la definizione delle prestazioni minime richieste agli edifici.
Nel 2005 il D.lgs. 192/2005 recepisce la direttiva europea EPBD 2002/91/CE introducendo così, all’interno del quadro normativo nazionale, le prescrizioni previste a livello europeo in tema di prestazione energetica minima degli edifici, sull’integrazione di fonti rinnovabili nella produzione di energia e sul problema della diversificazione energetica, oltre alla regolamentazione della manutenzione periodica degli impianti HVAC. Detti principi sono stati successivamente ripresi e aggiornati dal Decreto Legislativo n.63 del 4 giugno 2013 che ha recepito la Direttiva 2010/31/UE.
Un ulteriore passo verso il miglioramento dell’efficienza energetica nella climatizzazione degli edifici si è ottenuto con il recepimento, attraverso il Decreto Legge n.115 del 2008, della direttiva europea 2006/32/CE, la quale ha definito nuovi standard di efficienza degli usi finali dell'energia e dei servizi energetici, introducendo un quadro di misure mirate a limitare la problematica relativa all’approvvigionamento delle risorse e limitando l’inquinamento atmosferico. Nel decreto sono individuate le metodologie di calcolo per la certificazione energetica, prescrivendo l’obbligo di riferirsi alla specifica tecnica.
In merito alla climatizzazione estiva e all’efficienza energetica dei sistemi di generazione, il DPR. 2 Aprile 2009, n.59, estendendo alcune precisazioni già espresse all’interno del D.lgs n.192 del 2005, stabilisce l’obbligo di adottare le specifiche tecniche nazionali definite nella UNI TS 11300, definendo le condizioni cui devono sottostare i parametri che indicano la prestazione energetica in regime invernale ed estivo.
A partire dal 01 ottobre 2015 sono entrati in vigore tre nuovi decreti attuativi emanati con D.M. 26/06/2015. Nei decreti sono stati fissati i nuovi requisiti minimi per le verifiche di legge, le linee guida nazionali per la certificazione energetica e sono stati introdotti dei modelli di relazione tecnica al fine di valutare le prestazioni energetiche degli edifici.
[...] L'ARTICOLO CONTINUA
Nel proseguo ci si concentrerà sulle norme UNI che riguardano la prestazione energetica degli edifici, il calcolo energetico in regime dinamico, la normativa a tutela dell'ambiente e verranno tratte le conclusioni sull'argomento.
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