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I controlli preventivi sui bonus edilizi aprono la strada a quelli di merito

Per l’Agenzia delle entrate, a ogni credito a rischio frode intercettato “a valle” dai controlli preventivi, evidentemente corrisponde una detrazione fiscale “a monte”, meritevole di essere controllata in capo al contribuente che ha sostenuto le spese.

Il controllo ibrido dei bonus edilizi 'figlio' del DL Antifrodi

Con il frettoloso varo, con il D.L. 157/2021 (c.d. decreto Antifrodi), dei controlli preventivi di cui all’articolo 122-bis D.L. 34/2020, il legislatore ha fatto ricorso a una modalità di presidio del territorio del tutto nuova, inventando un controllo ibrido che mescola i controlli di liquidazione, di cui all’articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, con elementi dei controlli formali di cui al successivo articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, da applicarsi ineludibilmente a tutte le operazioni telematiche di cessione del credito e di sconto in fattura: per il citato articolo 122-bis comma 1, D.L. 34/2020, i controlli preventivi in questione dovrebbero, infatti, operare dapprima in modalità automatizzata, selezionando nei 5 giorni lavorativi dall’invio delle comunicazioni (comprese le cessioni successive alla prima) quelle che presentano “profili di rischio” (come determinati sulla scorta dei parametri individuati dalla medesima norma in termini, a ben vedere, non particolarmente specifici); e quindi concedendo ai funzionari fiscali 30 giorni di sospensione dell’efficacia delle comunicazioni intercettate, per provvedere a un controllo manuale e personalizzato delle pratiche mediante richieste di esibizione documentale e l’attivazione di specifiche richieste ai professionisti che hanno inviato telematicamente le comunicazioni in questione.

Sempre restando sul piano normativo/teorico, se all’esito dei controlli – che quindi dovrebbero assumersi svolti – i rischi paventati non vengono confermati, o se il termine dei 30 giorni decorre senza che i controlli siano stati materialmente esperiti, l’articolo 122-bis comma 2, D.L. 34/2020, prevede che le comunicazioni di opzione producono gli effetti di legge loro propri, disponendo l’annullamento delle comunicazioni, che non produrranno effetti, nel solo caso di controlli effettivamente conclusi nei 30 giorni con esiti non convincenti agli occhi del Fisco, confermativi dei rischi di frode.

Il problema del rispetto del meccanismo

In pratica, tuttavia, il meccanismo come predisposto dal legislatore non sempre risulta pienamente rispettato.

Non sono infatti mancati casi in cui le comunicazioni di opzione sono state annullate in prossimità dello scadere dei 30 giorni, senza che gli interessati avessero avuto contezza di approfondimenti istruttori; devolvendosi a un secondo momento, ampiamente successivo ai 30 giorni di legge, l’analisi più approfondita dei documenti pertinenti, finalmente richiesti.

È evidente che questa criticità, certo determinata dalla pressione dell’enorme mole di lavoro che il vaglio delle numerosissime posizioni selezionate esige – e che, è bene dire, trova spesso contraltare nell’abnegazione dei funzionari preposti – si pone in violazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 122-bis, D.L. 34/2020, e mina la certezza sia delle operazioni di opzione pur consentite dalla legge, sia degli adempimenti tributari posti in essere dai contribuenti.

Questi ultimi, inoltre, non solo si trovano a dover gestire le cessioni dei loro crediti, spesso per importi non marginali, in funzione della necessaria prosecuzione dei lavori, in una sorta di “limbo”, ove i poteri dei controllori (e i termini entro cui vanno esperiti) non sono più definiti; ma, per di più, si trovano nell’inconsapevolezza delle ragioni per le quali l’annullamento delle loro comunicazioni è stato disposto: non essendo ordinariamente, il relativo provvedimento, corredato di alcuna motivazione, in spregio a quanto previsto dal provvedimento direttoriale n. 340450/2021 (punto 3.2).

E non solo: si tenga presente che non poche posizioni selezionate dai controlli preventivi non hanno, in realtà, nulla a che vedere con quei meccanismi di smaccata fraudolenza, a cui il controllo dell’articolo 122-bis, D.L. 34/2020, dovrebbe essere strettamente limitato: presentando esse irregolarità di tipo formale, a rigore non meritevoli di attivare allarmi “antifrode”.

A ogni rischio frode a valle corrisponde una detrazione a monte

È palese che le sopra esposte criticità, come riferite dagli operatori del settore, derivano dalla stessa natura dei controlli preventivi, per legge forzatamente sommari, per doversi articolare su innumerevoli posizioni e in tempi brevissimi. E tuttavia, quale frutto di quanto sopra, è pure da ricordare che, per l’Agenzia delle entrate, a ogni credito a rischio frode intercettato “a valle” dai controlli preventivi, evidentemente corrisponde una detrazione fiscale “a monte”, meritevole di essere controllata in capo al contribuente che ha sostenuto le spese.

È bene approfondire con quali modalità e tempistiche l’amministrazione fiscale procederà ai controlli di merito circa le posizioni costituenti presupposto della circolazione interrotta dei crediti fiscali, nonché nella catena di circolazione dei crediti; tenendo presente che il tema dell’eventuale opposizione del contribuente alle scelte sgradite dell’Erario al di fuori degli ordinari canali di confronto con gli uffici, e quindi in contenzioso, non necessariamente deve attendere la notifica di un atto di recupero crediti o di un avviso di accertamento: ben potendo il contribuente decidere di contestare già l’annullamento preventivo delle sue comunicazioni, impugnando i dinieghi di autotutela degli uffici.

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