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I profili professionali nella gestione informativa digitale e la predisposizione digitale

L’evoluzione della digitalizzazione nel settore delle costruzioni appare incerta e disomogenea, con una penetrazione limitata delle tecnologie come la realtà aumentata e una crescente attenzione alla qualificazione professionale e normativa nel BIM. La sfida principale consiste nell’integrare una cultura digitale adeguata e nell’adottare un approccio orientato ai dati.

Professioni del futuro: il cantiere si trasforma, ma siamo pronti alla cultura digitale?

È molto difficile immaginare, anche per il settore dell’ambiente costruito, quali possano essere le evoluzioni future nell’ambito della digitalizzazione. Si pensi, ad esempio, alla limitata diffusione delle soluzioni tecnologiche relative alla realtà aumentata che, secondo la pubblicistica, avrebbe dovuto già ora connotare i cantieri edili e infrastrutturali. A dar retta a essa, dovremmo, in effetti, trovare ovunque lavoratori dotati di occhiali digitali, di giubbetti e di orologi sensorizzati, e così proseguendo.

Al contempo, a partire dal settore dell’ottica, in argomento, le tecnologie indossabili, supportabili dall’intelligenza artificiale, promettono una diffusione capillare nel vissuto quotidiano e, di conseguenza, anche nel cantiere.
In definitiva, l’innovazione tecnologica più efficace è quella che interessa il vissuto quotidiano e crea nuove esigenze, oltre a soddisfare quelle esistenti, ma tutto ciò potrebbe verificarsi altrove, per poi trasferirsi in altri ambiti.

Di tutte le applicazioni digitali quella più nota e relativamente più diffusa resta, tuttavia, quella legata alla modellazione informativa, l’unica sottoposta attualmente a forme di cogenza legislativa.

Sul tema, in virtù di obblighi legislativi introdotti dal Codice dei Contratti Pubblici, sia pure attenuati in quanto a numero dei casi destinatari, si prospetta, o almeno si propone, una crescita esponenziale degli individui e forse delle organizzazioni certificati o certificabili in conformità alla normativa nazionale volontaria relativa alla modellazione informativa, con riferimento alla legislazione sulle professioni non regolamentate (L. 4/2013).

Al netto del fatto che, tra alcuni mesi, i riferimenti normativi nazionali saranno aggiornati, viene da chiedersi se davvero l’incremento dei soggetti certificati a opera di organismi di certificazione accreditati da ACCREDIA o in altro modo, invocato dagli attori per giustificare, allo stato attuale, una sorta di impossibilità a procedere, sia davvero l’unica chiave interpretativa per agevolare la maturità digitale, ovvero per spiegarne l’assenza.

Con questa affermazione, oltre a ribadire, a scanso di equivoci, la centralità della qualificazione dei profili professionali, si intende, invero, riconoscere ulteriormente il ruolo essenziale nel mercato rivestito dalla certificazione di terza parte in termini di garanzia, ma, contemporaneamente, si vuole ricordare che ciò non deve divenire alibi per una mancata o parziale comprensione della trasformazione digitale nella sua interezza.

Oltre a tutto, il Codice dei Contratti Pubblici non prevede necessariamente o esplicitamente la certificazione dei profili professionali richiesti, bensì contempla criteri di dimostrazione del possesso dei requisiti.

Occorre, comunque, avere presente che il valore e la reputazione del mercato della certificazione resta basato sulle sue capacità selettive, in qualità di agente di garanzia, tanto più che la crescente richiesta potrebbe essere motivata, anzitutto, da un intento deresponsabilizzante: ad esempio, da parte dei dirigenti apicali delle amministrazioni pubbliche. Non si dimentichi che la legge prevede che i soggetti qualificati per la modellazione informativa, interni o esterni a essa, debbano essere espressamente designati e nominati da parte della stazione appaltante (ovvero dell’ente concedente).

Prima di tutto, per l’unica delle quattro (a oggi) figure normate non menzionata esplicitamente dal Codice dei Contratti Pubblici, il BIM Specialist, che rappresenterebbe lo zoccolo duro dell’operatività in termini di produzione dei modelli informativi, si sta creando spontaneamente una iniziativa anche a livello della formazione istituzionale, a iniziare dalle ITS Academy, ancor prima che non dagli atenei universitari, nei differenti ordini di corsi di laurea, di master e di dottorato.

A proposito di questa figura è, però, lecito chiedersi in che misura gli operatori abbiano piena consapevolezza delle conseguenze che la gestione del dato comporti in prospettiva, ben oltre una sorta di miglioramento della gestione del documento, benché lo specialista non sia un semplice modellatore, bensì una persona dotata della professionalità specifica abilitata digitalmente. Il punto, tuttavia, sta proprio nella capacità di comprendere il senso ultimo delle azioni che si compiono attraverso gli strumenti in termini di produzione e di elaborazione di dati. Questo tema illustra bene, peraltro, il nesso che sussiste tra formazione, addestramento e qualificazione.

D’altronde, nella prospettiva di interazione dei modelli linguistici di grandi dimensioni con gli applicativi di produzione dei modelli informativi, una parte di questi specialisti potrebbe essere resa meno necessaria, perché sostituita, se non dalla macchina, da esseri umani in grado di colloquiare con essa senza possedere, detto provocatoriamente, competenze specifiche sulla modellazione informativa.

Paradossalmente, una simile eventualità permetterebbe a una persona esperta nella disciplina ma non nei suoi risvolti digitali, di operare con maggiore efficienza ed efficacia.

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CDE Manager destinato a divenire un Data Scientist

All’opposto, il profilo del CDE Manager, per forza di cose il meno richiesto quantitativamente, ma il più strategico qualitativamente, è condizionato da una imminente profonda trasformazione della nozione di ambiente di condivisione dei dati che, peraltro, prelude anch’essa alla semi-automazione dei processi digitalizzati. Ancora una volta, per quanto la riserva di umanità nella decisione algoritmica debba restare per forza, il paradigma della sostituzione/alleviamento ritorna sia sui prodotti sia sui processi. In ogni modo, il CDE Manager è destinato a divenire un Data Scientist a tutti gli effetti, estendendosi la propria professionalità pure al contesto geo-spaziale.

La relazione che intercorre tra modellazione informativa e gestione delle informazioni geo-spaziali potrebbe, infatti, condurre a nuove e indispensabili profilazioni, non solo per il settore infrastrutturale.

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