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I fantomatici oneri e costi per la sicurezza

La complessa disciplina in materia di costi ed oneri aziendali per la sicurezza negli appalti e nei cantieri: un puzzle non facilmente componibile! Il contributo si sofferma sulle ombre normative, passando dall’esperienza della pandemia ed approdando a suggerimenti per la gestione di modificazioni straordinarie dei costi negli appalti.

Perché questo contributo? Considerazioni introduttive

Ci sono aspetti della sicurezza nei luoghi di lavoroche sembrano più ostici di altri e, pertanto, finiscono più facilmente per creare zone grigie, pericolose intercapedini che non garantiscono la ratio legis, e che rischiano persino di banalizzarne la logica sottesa agli occhi di chi deve applicarli.

Tra questi possiamo annoverare senz’altro i costi e gli oneri della sicurezza, talvolta addirittura confusi o mescolati tra di loro. Tant’è che, nella traduzione sul campo, non si pecca certamente di creatività bislacca per la loro individuazione e quantificazione. Ed in questo caso, il detto “mal comune, mezzo gaudio”, che sembra calzare proprio a pennello, non può costituire quantunque un alibi. Anzi, ne sollecita un intervento puntuale per assicurarne un’applicazione più corretta.

E quando le cose sono controverse, per chiarirle ed orientare, bisogna chiamare in causa la migliore competenza, voci autorevoli in grado di districarne la matassa. E così nasce l’idea di questo contributo, nel quale ho chiesto di salire in cattedra ad una cintura nera del diritto della salute e della sicurezza dei lavoratori: il prof. Luciano Angelini, che ci guiderà per inquadrare la questione dal punto di vista giuridico, con una serie di semplici indicazioni per evitare gli scogli e condurci in porto, ma l’occasione ne ha fatto nascere anche qualche riflessione ed utile suggerimento per la gestione di modificazioni straordinarie dei costi negli appalti (leggasi, PNRR).

Prima però di addentrarci nel tecnicismo giuridico che ci accompagnerà nel farne il punto normativo, ma anche per comprendere l’evoluzione della disciplina, tra appalti (pubblici e privati) e cantieri, mi appaiono doverose alcune brevi considerazioni, sicuramente utili ad introdurre le slogature che ostacolano l’aderenza alle logiche sottese della legge nella gestione puntuale di costi ed onori della sicurezza.

Due sembrano le principali storture sulle quali iniziare a ragionare per affrontare la questione. Ostacoli che, se si vuole, ritroviamo trasversalmente in tutti i concetti che parlano di sicurezza, che vanno senza dubbio superati per ragionare strategicamente sulla sicurezza reale, che risponde ai fabbisogni, basata sulla responsabilizzazione e sull’interiorizzazione delle norme, oltre che su qualche forma di sanzione.

Il primo ostacolo sul cammino applicativo sembra essere costituito dalle ombre sfuggenti calate dalle interpretazioni legislative non sempre concordanti, che ne hanno reso di fatto problematica l’applicazione. La cogenza normativa ha una funzione fondamentale imprescindibile, prescrittiva e sanzionatoria dell'illecito ma, la regolazione ed il controllo formale, in assenza di un’applicazione certa, ne rende comunque inefficiente il potere. Norme che sono un riferimento importante per stabilire e anche per promuovere, ma che senza un grimaldello interpretativo condiviso, finiscono dunque inesorabilmente per essere banalizzate a pezzo di carta da esibire. E così, fuori dai casi eclatanti, costi o oneri vengono spesso visti come inutili zavorre con cui convivere, persino con fastidio, che regala qualche sorriso di compatimento a chi li deve obbligatoriamente individuare.

Una bega per la quale ognuno ha finito per trovare un proprio stratagemma per risolvere l’enigma, senza però avere certezza che la strategia messa in campo sia effettivamente quella corretta. Questa anatomia di un rompicapo si tramuta spesso in cifre buttate lì a caso e, talvolta, nell’indicazione di misure originali, che costi o oneri non sono certamente. E poi tanto forse nessuno realmente ne controllerà la congruità, salvo in caso d'evento di reato, dove le cose potrebbero complicarsi ulteriormente.

