I periti industriali fanno parte degli Ordini dei triennali: occorre più chiarezza
La categoria dei periti industriali deve essere annoverata tra quelle che fanno parte degli ordini dei laureati triennali. In tutte le sedi e a tutti i livelli.
Periti industriali tra gli Ordini dei triennali
Esposito, Consigliere segretario Cnpi: “la Pa consideri che la legge 89 del 2016 ha collocato definitivamente la nostra categoria tra quelle dei tecnici laureati”
La categoria dei periti industriali deve essere annoverata tra quelle che fanno parte degli ordini dei laureati triennali. In tutte le sedi e a tutti i livelli.
L’appello verso una maggiore chiarezza arriva con forza da Giovanni Esposito, consigliere segretario del Cnpi, alla luce delle continue segnalazioni da parte degli ordini territoriali relative all’esclusione della categoria dei periti industriali - spesso a causa del titolo formativo - dall’affidamento di incarichi di progettazione, direzione lavori e verifiche di opere pubbliche.
“Il punto”, dichiara Esposito, “è che ci si dimentica ancora che la legge 89 del 2016, mentre ha reso obbligatoria la laurea quale titolo di accesso all’albo, ha fissato parallelamente un nuovo punto di partenza per la categoria, collocandola di diritto nell’alveo degli ordini dei laureati triennali”. Questo passaggio è avvenuto sin dall’entrata in vigore della stessa legge e non, come erroneamente si pensa, dal 2021, data a partire dalla quale i nostri albi non potranno più accogliere i diplomati tecnici”.
D’altro canto, già il Dpr 328/2001 aveva innalzato il livello del titolo di accesso alla professione, elevandolo alla laurea triennale, seppur lasciando aperto l’accesso ai diplomati. La legge 89, quindi, non fa altro che sancire definitivamente il principio in vigore già dal 2001 dell’esercizio della professione intellettuale una volta in possesso del titolo accademico.
Le stazioni appaltanti, invece, continuano a non tenere in considerazione il disposto normativo, perpetuando l’esclusione dei periti industriali da molti bandi, nell’errato convincimento che non si tratti ancora di un ordine di laureati triennali, e utilizzando quindi prassi consolidate, sostenute da una datata giurisprudenza che ammette alle procedure concorsuali solo quelle professioni storicamente esercitate da soggetti in possesso di un titolo di laurea.
“Il problema”, ha ribadito il consigliere segretario del Cnpi “assume una duplice rilevanza: da un lato si escludono ingiustificatamente dei professionisti iscritti agli albi in ragione (errata) del loro titolo formativo, piuttosto che considerare quello professionale, dall’altro si arriva alla negazione di quei principi di legalità e trasparenza anche rispetto alla committenza che qualsiasi pubblica amministrazione dovrebbe, invece, osservare e difendere”.