Una cifra che invece, nel suo freddo rigore, pur non consegnando necessariamente una verità assoluta, nasconde nelle pieghe un'importante dietrologia che può e deve essere dispiegata, se si vuole garantire maggiore oggettività ed aderenza rispetto alla intenzione del legislatore.

E arriviamo così, quasi naturalmente, a quello che può essere definito il secondo ostacolo, che afferisce alla cd. dimensione culturale.

L’indicazione dei costi della sicurezza puntuale ed esaustiva richiesta va al di là infatti dei numeri, del mero obbligo formale fatto di singole voci da elencare, ma deve tradursi in un orientamento delle condotte valoriale, “onesto”, per favorire davvero sicurezza.

Senza la costruzione di una base culturale della prevenzione e della sicurezza condivisa, senza retorica, qualsiasi tentativo è inesorabilmente destinato al fallimento. La prescrizione normativa è la specificazione di un valore (ndr. in tal caso, della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), che deve imprescindibilmente orientare le condotte alla luce di questo valore.

Parlare delle distopie applicative dei costi ed onori della sicurezza diventa così un’opportunità per riflessioni più ampie, che toccano il modo di intendere la sicurezza. In tale ottica, costi ed onori non sono solo da intendersi in ottica ragionieristica, come cifra da far quadrare, ma sono lì soprattutto ad indicare che la sicurezza non può essere bypassata, che non si discute, che non può essere oggetto di ribasso.

Questo cambio di paradigma costituisce un passaggio culturale fondamentale per la sicurezza, che deve liberarsi dalle distorsioni dicotomiche formale-informale, mondo dell’ufficialità-mondo underground, e superare la finzione di conformità normativa e puntare sulla sostanza. Se questo non avviene, il risultato non potrà mai risolvere il problema. Ma arriviamo al nocciolo della questione, lasciando la parola al Prof. Angelini.

 

L’evoluzione della disciplina in tema di costi della sicurezza, tra appalti (pubblici e privati) e cantieri. Le conseguenze della pandemia da Covid-19

Come forse si ricorderà, nell’emanare la legge delega n. 123 del 2007 – in attuazione della quale sarà approvato il d. lgs. n. 81/2008, il c.d. Testo Unico Sicurezza ‒ il legislatore, preoccupato che anche questo ennesimo tentativo di riassetto e di riforma complessiva della normativa sulla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro potesse fallire (come era accaduto in precedenza), aveva deciso di procedere all’immediata modifica di diverse norme dell’allora vigente d. lgs. n. 626/1994. Tra queste modifiche campeggiavano alcuni importanti provvedimenti in tema di appalti privati e pubblici, rispetto allo svolgimento dei quali si riteneva non più rinviabile assicurare condizioni di tutela più efficaci per i lavoratori in essi coinvolti.

In un mondo del lavoro e della produzione sempre più aperto al coinvolgimento di imprese terze e lavoratori autonomi, caratterizzato da parcellizzazioni, cessioni o trasformazioni d’azienda e forme di outsourcing sempre più diffuse e pervasive, quel legislatore aveva deciso di mettere immediatamente in campo una strategia in grado di agire su due aspetti considerati strategici: la centralità del ruolo e delle responsabilità del committente quale “primo” garante dell’organizzazione aziendale, dal un lato, e l’indicazione puntuale ed esaustiva dei costi della sicurezza, dall’altro lato.

È evidente come l’impostazione seguita dalla legge delega n. 123/2007 in tema di appalti avesse fatto sua quella già a suo tempo adottata dal d. lgs. n. 494/1996 in tema di cantieri temporanei e mobili, la quale imponeva obblighi molto rigidi con riferimento alla progettazione della sicurezza, alla scelta delle imprese appaltatrici da coinvolgere e alle attività di verifica e controllo circa il rispetto delle regole individuate per ogni singolo cantiere, soprattutto in relazione alle possibili interferenze tra le lavorazioni ed ai costi della sicurezza (art. 7, d.p.r. 222/2003).

In materia di costi della sicurezza, la prima disposizione della legge delega riguardava l’obbligo della loro indicazione nei contratti di somministrazione (ad esclusione di quelli di somministrazione di beni e servizi essenziali), appalto e subappalto (sempre ferme restando le norme in materia di sicurezza previste per gli appalti pubblici): più specificamente, si trattava della previsione di un nuovo obbligo documentale la cui omissione avrebbe configurato la nullità (non sanabile) del contratto, da stipularsi ex novo (art. 3). Tale previsione, recepita nella versione originaria del d. lgs. n. 81/2008, ha tuttavia avuto vita breve, e ciò a seguito della modifica apportata dal successivo decreto correttivo (d. lgs. n. 106/2009), il quale ha sostituito l’obbligo di indicare i costi della sicurezza con quello (di portata ben più “modesta”) di indicare (soltanto) i costi necessari per le misure di sicurezza destinate a prevenire i c.d. rischi interferenziali.

Si è in tal modo determinata una sorta di vera e propria eterogenesi dei fini rispetto a quelli inizialmente perseguiti; ovvero, da norma volta a supportare la funzione di verifica dell’idoneità tecnico-professionale del committente – con l’intento di evitare che il committente fosse in grado di condizionare tempi e modalità necessarie alla corretta applicazione della normativa di sicurezza ‒ a “mero” strumento di rafforzamento degli obblighi di collaborazione e coordinamento tra committente e appaltatore.

La seconda disposizione (art. 8, l. 123/2007), modificando l’art. 86 del Codice dei contratti pubblici (ex d. lgs. n. 163/2006), imponeva che nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte per l’affidamento di appalti di lavori pubblici di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori erano tenuti a valutare che il valore economico fosse adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale avrebbe dovuto essere specificamente indicato e risultare congruo (rispetto alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture). Inoltre, i costi relativi alla sicurezza non avrebbero potuto essere soggetti a ribasso d’asta.

È indiscutibile come la disciplina richiamata, quasi compiutamente trasfusa nell’art. 26 co. 6 del d. lgs. n. 81/2008 (fatta eccezione per la mancata menzione della salvezza delle specifiche disposizioni in materia di appalti pubblici), ed affiancata dalle previsioni sostanzialmente analoghe del nuovo Codice degli appalti pubblici (artt. 95, co. 10, 97, d. lgs. n. 50/2016), abbia fatto proprio il modello già adottato dalla normativa sui contenuti minimi dei Piani di sicurezza di cui al d.pr. n. 222/2003 (artt. 2, co. 2, lett l, e art. 7), i quali devono contenere una stima dei costi della sicurezza congrua, analitica per singole voci, a corpo o a misura, calcolati considerandone l’utilizzo per lo specifico cantiere nonché per l’eventuale verificarsi di varianti in corso di esecuzione del progetto. Si tratta di costi già ricompresi nell’importo totale dei lavori, di cui individuano la parte non assoggettabile a ribasso (per decisione delle imprese esecutrici).

In considerazione di ciò, è evidente come la questione dell’individuazione dei costi della sicurezza non possa essere affrontata se non facendo riferimento alla disciplina prevista per i cantieri temporanei e mobili, richiamandosi in particolare i contenuti dell’art. 100 del d. lgs. n 81/2008 e il Cap. 4° dell’Allegato XV, come integrato dalla disciplina dettata nell’allegato XV.

Purtroppo, sia per quanto attiene alla corretta determinazione di tali spese sia per l’individuazione del soggetto (committente/datore di lavoro dell’impresa esecutrice) chiamato a sostenerle, tale disciplina è stata oggetto di interpretazioni non sempre concordanti che ne hanno reso problematica in concreto l’applicazione.

La problematicità sulla corretta individuazione/determinazione delle spese per la sicurezza si è ulteriormente accentuata a seguito della pandemia da Covid-19, la quale ha richiesto l’adozione di specifiche misure anti-contagio nei luoghi di lavoro previste nei Protocolli condivisi, in prevalenza da riportare nel PSC, diventando in questo caso parte integrante dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso per le imprese partecipanti all’esecuzione dei lavori.

L’aggiornamento del computo metrico estimativo della sicurezza nella gestione dei cantieri edili durante l’emergenza pandemica ha sicuramente rappresentato una delle questioni più delicate da affrontare tanto per i coordinatori della sicurezza (CSP, CSE) quanto per i datori di lavoro e i RSPP delle imprese esecutrici.

L’incremento significativo dei costi generali determinati dalla diffusione del virus, infatti, ha rischiato di amplificare gli effetti perversi connessi alla logica del massimo ribasso che, specialmente in ambito privato, avrebbe potuto indurre i datori di lavoro a risparmiare sulla sicurezza o a confondere (a volte, dolosamente) i costi della sicurezza (non soggetti a ribasso) con l’effettivo utile d’impresa.

La corretta quantificazione e il riconoscimento delle rilevanti spese correlate alla gestione della Covid-19 ha inevitabilmente comportato la necessità di attenersi scrupolosamente alla disciplina dettata per la predisposizione delle misure di prevenzione e protezione della salute e sicurezza dei lavoratori nei cantieri, dove si prevede la fondamentale distinzione delle voci di spesa in costi e oneri aziendali per la sicurezza, ben sapendo che non è sempre possibile stabilire un confine netto che consenta di collocarle (le spese) con assoluta certezza nell’una o nell’altra delle due nominate categorie.

 

Costi ed oneri della sicurezza: una distinzione dal “confine” incerto

Seppur si tratti di nozioni note, crediamo sia comunque opportuno ricordare che sono costi della sicurezza, le spese che il Coordinatore per la Sicurezza in fase di progettazione (ovvero il Responsabile dei lavori nel caso non si debba procedere alla nomina del CSP/CSE) indica nel Piano di Sicurezza e Coordinamento di cui all’art. 100 del d. lgs. n. 81/2008, nel rispetto dell’elenco dettagliatamente riportato nell’Allegato XV (Cap. 4.1.1.) che ricomprende voci (di spesa) – da quantificare analiticamente e nel dettaglio - relative al coordinamento delle attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze tra le lavorazioni, agli apprestamenti e alle procedure necessarie ad assicurare la sicurezza dei lavoratori nello svolgimento delle loro mansioni.

Tali spese si concretizzano in prestazioni aggiuntive rispetto all’oggetto del contratto, non sono soggette a verifica di congruità perché quantificate a monte dalla committenza di cui sono poste a carico, sono comprese nell’importo totale dei lavori, individuano la parte del costo dell’opera da non assoggettare a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici, sono liquidate dal Direttore dei lavori (alle imprese esecutrici) in base all’avanzamento dei lavori su approvazione del Coordinatore per l’esecuzione quando previsto.

Devono intendersi come oneri aziendali per la sicurezza, le spese (rientranti tra quelle generali riconosciute all’operatore economico) che afferiscono all’esercizio dell’attività svolta dall’impresa esecutrice (in veste di datore di lavoro) per la gestione dei rischi connessi allo specifico cantiere, in attuazione delle procedure di sicurezza contenute nel POS. Tali oneri, distinguibili in gestionali (ad es., per visite mediche, formazione, informazione) e in operativi (ad es, per l’utilizzo di DPI in ragione delle specifiche condizioni di lavoro) sono a carico dell’impresa esecutrice.

Oltre ad essere riportati nel POS, gli oneri aziendali della sicurezza devono essere indicati nell’offerta di partecipazione alla gara di appalto (art. 95, comma 10, d. lgs. n. 56/2017, Codice appalti pubblici), affinché la stazione appaltante, nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, possa controllarne la congruità rispetto all’entità ed alle caratteristiche dei lavori.

Per agevolare e dare effettività a tale valutazione di congruità, l’Istituto per la trasparenza, l’aggiornamento e la certificazione degli appalti (ITACA) in un suo documento del 19 febbraio 2015 (Verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza nei contratti di lavori pubblici: prime indicazioni operative, punto 8) aveva indicato una specifica metodologia da seguire, attraverso la quale attribuire un valore agli “oneri aziendali presunti” che avrebbe dovuto risultare non inferiore all’importo offerto dall’impresa partecipante alla gara.

Come si è anticipato, anche l’art. 26, co. 5, del d. lgs. n. 81/2008 ha stabilito un analogo controllo degli oneri aziendali della sicurezza indicati a pena di nullità anche in tutti i contratti (privati) di somministrazione, appalto o subappalto, ma non ha direttamente fornito alcun criterio oggettivo in base al quale effettuarne l’accertamento o il calcolo. 

 

Le spese della sicurezza per il contenimento del contagio Sars Cov-2

Attraverso la redazione di un nuovo importante documento (Linee di indirizzo sicurezza e salute nei cantieri di opere pubbliche in emergenza COVID- 19 – Prime indicazioni operative) approvato sia dalla Commissione infrastrutture, mobilità e governo del territorio che dalla Conferenza delle Regioni e province autonome nel giugno 2020, ITACA ha contributo a fare chiarezza anche per quanto concerne la distinzione tra costi e oneri aziendali in relazione alle spese da sostenere per le misure di sicurezza anti-contagio, grazie soprattutto al suo allegato, nel quale sono elencati una serie di oneri della sicurezza che possono essere considerati come costi (formazione specifica, posa in opera di cartellonistica, forniture DPI, WC chimici supplementari, barriere protettive, sistemi di ventilazione) in ragione di specifici motivi di prevenzione, di rischi da interferenza individuati da CSP/CSE o di prescrizioni effettuate dal medico competente.

Devono in ogni caso essere considerati come costi a carico della stazione appaltante le spese connesse alla notifica alle autorità sanitarie della presenza di persone con sintomi, alle modalità di accesso dei fornitori esterni e di scarico delle forniture ed alla predisposizione di postazioni igieniche agli stessi dedicate.

Il documento contiene anche una fondamentale indicazione inerente i cantieri già aperti, quelli sospesi a causa della Pandemia o che dovessero concludere le opere durante la fase emergenziale, rispetto ai quali si prevede la possibilità di valutare un aumento delle spese generali già indicate nella documentazione approvata secondo un range compreso tra lo 0,50% e il 4%, anche in considerazione del fatto che il D. p. r. n. 207/2010 stabilisce il tetto massimo di tale aumento al 17% delle lavorazioni ancora da eseguire.

Sugli aumenti delle spese generali dei cantieri in corso di esecuzione sono intervenute diverse Regioni che hanno riconosciuto all’appaltatore per gli oneri aziendali della sicurezza connessi alla gestione del Covid un incremento di 2 punti percentuali della quota delle spese generali (Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna).

La Regione Campania ha invece stabilito il riconoscimento dei (maggiori) costi effettivamente sostenuti e documentati, attribuendone il 15% a titolo di spese generali.

La Regione Piemonte ha considerato con particolare attenzione la ridotta produttività dell’impresa esecutrice determinata dall’adozione delle misure anti-contagio e dalla necessità di variare il crono-programma dei lavori e di prevedere nuove modalità di gestione dei tempi lavorativi (si veda in proposito l’art. 8, co. 4 della l. n. 120/20202 di conversione del c.d. “Decreto semplificazioni”, secondo cui il rispetto delle misure di contenimento che impedisse il regolare svolgimento del lavoro e l’ultimazione degli stessi entro il termine convenuto costituisce circostanza non imputabile all’esecutore ai fini della relativa proroga ex art. 107 d. lgs. n. 56/2016). In conseguenza di tutto ciò, la proposta è stata quella di attribuire un incremento percentuale secco (dal 3% al 6%) sull’importo residuale dei lavori già appaltati ma ancora da eseguire (di cui occorre valutare la percentuale rispetto all’opera complessiva, la tipologia delle lavorazioni da svolgere, il numero dei lavoratori impiegati), così da garantire un equo riconoscimento economico di quanto è necessario mettere in atto per la miglior tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Sempre utilizzando l’impostazione del citato Documento ITACA, le Regioni sono intervenute (opportunamente) anche in merito all’indicazione dei costi (con la massima precisione possibile) delle misure organizzative da attuarsi in cantiere e dei relativi DPI, attraverso l’approvazione di specifiche e complete tabelle di prezzari.

I fondi necessari a sostenere i costi aggiuntivi di sicurezza per l’adeguamento delle misure di prevenzione al rischio contagio dovranno essere reperiti dalle stazioni appaltanti. A tal proposito, il Documento ITACA individua una pluralità di opzioni: l’assorbimento all’interno della voce imprevisti, il ricorso alle economie eventualmente disponibili, l’incremento delle risorse ove possibile, oppure lo stralcio (di opere) che non comprometta la funzionalità dell’opera progettata.

Infine, occorre non dimenticare che i contratti di appalto possono essere modificati senza dover procedere ad una nuova procedura di affidamento. Il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (MIT), nella sua precisazione del 5 luglio 2020, ha chiarito che anche per quanto concerne l’aggiornamento delle spese tecniche e per il riconoscimento di incentivi per la miglior pianificazione e controllo delle attività lavorative e del loro svolgimento in sicurezza è possibile ricorrere allo strumento delle varianti ex art. 106, comma 1, lett. c), d. lgs. n. 50/2016, previste a fronte di “…provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti”. Non può essersi dubbio alcuno che la tutela dei lavoratori dal rischio contagio Covid-19 configuri l’interesse rilevante cui la norma fa esplicito riferimento!

 

Dall’esperienza della pandemia, utili suggerimenti per la gestione di modificazioni straordinarie dei costi negli appalti

A prescindere dalle evidenti (ulteriori) difficoltà che sulla concreta gestione dei costi e degli oneri aziendali della sicurezza nel delicatissimo settore degli appalti e dei cantieri pubblici e privati si sono determinate in conseguenza dell’eccezionale vicenda causata dalla pandemia Covid-19, credo non possa negarsi l’impegno che le istituzioni e le autorità competenti hanno messo nel dettare regole e nel fornire indicazioni che permettessero a tutti i soggetti coinvolti (committenti, stazioni appalti, responsabili dei lavori, CSP/CSE, appaltatori, RSPP, medici competenti) di adempiere correttamente i compiti loro affidati.

A prova di ciò, richiamerei, innanzitutto, il Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid_19 nei cantieri (allegato 13, DPCM 17 maggio 2020), che contiene fondamentali linee guida per la predisposizione dei PSC e POA, razionalizzando la tipologia delle misure e agevolando le attività di controllo e di verifica soprattutto nei confronti dei datori di lavoro meno “sensibili”.

La stessa definizione di prezzari ufficiali delle misure di prevenzione da parte delle Regioni unitamente a indicazioni puntuali in base alle quali effettuare la loro stima sono stati sicuramente strumenti utili, sicuramente più chiari e uniformi, per l’attivazione delle procedure necessarie alla semplificazione del processo di controllo delle spese effettivamente sostenute dalle imprese esecutrici per contenere la diffusione del contagio.

L’auspicio che da tutto ciò possiamo trarre è che questa terribile esperienza possa lasciarci in eredità una consapevolezza rinnovata di quanto sia importante, soprattutto di fronte a discipline come sono quelle (particolarmente delicate e complesse) relative all’individuazione e gestione dei costi/oneri aziendali della sicurezza, intervenire in modo sistematico per assicurarne un’applicazione più corretta ed “onesta” anche in condizioni che potremmo definire “ordinarie”, ben sapendo che se ne riproporranno ancora di straordinarie.

Ad onor del vero, non dovremo aspettare: l’incremento esponenziale delle fonti di energia e delle materie prime innescate dalla guerra dei russi contro gli ucraini, getta ombre oscure su come mettere a terra l’eccezionale mole di appalti connessi all’attuazione del PNRR, sia per quanto concerne la partecipazione alle aste sia per la gestione in corso d’opera del non preventivabile aumento dei costi imposti dall’esecuzione delle opere.

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